Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 20 febbraio 1967

Costituisce vilipendio alla religione dello Stato
quell’atteggiamento che, lungi dal costituire esplicazione di un
diritto di critica o di libera discussione, per il modo e la forma con
cui si estrinseca si traduce in un atteggiamento di sostanziale
disprezzo verso la religione cattolica. Tale è il giudizio
irriguardoso, immotivato con cui si disconoscono all’istituzione
religiosa quelle ragioni di validità sostanziale a essa attribuite
dalla comunità dei credenti. Costituisce quindi vilipendio
l’affermare che i dogmi sono invenzioni dei preti e che la Chiesa
cattolica insegni il contrario di quanto voluto da Gesù, perché tale
giudizio di valore, espresso unilateralmente e senza consentire il
dibattito con l’avversario, si traduce in atteggiamento
dispregiativo della religione cattolica.

Sentenza 07 marzo 1963

Fatto costitutivo del delitto di vilipendio della religione dello
Stato è l’offesa grave diretta contro le credenze fondamentali
della religione stessa, offesa che, esprimendosi con atti, gesti,
parole, disegni, immagini, suoni o qualsiasi altra forma di
manifestazione del pensiero e del sentimento, assuma il carattere
della derisione, del disprezzo, del dileggio o dello scherno, si che
l’agente mostri di tenere a vile l’istituzione tutelata dalla
legge. Commette pertanto vilipendio della religione dello Stato il
regista che, nel rappresentare la ripresa cinematografica di alcune
scene della passione di Cristo, metta in ridicolo simboli e soggetti
sacri, costituenti l’intima essenza della religione, attraverso il
commento musicale, la mimica degli attori, il dialogo e i rumori.

Sentenza 24 marzo 1979

Per la sussistenza del reato di cui all’art. 402 del codice penale
non è sufficiente la mera offesa alla divinità o ai simboli e
persone venerati dalla religione, ma è necessario che le
manifestazioni oltraggiose siano tali da esporre al ludibrio, allo
scherno e al disprezzo la religione medesima. Integra gli estremi del
reato di cui all’art. 403 del codice penale non la mera offesa
arrecata ad un ministro di culto, bensì il vilipendio che attraverso
tale offesa si arreca alla religione cattolica; configura pertanto
tale reato l’offesa alla figura del pontefice anche quando la
persona fisica che lo rappresenta non sia ancora stata scelta dal
conclave.

Sentenza 03 ottobre 1980

Per la punibilità del delitto di vilipendio della religione dello
Stato, considerata quale entità astratta ed indipendentemente dalle
sue manifestazioni esteriori, è necessario che l’agente sia
consapevole della idoneità della sua condotta e si proponga proprio
il raggiungimento di siffatto scopo.

Sentenza 04 febbraio 1963

Oggetto specifico della tutela penale in ordine ai reati previsti
dagli articoli 402, 403, 404 e 405 del codice penale è il pubblico
interesse di proteggere la religione cattolica apostolica romana,
quale istituzione dello Stato, considerata in se stessa, nelle sue
credenze fondamentali, indipendentemente dalle sue manifestazioni
esteriori, diversamente da quanto è stabilito per i culti ammessi
nello Stato. Costituisce vilipendio della religione dello Stato il
riportare su manifestini a stampa, poi affissi, brani isolati di
chiare e ortodosse affermazioni di fede degli Apostoli, di Evangelisti
e di Padri della Chiesa, in tale guisa che il loro genuino significato
possa essere facilmente frainteso, e il voler determinare chi legge a
non dare assolutamente credito alla Chiesa Cattolica, la quale avrebbe
creato una religione del tutto estranea al vero Cristianesimo avendone
tradito lo spirito e l’essenza, insinuando tra l’altro
nell’animo dei lettori – fedeli la certezza che molti sacramenti
sarebbero stati arbitrariamente inventati dalle gerarchie
ecclesiastiche cattoliche.

Sentenza 18 giugno 1987

L’esposizione durante la «Festa dell’Unità» di due cartelli
satirici, le cui frasi e immagini — al di là dell’apparenza
vilipendiosa e oltraggiosa — sottolineano ed esaltano in forma
metaforica e congrua i valori universali di amore, tolleranza,
fratellanza e la spiritualità attiva impersonati dal Cristo
evangelico, non costituisce condotta tipica di vilipendio ai sensi
dell’art. 402 c,p. — rectius: ai sensi dell’art. 406 c.p., nella
cui previsione ogni fatto di vilipendio della religione deve essere
oggi ricompreso a seguito della affermazione di principio contenuta
nel protocollo addizionale all’accordo 18 febbraio 1984 fra lo Stato
italiano e la Senza Sede, secondo cui «si considera non più in
vigore il principio, originariamente richiamato dai patti lateranensi,
della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano»
—, né fatto integrante gli estremi della contravvenzione di cui
all’art. 724 c.p.

Ordinanza 20 aprile 1971

Poiché nell’ampia sfera delle libertà di pensiero e di culto
costituzionalmente protette e garantite nei confronti di tutti
indistintamente deve essere compresa qualunque manifestazione verbale
e scritta che comunque contrasti al pensiero religioso, salvo i limiti
riguardanti il buon costume previsti dalla stessa Costituzione, è
logico concludere che anche le espressioni con contenuti oltraggiosi o
irriverenti o che abbiano l’idoneità a vilipendere una qualunque
religione vanno inclusi nell’ambito dell’estrinsecazione della
libertà di pensiero nel campo religioso. Pertanto, nella fattispecie,
malgrado la sussistenza e la pubblicità del reato di bestemmia e la
sussistenza nella sua entità materiale del reato di vilipendio alla
religione dello Stato, deve applicarsi l’esimente prevista
dall’art. 51 cod. pen. per avere l’imputato agito nell’esercizio
di un diritto garantito dalla Costituzione.

Sentenza 23 novembre 1967

Il delitto di vilipendio della religione cattolica si concreta
attraverso un giudizio offensivo, in una manifestazione dispregiativo
dei valori etico—spirituali di tale religione nella sua interezza od
in rapporto ad almeno una delle componenti fondamentali. Questi valori
si identificano con le credenze fondamentali, i dogmi, i Sacramenti ed
i riti, tenendo presente che in questi ultimi rientrano le preghiere e
le benedizioni. Non può disconoscersi al magistero della Chiesa
cattolica il concreto esercizio dei riti, ed in particolare la
facoltà, connessa al culto, d’indirizzare il potere propiziatorio a
determinate situazioni umane e terrene, quale quella del
cittadino-soldato (anche in relazione ai mezzi bellici posti a sua
disposizione). Pertanto, qualunque sia l’applicazione che dei riti
viene fatta nell’esplicazione del magistero ecclesiastico, la
critica espressa in forma dispregiativa di tale manifestazione
spirituale investe necessariamente l’essenza stessa del rito e,
quindi, la religione cattolica ed integra perciò il delitto di
vilipendio della religione dello Stato.

Ordinanza 05 novembre 1998

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 402 c.p. per contrasto con gli
artt. 3, I comma, e 8, I comma, Cost., in quanto la previsione del
reato di vilipendio della religione dello Stato determina una
effettiva discriminazione e differente tutela fra le confessioni
religiose con conseguente violazione di principi di rango
costituzionale.