Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 21 maggio 2014, n.11226

La dichiarazione di nullità del matrimonio per esclusione da
parte di uno solo dei coniugi del bonum prolis non preclude la
delibazione della sentenza ecclesiastica, quando di quella esclusione
fosse a conoscenza l'altro coniuge o quando vi siano stati chiari
elementi rivelatori di tale atteggiamento psichico conoscibili con
l'uso della normale diligenza.

Sentenza 18 dicembre 2013, n.28220

La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale
ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio
concordatario per esclusione, da parte di uno soltanto dei coniugi, di
uno dei bona matrimonii e cioè per divergenza unilaterale tra
volontà e dichiarazione, postula che tale divergenza sia stata
manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo
effettivamente conosciuta, ovvero che non gli sia stata nota soltanto
a causa della sua negligenza, atteso che ove le suindicate situazioni
non ricorrano la delibazione trova ostacolo nella contrarietà
con l'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il
principio fondamentale di tutela della buona fede e
dell'affidamento incolpevole. Pertanto, nel caso in cui venga
accertato che uno dei due nubendi abbia più volte manifestato
di non credere nel matrimonio e che tale riserva mentale fosse nota
all’altra parte già prima del matrimonio, la pronuncia
ecclesiastica oggetto di delibazione non può ritenersi
contraria all'ordine pubblico.

Sentenza 22 agosto 2011, n.17465

La sentenza ecclesiastica che abbia pronunciato la nullità del
matrimonio per esclusione, da parte di uno dei coniugi, dei bona
matrimonii è delibabile purchè tale divergenza tra volontà e
dichiarazione sia stata manifestata all’altro coniuge o da questo
conosciuta o comunque conoscibile con ordinaria diligenza. Nel caso di
specie, il fidanzamento interrotto da una relazione con altra donna, i
tratti caratteriali del coniuge sensibile al fascino di altre donne e
alieno da legami stabili e duraturi, l’induzione al matrimonio per
intervenuta gravidanza e la convinzione, espressa in varie sedi, che
vi sarebbe stata comunque la possibilità di divorzio, sono apparsi
elementi idonei a ritere insussistente la violazione del principio
dell’affidamento incolpevole.

Sentenza 16 giugno 2011, n.13240

Pur tenendo conto “del favore particolare al riconoscimento che lo
Stato italiano s’è imposto con il protocollo addizionale del 18
febbraio 1984, modificativo del Concordato” (S. U., n. 19809/2008
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4915]), il giudice interno,
cui sono inibiti riesame del merito ed assunzione di ulteriore
istruttoria in ordine alla sussistenza della riserva mentale, ha però
il potere d’accertarne in piena autonomia la conoscenza o l’oggettiva
conoscibilità da parte di un coniuge, sulla base degli atti del
processo canonico eventualmente prodotti (per tutte Cass. n. 3339/2003
[https://www.olir.it/documenti/?documento=1331]). Il corollario esclude
il giudicato formatosi in sede ecclesiastica in ordine al menzionato
requisito.

Sentenza 20 gennaio 2011, n.1343

L’ordine pubblico interno matrimoniale evidenzia un palese favor per
la validità del matrimonio, quale fonte del rapporto familiare
incidente sulla persona e oggetto di rilievo e tutela costituzionali
(cfr. Cass. S.U. 19808/2008). Ne consegue che, riferita a
daterminate situazioni invalidanti, la successiva prolungata
convivenza è considerata espressiva di una volontà di accettazione,
del rapporto che ne è seguito, incompatibile con il successivo
esercizio della facoltà di rimetterlo in discussione. Deve pertanto
rirenersi ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio, pronunciata a motivo del rifiuto della
procreazione sottaciuto da un coniuge all’altro, la particolarmente
prolungata convivenza oltre il matrimonio.

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Per approfondire in OLIR.it:
Corte di Cassazione. Sezioni Unite Civili. Sentenza 24 giugno – 18
luglio 2008, n. 19809 [https://www.olir.it/documenti/?documento=4915]
Corte di Cassazione. Prima Sezione Civile, Sentenza 6 marzo 2003, n.
3339 [https://www.olir.it/documenti/?documento=1331]
Corte di Cassazione. Prima Sezione Civile, Sentenza 12 luglio 2002, n.
10143 [https://www.olir.it/documenti/?documento=1376]

Sentenza 17 dicembre 2008, n.5248

E’ compito del giudice della delibazione procedere all’accertamento
della conoscenza o della conoscibilità, da parte di un coniuge, della
riserva unilaterale nutrita dall’altro, in piena autonomia rispetto al
giudice ecclesiastico, ancorchè la relativa indagine si svolga con
esclusivo riferimento alla delibanda pronuncia ed agli atti del
processo canonico eventualmente acquisiti, e non dia luogo ad alcuna
integrazione di attività istruttoria in fase di delibazione . Tale
indagine deve venire condotta con particolare rigore, giacchè detto
accertamento attiene al rispetto di un principio di ordine pubblico di
speciale valenza e alla tutela di interessi della persona riguardanti
la costituzione di un rapporto, quello matrimoniale, oggetto di
rilievo e tutela costituzionali.

Sentenza 07 ottobre 2008

La giurisprudenza suole ravvisare la contrarietà all’ordine
pubblico italiano nei soli casi di pronuncia di nullità fondata sulla
cd. riserva mentale, ossia sulla unilaterale esclusione da parte di
uno dei coniugi, di taluno dei bona matrimonii (V. Cass. n. 2138/1996;
n. 11951/1993; n. 4875/88; nn. 188 e 189 del 1991), salvo il consenso
esplicito o implicito alla delibazione da parte dell’altro coniuge
(Cass. n. 5548/1995) e salva l’ipotesi che la divergenza unilaterale
fra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all’altro coniuge,
ovvero che questi l’abbia in concreto conosciuta, oppure che non
l’abbia potuta conoscere a cagione della propria negligenza. Ne deriva
che, nel caso in cui sia stata apposta una condizione al vincolo
matrimoniale, viziante il consenso negoziale di uno dei coniugi,
occorre anzitutto verificare, ai fini della delibazione, se essa sia
rimasta nella sfera psichica di uno dei nubendi, ovvero sia stata
manifestata all’altro coniuge, ovvero sia stata comunque conosciuta o
conoscibile da parte di questi. In ogni caso, comunque, nell’ipotesi
in cui il coniuge, che ignorava il vizio del consenso dell’altro,
proponga egli stesso la domanda di esecutorietà, allegando la
simulazione unilaterale, va esclusa la ricorrenza di motivi di ordine
pubblico, ostativi alla delibazione della relativa sentenza
ecclesiastica, non potendo ricondursi nei rigorosi limiti dell’ordine
pubblico anche la tutela della buona fede del coniuge che detta tutela
respinga, invocandola anzi in senso contrario.

Sentenza 01 febbraio 2008, n.2467

In presenza della dichiarata esclusione di uno o più dei bona
matrimonii, quale causa di nullità del matrimonio concordatario,
l’accertamento rimesso al giudice italiano, della conoscenza o della
conoscibilità di tale esclusione da parte del coniuge non partecipe
della relativa riserva, deve essere condotto sul fondamento degli
elementi obbiettivi di prova acquisiti nel processo ecclesiastico. Il
contenuto della sentenza ecclesiastica vincola il giudice della
delibazione quanto ai fatti che in essa risultano accertati, ma non
gli pone alcun obbligo di applicare i principi enunciati in tema di
prova della simulazione; ciò in considerazione non soltanto della
totale autonomia di valutazione del giudice italiano rispetto a quello
ecclesiastico, ma anche del fatto che il tema rispettivo dei due
giudizi non coincide, giacchè il primo è diretto ad accertare la
sussistenza della voluntas simulane di un coniuge, mentre il secondo
deve verificare il profilo, affatto irrilevante nella disciplina
canonica del matrimonio, della conoscenza o conoscibilità della
riserva unilaterale.

Sentenza 07 dicembre 2005, n.27078

Non può essere ravvisato alcun ostacolo alla delibazione allorchè il
coniuge – che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso
dell’altro – chieda la declaratoria di esecutività della sentenza
ecclesiastica, da parte della Corte d’Appello, ovvero non si opponga
alla stessa. Tale fattispecie, tuttavia, non ricorre laddove detto
coniuge si rimetta alla decisione della Corte in ordine alla
delibazione, deducendo tuttavia nel contempo di avere contratto
matrimonio ignorando la volontà dell’altro di escludere
l’indissolubilità del vincolo. In questa ipotesi, infatti, risulta
assunto un comportamento processuale incompatibile con la volontà di
rinunciare alla tutela dell’affidamento incolpevole prestata
dall’ordinamento giuridico italiano. Pertanto, pur non formulano
espressamente conclusioni contrarie alla delibazione, può
considerarsi sufficiente – ai fini dell’opposizione alla stessa –
l’avere eccepito nella comparsa di risposta il difetto delle
condizioni che avrebbero consentito di fare valere nel nostro
ordinamento il vizio connesso alla riserva mentale.

Sentenza 08 giugno 2005, n.12010

In tema di delibazione delle sentenze matrimoniali ecclesiastiche, la
presunta violazione dell’articolo 6, par. 1 della Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo non può essere proposta per la prima
volta in sede di ricorso in Cassazione, qualora tale censura non sia
stata già compresa nel tema del decidere del giudizio d’appello
(Cassazione, 5150/03, 194/02, 10902/01). Nè detta questione risulta
rilevabile d’ufficio, in quanto attinente alle modalità di un
giudizio svoltosi davanti a tribunali diversi da quelli dello Stato, i
cui eventuali vizi debbono essere dedotti e provati ai sensi dei nn. 2
e 3, del comma 1 dell’articolo 797 Cpc, il quale risulta connotato
da ultrattività in subiecta materia (Cassazione, 8764/03), nonostante
l’avvenuta abrogazione (articolo 73, legge 218/95), perché
espressamente richiamato dall’articolo 4, lett. b) del Protocollo
addizionale all’Accordo 18 febbraio 1984 fra la Repubblica Italiana
e la Santa sede, ratificato con legge 121/85. Al giudice d’appello
è inoltre inibito, in sede di delibazione della sentenza dichiarativa
della nullità matrimoniale per simulazione del consenso, il riesame
del merito del materiale probatorio acquisito nel giudizio
ecclesiastico circa l’effettiva esistenza della riserva mentale
(Cassazione, 4311/99, 2325/99, 2330/94), dovendo altresì quest’ultimo
motivare – in ordine alla conoscenza o conoscibilità di essa da parte
dell’altro coniuge – sulla base delle risultanze emergenti dalla
sentenza delibanda.