Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 dicembre 2007, n.285394

La sanzione di espulsione definitiva pronunciata nei confronti di un
allievo di una scuola pubblica che non si conformi alla legge che
vieta l’ostentazione di segni esteriori connotanti l’appartenenza
religiosa (nel caso di specie: un turbante sikh) non costituisce un
attentato alla libertà di pensiero, coscienza e religione sancita
dall’art. 9 della CEDU, ove tale sanzione sia volta ad assicurare il
rispetto del principio di laicità negli edifici scolatici pubblici,
senza alcuna discriminazione religiosa nei confronti degli alunni e
delle confessioni religiose.

Linee guida 14 agosto 1997

Direttive dettate dalla Presidenza Clinton per disciplinare le
modalità di esercizio della libertà religiosa nell’ambiente di
lavoro. Le linee guida si applicano al settore della pubblica
amministrazione e riguardano la libertà di espressione dei
lavoratori, il divieto di discriminazione, l’obbligo per i datori di
lavoro di predisporre aggiustamenti per agevolare i dipendenti
nell’esercizio del culto.

Sentenza 05 aprile 2007

Il rifiuto di registrare un’organizzazione religiosa comporta una
violazione sia dell’art. 11 (libertà di associazione), sia dell’art.
9 (libertà di religione) della Convenzione europea per la
Salvaguardia dei diritti umani (CEDU), in quanto la mancanza di una
registrazione può impedire all’associazione il libero esercizio di
una serie di attività connesse con la pratica religiosa. La pubblica
amministrazione nel procedere alla registrazione di un’associazione
religiosa deve assumere un atteggiamento neutrale ed applicare
eventuali restrizioni solo se si tratta di misure prescritte dalla
legge, appropriate e necessarie per la salvaguardia dell’ordine e
della morale pubblica in una società democratica (nel caso di specie,
il governo russo aveva più volte rifiutato la registrazione della
Chiesa di Scientology, in alcuni casi senza fornire alcuna
motivazione, in altri casi sulla base di una valutazione discrezionale
dell’attività dell’organizzazione religiosa oppure per la presunta
mancanza di requisiti per la registrazione, non previsti dalla legge).

Circolare 08 aprile 1923, n.8823

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE – DIREZIONE GENERALE PER L’ISTRUZIONE PRIMARIA E POPOLARE – Divisione IV N. prot. 8823, 8 aprile 1923 Ai RR. Provveditori agli studi del Regno In seguito alla circolare del 22 novembre 1922 con la quale si richimavano i Comuni alla osservanza delle disposizioni regolamentari in ordine all’apposizione, in ogni aula scolastiva […]

Ordinanza 23 novembre 2006

Non è manifestamente infondata la richiesta di rimozione del
crocifisso dalle aule d’udienza, posto che la circolare del ministro
della giustizia del 29 maggio 1926 n. 2134/1867 appare in contrasto
con il principio costituzionale di laicità dello Stato e con la
garanzia della libertà di coscienza e di religione, essendo pacifico
(v. in tal senso Cass. sez. unite 18 novembre 1997, n. 11432 e sez.
disciplinare 15 settembre 2004, Sansa) che nessun provvedimento
amministrativo può limitare diritti fondamentali di libertà, al di
fuori degli spazi eventualmente consentiti da una legge ordinaria
conforme a Costituzione. L’avvenuto riconoscimento di tale non
manifesta infondatezza non esaurisce tuttavia l’ambito delle
valutazioni alle quali la sezione disciplinare è tenuta, dovendosi
anche accertare se l’inadempimento degli obblighi derivanti dal
rapporto di impiego possa ritenersi giustificato dal mancato
accoglimento della pretesa alla rimozione del crocifisso. Se, infatti,
certamente l’ordinamento riconosce il diritto di seguire la propria
coscienza, l’esercizio di tale diritto non può avvenire con
modalità tali da pregiudicare le esigenze di giustizia il cui
soddisfacimento è oggetto di incontestati doveri funzionali. La
pretesa di far prevalere l’imperativo della propria coscienza,
rifiutando in modo deliberato e palese l’adempimento dei doveri
funzionali – attuando una evidente forma di disobbedienza civile, la
quale, peraltro, per sua stessa natura deve scontare l’accettazione
della relativa sanzione – non può pertanto trovare riconoscimento da
parte dell’ordinamento, all’interno del quale solo la legge
potrebbe consentirla (Nel caso di specie, veniva stabilita la
sospensione provvisoria del ricorrente dall’incarico di magistrato).

Sentenza 16 ottobre 2006, n.645

L’ordinanza sindacale, che interpreti il divieto di uso di caschi
protettivi o di “mezzi atti a rendere difficoltoso il riconoscimento
della persona”, di cui all’art. 5, primo comma della l. 152/1975, come
espressamente riferibile al “velo che copre il volto”, non può
essere ricondotta a mera diffida al rispetto di una norma già
esistente nell’ordinamento. Per questa fondamentale parte la
disposizione di legge richiamata viene infatti ad essere
indiscutibilmente novata, in quanto all’ordine (di legge) di non
usare mezzi atti a rendere difficile il riconoscimento della persona
si sovrappone l’ordine (sindacale) di considerare tali – a
prescindere da ogni altra interpretazione – anche i tradizionali
veli tipici delle donne musulmane comprensivi di burqua e chador. E’
invece evidente, che a prescindere dai singoli casi concreti in cui
ogni ufficiale di pubblica sicurezza è tenuto a valutare se la norma
di legge possa o meno ritenersi rispettata, un generale divieto di
circolare in pubblico indossando tali tipi di coperture possa derivare
solo da una norma di legge che lo specifichi.

Sentenza 22 maggio 2006, n.603

L’Accordo di Villa Madama tra la Repubblica italiana e la Santa Sede –
all’art. 9 punto 2 – contiene un significativo riconoscimento del
valore storico della religione maggioritariamente praticata nel
territorio nazionale (“la Repubblica italiana, riconoscendo il valore
della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del
cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo
italiano”). Questo riconoscimento giustifica l’insegnamento della
religione cattolica nelle scuole pubbliche, ma può essere utilizzato
anche come criterio per regolare quelle situazioni in cui la
visibilità dei simboli religiosi all’interno degli edifici
scolastici (e pubblici in genere) fa parte di consuetudini radicate. A
tali consuetudini può essere data rilevanza finché sono condivise da
quanti utilizzano gli edifici pubblici, includendo nel numero non solo
i funzionari ma anche i cittadini che abbiano un qualche collegamento
con l’attività svolta all’interno dei suddetti edifici.
L’estensione dei soggetti interessati vale in modo particolare nel
settore della scuola, dove gli studenti e i loro genitori non sono
semplici fruitori di un servizio ma componenti della stessa comunità
scolastica (art. 3 del Dlgs. 297/1994).

Legge regionale 28 gennaio 2005, n.2

Legge regionale 28 gennaio 2005, N. 2: “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale”. (da: “Bollettino Ufficiale della regione Puglia N. 17 del 31 gennaio 2005) (Omissis) ARTICOLO 8 (Liste e candidature) 1. In deroga a quanto previsto dall’articolo 9 della legge n. 108 del 1968, nelle prime elezioni regionali […]

Ordinanza 10 luglio 2006, n.15614

In mancanza di un’espressa previsione di legge impositiva
dell’obbligo di affissione del crocifisso nelle scuole, così come
rilevato dal giudice delle leggi nell’ordinanza n. 389/2004, trova
applicazione – ai fini della giurisdizione – l’art. 33 del D.Lgs
80/1998, sostituito dall’articolo 7 della legge 204/2000, nel testo
risultante dalla sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale (e con
le puntualizzazioni contenute nella recente sentenza 191/2006), che
nella materia dei pubblici servizi attribuisce al giudice
amministrativo la giurisdizione esclusiva se in essa la pubblica
amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero
si avvale della facoltà riconosciutale dalla legge di adottare
strumenti negoziali in sostituzione dei potere autoritativo. Non è
infatti contestabile che l’affissione del crocifisso nelle scuole
avvenga sulla base di provvedimenti dell’autorità scolastica
conseguenti a scelte dell’Amministrazione, contenute in regolamenti
e circolari ministeriali, riguardanti le modalità di erogazione del
pubblico servizio, e quindi riconducibili, pur nella complessità
delle implicazioni e nella rilevanza e delicatezza degli interessi
coinvolti alla potestà organizzatoria della stessa. La ritenuta
giurisdizione del giudice amministrativo si estende dunque alla
consequenziale domanda risarcitoria proposta, secondo il disposto
dell’articolo 35 del D.Lgs 80/1998, come sostituito dall’articolo
7 della legge 205/2000 (Nella fattispecie in esame, i ricorrenti, in
proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sui figli minori,
chiedevano – previo accertamento della lesione del diritto assoluto di
libertà religiosa in relazione al principio di uguaglianza e di
laicità dello Stato – che il Ministero dell’Istruzione fosse
condannato al risarcimento dei danni in forma specifica, mediante la
rimozione del crocifisso dall’ambiente scolastico, nonchè al
risarcimento del danno per lesione del diritto alla libertà ed al
libero sviluppo psichico dei minori).

Ordinanza 06 marzo 2006, n.289947

In OLIR.it: – CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, decisione 13
novembre 2008 Mann Singh v. France
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4878]