Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 27 giugno 2016

Sono costituzionalmente illegittime le disposizioni statali che
impongono un onere eccessivo (undue burden) al diritto di aborto,
ossia che hanno lo scopo o l’effetto di porre un ostacolo
sostanziale alle donne di esercitare la propria volontà di
abortire.

Sentenza 02 settembre 2014, n.4460

La decisione terapeutica ha nel consenso informato e
nell’autodeterminazione del paziente il suo principio e la sua
fine, poiché è il paziente, il singolo paziente, e non
un astratto concetto di cura, di bene, di
“beneficialità”, il valore primo ed ultimo che
l’intervento medico deve salvaguardare. Ciò non deve
naturalmente comportare un pericoloso soggettivismo curativo o un
relativismo terapeutico nel quale è “cura” tutto
ciò che il singolo malato vuole o crede, perché
nell’alleanza terapeutica è e resta fondamentale
l’insostituibile ruolo del medico nel selezionare e
nell’attuare le opzioni curative scientificamente valide e
necessarie al caso, ma solo ribadire che la nozione statica e
“medicale” di salute, legata cioè ad una dimensione
oggettiva e fissa del benessere psicofisico della persona, deve cedere
il passo ad una concezione soggettiva e dinamica del concreto
contenuto del diritto alla salute, che si costruisce nella continua e
rinnovata dialettica medico-­paziente, di modo che tale contenuto,
dal suo formarsi, al suo manifestarsi sino al suo svolgersi,
corrisponda effettivamente all’idea che di sé e della
propria dignità, attraverso il perseguimento del proprio
benessere, ha il singolo paziente per realizzare pienamente la sua
personalità, anzitutto e soprattutto nelle scelte, come quelle
di accettare o rifiutare le cure, che possono segnarne il destino.
Indubbiamente l’affermazione di un principio, come quello del
diritto alla salute e del consenso informato, non può non tener
conto che esso, oltre ad essere un diritto assoluto e inviolabile e,
come tale, efficace erga omnes e, in particolare, nei riguardi del
medico, è anche un diritto soggettivo pubblico o diritto
sociale che, nella dinamica del suo svolgersi e del suo concreto
attuarsi, ha per oggetto una prestazione medica che ha quali necessari
e primari interlocutori le strutture sanitarie e, in primo luogo, il
Servizio Sanitario Nazionale. Esso ha una natura ancipite, per
così dire, ed è un diritto che ha una indubbia valenza
privatistica, in quanto massima ed inviolabile espressione della
personalità individuale, ma anche una innegabile connotazione
pubblicistica, perché può e deve, se lo richiede la sua
soddisfazione, trovare adeguata collocazione e necessaria attuazione
all’interno del servizio sanitario, non potendo dimenticarsi che
la salute, anche nella declinazione personalistica che è venuta
ad assumere nel nostro ordinamento, è pur sempre, insieme,
diritto fondamentale dell’individuo e interesse della
collettività (art. 32 Cost.). Ora proprio la vicenda qui in
esame è esemplare di tale stretta e vitale interrelazione,
interrelazione che radica la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. A fronte del diritto, inviolabile, che il paziente ha,
e – nel caso di specie – si è visto dal giudice
ordinario definitivamente riconosciuto, di rifiutare le cure,
interrompendo il trattamento sanitario non (più) voluto, sta
correlativamente l’obbligo, da parte dell’amministrazione
sanitaria, di attivarsi e di attrezzarsi perché tale diritto
possa essere concretamente esercitato, non potendo essa contrapporre a
tale diritto una propria nozione di prestazione sanitaria né
subordinare il ricovero del malato alla sola accettazione delle cure.
Non può dunque l’Amministrazione sanitaria sottrarsi al
suo obbligo di curare il malato e di accettarne il ricovero, anche di
quello che rifiuti un determinato trattamento sanitario nella
consapevolezza della certa conseguente morte, adducendo una propria ed
autoritativa visione della cura o della prestazione sanitaria che, in
termini di necessaria beneficialità, contempli e consenta solo
la prosecuzione della vita e non, invece, l’accettazione della
morte da parte del consapevole paziente.

IN
OLIR.it: Sentenza TAR Lombardia 26 gennaio 2009, n. 214

Sentenza 11 luglio 2012, n.11644

Il quadro normativo attuale, a seguito dell’introduzione della legge
n. 40 del 2004, per come formulata e per come interpretabile alla luce
delle sempre più incisiva affermazione del principio del favor
veritatis, si è arricchito di una nuova ipotesi, per certi versi
tipica, di disconoscimento della paternità, che si aggiunge a quelle
previste dall’art. 235 c.c., e che si fonda – stante la non piena
assimilabilità dell’inseminazione artificiale alle previsioni di tale
norma – sulla esigenza, sempre più avvertita, di affermare la
primazia del favor veritatis.In questo senso, in tutte le ipotesi non
contemplate dall’art. 9, comma 1 della legge in esame (“qualora si
ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo
eterologo in violazione del divieto di cui all’art. 4, comma 3, il
coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti
concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della
paternità nei casi previsti dall’art. 235, comma 1, nn. 1 e 2 c.c.,
né l’impugnazione di cui all’art. 263 dello stesso codice”), nelle
quali difetti l’elemento ostativo alla legittimazione costituito dal
consenso preventivo alla fecondazione eterologa, l’azione di
disconoscimento deve ritenersi ammissibile. L’integrazione, nei
termini sopra indicati, delle ipotesi previste dall’art. 235 c.c., non
può infine non raccordarsi, stante l’identità della ratio e,
comunque, per evidenti ragioni sistematiche, alle ipotesi di decadenza
previste dall’art. 244 c.c. con riferimento al momento in cui si sia
acquisita la certezza del ricorso a tale metodo di procreazione (Nel
caso di specie, il giudice adito respingeva il ricorso del coniuge per
avvenuta decadenza dell’attore dalla proposizione dell’azione di
disconoscimento della paternità per decorso del termine annuale).

Ordinanza 22 maggio 2012, n.150

La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che la
questione dell’eventuale contrasto della disposizione interna con la
norme della CEDU va risolta in base al principio in virtù del quale
il giudice comune, al fine di verificarne la sussistenza, deve avere
riguardo alle norme della CEDU, come interpretate dalla Corte di
Strasburgo, «specificamente istituita per dare ad esse
interpretazione e applicazione» (da ultimo, sentenza n. 78 del 2012),
poiché il «contenuto della Convenzione (e degli obblighi che da essa
derivano) è essenzialmente quello che si trae dalla giurisprudenza
che nel corso degli anni essa ha elaborato», occorrendo rispettare
«la sostanza» di tale giurisprudenza, «con un margine di
apprezzamento e di adeguamento che le consenta di tener conto delle
peculiarità dell’ordinamento giuridico in cui la norma
convenzionale è destinata a inserirsi» (_ex plurimis_, sentenze n.
236 del 2011 e n. 317 del 2009), ferma la verifica, spettante al
Giudice delle leggi, della «compatibilità della norma CEDU,
nell’interpretazione del giudice cui tale compito è stato
espressamente attribuito dagli Stati membri, con le pertinenti norme
della Costituzione» (sentenza n. 349 del 2007; analogamente, tra le
più recenti, sentenze n. 113 e n. 303 del 2011). Nel caso di specie,
la Corte ha pertanto ordinato la restituzione degli atti ai Tribunali
di merito perchè – alla luce della sopravvenuta sentenza della Grande
Camera del 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria – i rimettenti
procedano ad un rinnovato esame dei termini delle questioni.

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In OLIR.it
Grande Chambre. Sentenza 3 novembre 2011: AFFAIRE S.H. ET AUTRES c.
AUTRICHE
[/areetematiche/documenti/documents/microsoft%20word%20-%20fecondazione%20eterologa%20affaire_s%20h%20_et_autres_c%20_autriche.pdf]

Deliberazione della Giunta regionale 02 novembre 2009, n.49-12479

Regione Piemonte. Deliberazione della Giunta Regionale 2 novembre 2009, n. 49-12479: "Aggiornamento del nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale – D.G.R. n. 73-13176 del 26.07.2004 e s.m.i. – ed ulteriori indicazioni". (BOLLETTINO UFFICIALE N. 46 DEL 19/11/09) A relazione dell'Assessore Artesio: Con D.G.R. n. 73-13176 del 26 luglio 2004 e s.m.i la […]