Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 27 marzo 2008

Non sussiste fumus boni iuris in ordine alla domanda inibitoria
relativa all’apertura del sepolcro (poi trasformata in richiesta di
ripristino dello stato dei luoghi) e alla esposizione delle spoglie di
San Padre Pio, fondata su di una disposizione testamentaria di
carattere non patrimoniale rivolta al Sindaco di San Giovanni Rotondo.
In tale disposizione testamentaria appare, infatti, inequivocabile la
volontà dello scrivente di sottoporsi “alla volontà dei Superiori”
ed, in particolare, la manifestazione del proprio “desiderio” che, in
assenza di opposizione dei Superiori, le sue spoglie fossero composte
“in un tranquillo cantuccio di questa terra”. Ritiene, pertanto, il
giudicante che il dichiarante abbia effettuato espressione di un mero
“desiderio” e non già di una vera e propria disposizione non
patrimoniale di ultima volontà, con conferimento di un vero e proprio
mandato ad un preciso soggetto giuridico: a sostegno di tale
conclusione devono, infatti, essere considerate le modalità di
espressione della manifestazione di volontà dell’assunto testatore,
il contesto nel quale è inserita l’espressione, il notevole lasso di
tempo intercorso tra il momento dell’effettuazione della dichiarazione
e il momento della morte del testatore, avvenuta nel 1968
(quarantacinque anni dopo), la mancata indicazione precisa del
soggetto mandatario e la mancanza di indicazione del luogo preciso in
cui doveva essere effettuata la sepoltura. Inoltre, ove pure voglia
essere ritenuta la natura di testamento della espressione riportata,
deve comunque essere dato rilievo all’espressa manifestazione di
volontà di Padre Pio di sottoporsi alta volontà dei “Superiori”,
posto che le disposizioni testamentarie devono essere interpretate
cercando di ricostruire la volontà effettiva del de cuius.

Sentenza 21 febbraio 2003, n.17050

Il reato di vilipendio di cadavere è integrato da qualunque
manipolazione di resti umani che consista in comportamenti idonei ad
offendere il sentimento di pietà verso i defunti, non resi necessari
da prescrizioni tecniche dettate dal tipo di intervento o addirittura
vietati, con la consapevolezza del loro carattere ultroneo o
incompatibile con le prescrizioni proprie del tipo di attività
svolto. Infatti, secondo consolidato indirizzo interpretativo della
giurisprudenza di legittimità che, seppur risalente nel tempo, non è
stato mai contrastato da pronunce di segno opposto, il dolo del reato
di cui all’art. 410 c.p. è generico, di talché l’elemento
psicologico di detto delitto è integrato dalla consapevolezza del
fatto che, come nel caso di specie, l’azione posta in essere non è
conforme alle prescrizioni o esigenze tecniche afferenti al tipo
attività espletata ed è idonea ad offendere il sentimento di pietà
verso i defunti.