Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Circolare 24 maggio 2005

Ministero dell’Interno. Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere. Circolare, 24 maggio 2005. TELEX URGENTE ROMA, 24 MAGGIO 2005 AI SIGNORI QUESTORI LORO SEDI PROT:NR. 400/C/2005/IV/607/P/5.2 VOCE: RILASCIO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER MOTIVI RELIGIOSI AI GIA’ TITOLARI DELLO STESSO PER MOTIVI DI STUDIO. SONO PERVENUTI A QUESTA DIREZIONE […]

Sentenza 24 gennaio 2005

Nel caso di pronuncia di nuovi voti presso un altro ordine religioso
deve ritenersi viziato per falsità dei presupposti il provvedimento
di revoca del permesso di soggiorno per motivi religiosi fondato sulla
circostanza della perdita della condizione di religioso per
scioglimento dei voti dall’ordine di origine. Vero è, infatti, che
in base all’art. 645 del codice canonico viene richiesta per
l’assunzione ad un nuovo istituto un attestato dell’ordinario del
luogo o del superiore dell’ordine di precedente ammissione,
finalizzato ad una completa conoscenza della situazione precedente da
parte dei rappresentati del nuovo ordine, ma tale dichiarazione
comunque non sembra costituire condizione di legittimità per
l’ammissione ad un nuovo ordine, ladddove la stessa non risulti in
contestazione ad opera delle competenti autorità ecclesiastiche, nè
risulti essere stato instaurato al riguardo alcun procedimento (artt.
694 e 695 del Codice di Diritto Canonico)a carico del richiedente.

Sentenza 07 novembre 2003, n.16774

L’attività didattica o sanitaria svolta dal religioso, nell’ambito
della propria Congregazione e quale componente di essa, secondo i voti
pronunciati, non costituisce prestazione di attività di lavoro
subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c., soggetta alle leggi dello
Stato italiano, bensì opera di evangelizzazione “religionis causa”
in adempimento dei fini della Congregazione stessa, regolata
esclusivamente dal diritto canonico; detta attività non legittima,
quindi, il religioso alla proposizione di domande dirette ad ottenere
emolumenti, che trovano la loro causa in un rapporto di lavoro
subordinato; né incide, al fine della ammissibilità di tali
richieste, che l’opera prestata abbia avuto luogo presso enti
gestiti direttamente dalla congregazione di appartenenza, svolgenti
attività imprenditoriali, rilevando unicamente la conformità delle
mansioni svolte ai compiti di pertinenza in forza dei voti
pronunciati. La fattispecie tipica del rapporto di lavoro subordinato
è infatti caratterizzata non solo dagli elementi della collaborazione
e della subordinazione, ma anche dell’onerosità e, pertanto, non
ricorre nel caso in cui una determinata attività, ancorché
oggettivamente configurabile quale prestazione di lavoro subordinato,
non sia eseguita con spirito di subordinazione né in vista di
adeguata retribuzione, ma “affectionis vel benevolentiae causa” o
in omaggio a principi di ordine morale o religioso. L’accertamento
della sussistenza o meno di cause oggettive e soggettive
giustificative della gratuità di prestazioni obiettivamente
lavorative – alla cui ammissibilità, rientrando nella sfera
dell’autonomia privata, non si oppone alcun principio di diritto
costituzionale o comune – è rimesso al giudice di merito.