Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 09 febbraio 2015, n.2400

Nel nostro sistema giuridico il matrimonio tra persone dello stesso
sesso è inidoneo a produrre effetti perché non previsto
tra le ipotesi legislative di unione coniugale. Il nucleo relazionale
che caratterizza l’unione "omoaffettiva", invece,
riceve un diretto riconoscimento costituzionale dall’art. 2
Cost. e mediante il processo di adeguamento e di equiparazione imposto
dal rilievo costituzionale dei diritti in discussione può
acquisire un grado di protezione e tutela equiparabile a quello
matrimoniale in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una
disciplina legislativa determina una lesione di diritti fondamentali
scaturenti dalla relazione in questione. L’insussistenza di un
obbligo costituzionale ad estendere il vincolo coniugale alle
unioni omoaffettive è stata del resto ribadita dalla sentenza
n. 170 del 2014
della Corte Costituzionale, nella quale è
stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della
disciplina normativa che faceva conseguire in via automatica, alla
rettificazione del sesso, lo scioglimento o la cessazione degli
effetti civili del matrimonio, senza preoccuparsi di prevedere per
l’unione, divenuta omoaffettiva, un riconoscimento e uno statuto
di diritti e doveri che ne consentisse la conservazione in una
condizione coerente con l’art. 2 Cost. (e 8 Cedu). La Corte ha
in questo senso evidenziato che il contrasto in tale fattispecie si
determina il “passaggio da uno stato di massima protezione
giuridica ad una condizione di assoluta indeterminatezza", con
conseguente necessità di un tempestivo intervento legislativo.

Sentenza 12 gennaio 2011, n.8

E’ infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art.
48, comma 3, della legge regionale n. 24 del 2009 – promossa dal
Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117,
secondo comma, lettere i) e l) della Costituzione – nella parte in cui
prevede che «i diritti generati dalla legislazione regionale 
nell’accesso ai servizi, alle azioni e agli interventi, si applicano»
anche «alle forme di convivenza» di cui all’art. 4 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (Applicazione del
nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente).
Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la citata
disposizione violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere i) e l),
della Costituzione, poiche’ il richiamo operato dal legislatore
regionale alle «forme di convivenza», di cui al citato d.P.R. che,
nel definire la «famiglia anagrafica», ricomprenderebbe «l’insieme
delle persone legate da vincoli affettivi», eccederebbe le competenze
regionali ed  invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato nelle
materie di «cittadinanza, stato civile e anagrafi» e
dell’«ordinamento civile». La censura si fonda infatti sull’erroneo
presupposto interpretativo, secondo cui il legislatore regionale ha
inteso disciplinare tali forme di convivenza. Viceversa, la norma
impugnata si limita ad indicare l’ambito soggettivo di applicazione
dei diritti previsti dalla legislazione regionale nell’accesso ai
servizi, alle azioni e agli interventi senza introdurre alcuna
disciplina sostanziale delle forme di convivenza. Pertanto, essa
risulta inidonea ad invadere ambiti costituzionalmente riservati allo
Stato.
 

Sentenza 22 gennaio 2010, n.1096

ll carattere precario del rapporto di convivenza more uxorio consente
di considerare gli eventuali benefici economici che ne derivino idonei
ad incidere unicamente sulla misura dell’assegno di mantenimento, in
quanto – proprio in considerazione di detta precarietà – tale
rapporto è destinato ad influire solo su quella parte dell’assegno
volto ad assicurare quelle condizioni minime di autonomia
giuridicamente garantite, che l’art. 5 della legge sul divorzio ha
inteso tutelare finché l’avente diritto non contragga un nuovo
matrimonio. Né la nascita di un figlio può considerarsi idonea a
mutarne sotto il profilo giuridico la natura, potendo di fatto
cementare l’unione ma senza dar luogo all’insorgenza di diritti ed
obblighi, in quanto il soggetto economicamente più debole non
acquisisce comunque il grado di tutela necessario a giustificare la
perdita dei diritti di carattere economico derivanti dal matrimonio.

Regolamento 22 marzo 2004, n.723

REGOLAMENTO (CE, EURATOM) N. 723/2004 DEL CONSIGLIO del 22 marzo 2004, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità. IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, […] considerando quanto segue: (1) Dal 1962, anno in cui sono stati adottati per la prima volta lo statuto dei funzionari […]

Sentenza 16 aprile 2007, n.69

Il diniego della pensione di reversibilità in favore del coniuge
superstite di una coppia sposata con un rito matrimoniale non
riconosciuto dallo Stato (nel caso di specie: celebrato secondo il
rito gitano) non integra un caso di discriminazione fondata
sull’origine etnica o sulle convinzioni personali.
————————-
El art. 14 de la Constitución española contiene una prohibición
explícita de que se dispense un trato discriminatorio por motivos
étnicos o raciales. Comprende no sólo la discriminación directa,
sino también la encubierta o indirecta consistente en aquel
comportamiento formal o aparentemente neutro o no discriminatorio,
pero del que se deriva un impacto adverso sobre la persona objeto de
la práctica constitucionalmente censurable. No supone discriminación
que el legislador limite la protección de viudedad a los supuestos de
convivencia institucionalizada; por lo tanto la denegación de
pensión a la supérstite de una pareja casada por el rito gitano no
implica un trato discriminatorio ni por motivos sociales, ya que
ninguna vulneración se deriva de la limitación de la prestación a
la concurrencia de vínculo matrimonial legalmente reconocido, ni por
motivos étnicos, ya que la aplicación al caso del tratamiento dado a
las uniones «more uxorio» no toma como elemento referencial
circunstancias raciales o étnicas, sino una circunstancia relacionada
con la libre y voluntaria decisión de no acceder a la formalización
del vínculo matrimonial conforme a previsiones legales, previsiones
que en ninguna forma se condicionan a la pertenencia a una raza sino
exclusivamente a consideraciones civiles o religiosas.

Decreto Presidenza Consiglio Ministri 15 giugno 2006

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 15 giugno 2006: “Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di diritti e pari opportunità al Ministro senza portafoglio on. dott.ssa Barbara Pollastrini”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 167 del 20 luglio 2006) IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (omissis) Decreta: Art. […]

Disegno di legge 07 luglio 2005, n.3534

Senato della Repubblica. Disegno di legge, d’iniziativa del Sen. Gavino Angius ed altri, n. 3534 del 7 luglio 2005: “Disciplina del patto civile di solidarietà e delle unioni di fatto”. RELAZIONE Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge intende fornire, alle coppie che non intendano impostare la propria vita sulla base della regolamentazione civilistica […]

Legge 11 novembre 1999, n.944

Legge 15 novembre 1999, n. 944: “Pacte civil de solidarité”. (J.O n° 265 du 16 novembre 1999 page 16959) (Omissis) L’Assemblée nationale et le Sénat ont délibéré, L’Assemblée nationale a adopté, Vu la décision du Conseil constitutionnel no 99-419 DC en date du 9 novembre 1999 ; Le Président de la République promulgue la loi […]

Sentenza 07 gennaio 2004

Nel Regno Unito la legge del 1973 sul matrimonio considera nulla ogni
unione in cui i coniugi non siano rispettivamente di sesso maschile e
femminile, intendendosi come sesso di una persona quello risultante
sull’atto di nascita; la legge sulla registrazione delle nascite e dei
decessi vieta, inoltre, salvo nel caso di errore di scrittura o di
errore materiale, ogni modifica del registro degli atti di nascita. Al
riguardo, occorre ricordare che la Corte europea dei diritti dell’uomo
ha giudicato che l’impossibilità per un transessuale di contrarre
matrimonio con una persona del sesso al quale egli precedentemente
apparteneva, dipendente dal mancato riconoscimento della nuova
identità sessuale negli atti dello stato civile, costituisce una
violazione del suo diritto di contrarre matrimonio ai sensi dell’art.
12 della CEDU. Conseguentemente, una legislazione, che, come nel caso
di specie, impedisce ad una coppia di soddisfare la condizione del
matrimonio, necessaria affinché uno di essi possa godere di un
elemento della retribuzione dell’altro (ovvero, nella fattispecie in
esame, della pensione di reversibilità), dev’essere considerata, in
linea di principio, incompatibile con le prescrizioni di cui all’art.
141 CE, il quale prevede che venga assicurato, in ciascuno Stato
membro dell’Unione europea, il principio della parità di
retribuzione tra i lavoratori di sesso femminile e maschile. Tuttavia,
posto che spetta al legislatore statale determinare le condizioni per
il riconoscimento giuridico del cambiamento di sesso di una persona,
compete al giudice nazionale verificare se, in un’ipotesi quale quella
in esame, possa o meno invocarsi l’art. 141 CE.