Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 10 luglio 2009, n.28482

La norma di cui all’art. 328/1° c.p. tutela, in senso lato, il buon
andamento e il normale funzionamento della Pubblica Amministrazione
per la realizzazione dei suoi fini istituzionali. Il vero ed unico
disvalore represso dalla norma è cioè la mancanza dell’atto
d’ufficio a rilevanza esterna, mentre le inadempienze interne
all’organizzazione, integranti la violazione di meri doveri di
servizio, possono trovare risposta soltanto sul piano disciplinare.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha pertanto ritenuto
l’insussistenza del fatto di reato ipotizzato, in quanto la condotta
del ricorrente – consistente nel rifiuto di svolgere le sue funzioni
di magistrato nelle aule giudiziarie recanti l’esposizione del
crocifisso – si è concretizzata nella violazione di doveri
funzionali, riverberatasi esclusivamente sull’organizzazione interna
dell’ufficio e non sull’attività di rilevanza esterna, diretta a
garantire il servizio di giustizia.

Ordinanza 24 giugno 2009

Ai sensi del D.Lgs. n. 216/2003, per principio di parita’ di
trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione nei
rapporti di lavoro – diretta o indiretta – a causa della religione,
delle convinzioni personali, degli handicap, dell’eta’ o
dell’orientamento sessuale (art. 2, comma 1). In particolare, sono
considerate come disciminazioni, nel senso suddetto, anche “le
molestie ovvero quei comportamenti indesiderati”, posti in essere per
i motivi anzidetti, “aventi lo scopo o l’effetto di violare la
dignita’ di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile,
degradante, umiliante od offensivo” (art. 2, comma 3). Non può essere
ricondotto a tale fattispecie il comportamento della Amministrazione
scolastica che abbia diffidato un insegnante dal rimuovore il
crocifisso affisso nell’aula di lezione; crocifisso la cui presenza
era stata richiesta dall’assemblea degli studenti, confermata da una
delibera del consiglio di classe e anche da una conseguente circolare
del Dirigente scolatico. Deve sottolinearsi, infatti, che la laicità
e la libertà di insegnamento si fonda sulla libertà dì espressione,
di pensiero e di religione e quindi sul rispetto reciproco di tutte le
persone indipendentemente dal loro orientamento religioso, di pensiero
e di coscienza. Ed è proprio nel rispetto di tale principio che il
Dirigente scolastico ha posto in essere – secondo il Tribunale adito –
la condotta lamentata. Il comportamento dell’Amministrazione
scolastica, infatti, non pare connotato da alcun intento
discriminatorio, ma è teso a rispettare la scelta culturale e
religiosa espressa dalla classe nella assemblea, invitando in tale
modo tutti gli insegnati ad improntare la relazione con gli studenti
nel segno del reciproco rispetto, della tolleranza e della
condivisione.

Risoluzione 02 aprile 2009

In OLIR.it: Proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione
del principio di parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la
disabilità, l’età o l’orientamento sessuale – Proposal for a new EU
directive on protection from discrimination on grounds of age,
disability, sexual orientation and religion or belief beyond the
workplace (2 july 2008) leggi
[https://www.olir.it/news/archivio.php?id=1915]

Decreto di archiviazione 23 gennaio 2009

Per il Tribunale di Vicenza, l’indiano aderente alla religione sikh
che, in conformità ai precetti della propria religione, porti in
pubblico un pugnale kirpan privo del filo di lama non commette il
reato di ‘Porto di armi od oggetti atti ad offendere’ (art. 4 l.
n. 110/75). Ciò non già perché il porto di quel pugnale è
giustificato, in ossequio alla libertà di religione riconosciuta
dall’art. 19 Cost., dal motivo religioso che lo sorregge, bensì
perché l’assenza del filo di lama impedirebbe di qualificare il
kirpan come strumento “atto ad offendere”.

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Un’annotazione dell’ordinanza, da parte di Gian Luigi Gatta, è
stata pubblicata ne Il Corriere del Merito (Ipsoa ed.), 2009, n. 5, p.
536 s., all’interno della rubrica ‘Osservatorio di diritto e
processo penale’.

Sentenza 19 febbraio 2009

Il porto del pugnale kirpan costituisce un segno distintivo di
adesione ad una regola religiosa e, quindi, una modalità di
espressione della fede religiosa Sikh, garantita dall’art. 19 Cost.
oltre che da plurimi atti internazionali, perciò non costituisce
reato.
Nella fattispecie il Tribunale di Cremona ha assolto un indiano sikh
dal reato di porto ingiustificato di armi od oggetti atti ad offendere
(art. 4 l. 18 aprile 1975 n. 110) per avere portato con sé fuori
dalla propria abitazione un pugnale kirpan della lunghezza complessiva
di 17 cm (di cui 10 di lama), calzato in un fodero. L’indiano era
stato fermato dalle forze dell’ordine mentre si trovava
all’interno di un centro commerciale, vestito con una tunica bianca
e con un turbante. Una volta fermato, aveva subito giustificato il
porto del pugnale kirpan affermandone la natura di simbolo religioso:
una circostanza ha trovato riscontro durante il processo, dove è
risultato provato, anche grazie a un certificato del Consolato
generale dell’India, che per i sikh il kirpan è simbolo della
resistenza al male e che deve essere sempre portato in modo visibile.

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Un’annotazione dell’ordinanza, da parte di Gian Luigi Gatta, è
stata pubblicata ne Il Corriere del Merito (Ipsoa ed.), 2009, n. 4, p.
399 s., all’interno della rubrica ‘Osservatorio di diritto e
processo penale’.

Sentenza 09 novembre 2007

La circoncisione rituale consiste in una menomazione dell’integrità
fisica che non può prescindere dall’attenta valutazione delle
condizioni del soggetto che la subisce, per le potenziali conseguenze
negative che potrebbero aversi sulla sua salute, e che deve essere
eseguita nel rispetto della buona pratica clinica, garantendo
successivamente un’adeguata assistenza. Lo svolgimento di tale
attività richiede, dunque, in ogni caso l’intervento di personale
medico (nel caso di specie, veniva ritenuta responsabile del reato di
cui all’art. 348 c.p. la madre di un neonato che aveva sottoposto il
figlio a circoncisione rituale, affidandolo a persona estranea alla
professione medica).

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In proposito: VITO PLANTAMURA, _Brevi note in tema di circoncisione
maschile rituale, esercizio abusivo della professione e lesioni_, in
“Giurisprudenza di merito”, 2008, 10, p. 2590 ss.; ANTONIO G.
CHIZZONITI, _Multiculturalismo, libertà religiosa e norme penali_, in
G. De Frenacesco – C. Piemontese – E. Venafro (a cura di), _Religione
e religioni: prospettive di tutela, tutela della libertà_, Torino,
2007, 29 ss., e, spec., p. 42 ss.

Sentenza 04 dicembre 2008

L’espulsione da una scuola superiore pubblica di una studentessa
musulmana che durante le lezioni di educazione fisica si era rifiutata
di togliersi il velo non è in contrasto con il diritto di libertà
religiosa. In una società democratica ove coesistono molteplici
comunità religiose, può rivelarsi necessario limitare la libertà di
religione di alcuni gruppi al fine di conciliare gli interessi dei
vari orientamenti religiosi. Nel caso di specie, inoltre, la
restrizione della libertà di religione non era dettata esclusivamente
da motivi di sicurezza e di salute, ma anche dallo scopo di preservare
la neutralità e la laicità dell’ambiente scolastico pubblico. A tal
proposito, la Corte ricorda che in Francia il principio di laicità è
uno dei principi fondamentali e che la Corte deve lasciare un cospicuo
margine d’apprezzamento alle autorità statali in materia di relazioni
tra Stato e confessioni religiose. (cfr. anche CORTE EUROPEA DEI
DIRITTI DELL’UOMO, Sentenza 4 dicembre 2008, Kervanci c. France
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4926]).

Decisione 13 novembre 2008

Il diritto di libertà religiosa non è una libertà assoluta, tale da
consentire a ogni persona qualsiasi comportamento motivato dal proprio
credo. Le limitazioni all’esercizio della libertà di religione,
garantita dall’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo,
sono giustificate se necessarie per motivi di sicurezza e
dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica o per la
protezione dei diritti e della libertà altrui. Nel caso di specie, la
norma francese relativa alle foto sulle patenti di guida, che devono
ritrarre le persone a capo scoperto, non costituisce un’illegittima
restrizione della libertà religiosa di un Sikh, che aveva richiesto
di essere fotografato indossando il tradizionale turbante. Lo Stato,
infatti, può imporre misure idonee a garantire la sicurezza pubblica
e a mettere in atto controlli stradali nei quali è necessaria la
perfetta identificazione del conducente. (cfr. Conseil d’Etat,
Ordonnance 6 mars 2006, n. 289947
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3739])

Sentenza 04 marzo 2008

Rimuovere il velo, al fine di sottoporsi ad un controllo
d’identità, costituisce una restrizione ai sensi del secondo
paragrafo dell’articolo 9 CEDU. Occorre perciò stabilire se tale
ingerenza sia “necessaria in una società democratica” per
raggiungere tali finalità. Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto,
in relazione ai controlli di sicurezza imposti per l’accesso a
locali consolari, la rimozione temporanea del velo come una misura
necessaria per la sicurezza pubblica. Inoltre, quanto alla proposta
della ricorrente di rimuovere il velo unicamente in presenza di una
donna, la Corte ha affermato che il mancato conferimento dell’incarico
di identificazione ad un agente di sesso femminile da parte delle
autorità consolari non oltrepassasse il margine di discrezionalità
dello Stato in materia. La Corte ha ritenuto, pertanto, che la
ricorrente non avesse subito alcuna restrizione sproporzionata
nell’esercizio del suo diritto alla libertà di religione.

Sentenza 20 novembre 2008

L’obbligo di indossare una divisa, senza mostrare oggetti di
gioielleria né simboli religiosi, non costituisce una discriminazione
nei confronti di una dipendente che intenda indossare un crocifisso.
La ricorrente, hostess di British Airways, lamentava in particolare di
aver subito una discriminazione indiretta, poiché il divieto di
mostrare gioielli e simboli sulla divisa, applicato indistintamente a
tutti, le causava una situazione di svantaggio, impedendole di
indossare il crocifisso, mentre agli appartenenti ad altre religioni
era permesso l’uso di indumenti religiosi. In base all'”Employment
Equality Regulations (Religion or Belief) 2003″ una discriminazione
indiretta è dimostrata quando uno svantaggio sussiste non solo per il
ricorrente, ma anche per il gruppo confessionale di appartenenza. Nel
caso di specie, il regolamento aziendale sulle divise non causa un
“disparate impact” per tutti i dipendenti cristiani della British
Airways, ma solo uno svantaggio per la ricorrente: infatti, a
differenza dei simboli religiosi che debbono essere indossati
obbligatoriamente in base ai precetti confessionali, portare un
crocifisso non rappresenta un obbligo per tutti i cristiani, ma è
solo un’espressione personale del credo della ricorrente.