Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 13 febbraio 2006, n.556

Come ad ogni simbolo, anche al crocifisso possono essere imposti o
attribuiti significati diversi e contrastanti, oppure ne può venire
negato il valore simbolico per trasformarlo in suppellettile, che può
al massimo presentare un valore artistico. Non si può però pensare
al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come ad una
suppellettile, oggetto di arredo, e neppure come ad un oggetto di
culto; si deve pensare piuttosto come ad un simbolo idoneo ad
esprimere l’elevato fondamento dei valori civili che delineano la
laicità nell’attuale ordinamento dello Stato.

Sentenza 15 dicembre 2005, n.622

La decisione da parte di un magistrato di astenersi dal tenere udienze
per la presenza del crocifisso in aula integra gli estremi del reato
di omissione di atti di ufficio di cui all’art. 328 c.p.. Il mancato
espeltamento della funzione giurisdizionale, infatti, non può essere
legittimato da un preteso bilanciamento – ed ancora meno dal prevalere
– delle esigenze discendenti dalla legittima tutela della libertà
religiosa o di coscienza sul dovere di adempimento delle fuzioni
proprie della magistratura. L’obbligo di esercizio di queste ultime
deve dunque essere assolto in via primaria ed il rifiuto ripetutamente
manifestato nei confronti dell’espeltamento delle stesse deve pertanto
ritenersi illegittimo.

Sentenza 05 dicembre 2005

Consiglio di Stato. Sentenza 5 dicembre 2005: “Simboli relgiosi. Fotografie a capo coperto sulle patenti di guida”. Vu la requête sommaire et le mémoire complémentaire, enregistrés les 28 février et 15 mars 2005 au secrétariat du contentieux du Conseil d’Etat, présentés pour M. Shingara MANN SINGH ; M. MANN SINGH demande au Conseil d’Etat : […]

Circolare 17 ottobre 2005, n.40424

Circolare 17 ottobre 2005, n. 40424: “Crocifisso esposto nelle aule scolastiche. Motivo di rifiuto da parte personale docente a svolgere le lezioni. Illegittimità”. UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA LOMBARDIA. CENTRO SERVIZI AMMINISTRATIVI DI MILANO Area D – Affari Generali Ai Dirigenti Scolastici delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado Statali e non statali – […]

Ordinanza 26 maggio 2005

La presenza del crocifisso nei locali adibiti a seggi elettorali non
integra alcuna concreta lesione o pregiudizio che valga a condizionare
la convinzione politica degli elettori e l’esercizio del relativo
diritto di voto. Non è ipotizzabile, infatti, che un “non simbolo”,
come il crocifisso per i non credenti o per i non cristiani, possa
interferire negativamente in modo incisivo sulla formazione
dell’orientamento politico e sulla conseguente espressione del voto
elettorale o referendario. Nè la presenza di crocifissi nei locali
scolastici da adibire a seggi può essere considerata come
l’espressione di una vincolante o, comunque, condizionante scelta
turbatrice della libertà religiosa o di pensiero degli elettori.
Infatti, in mancanza nell’attuale ordinamento di disposizioni di legge
che prevedano l’esibizione obbligatoria del crocifisso, salvo alcune
previsioni aventi carattere regolamentare ed in ogni caso non relative
ai seggi, la presenza sporadica e solo casuale di tale simbolo
“passivo” nelle suddette sedi elettorali non comporta l’imposizione di
alcuna condivisione religiosa, nè vincola ad atti o comportamenti che
siano anche solo indirettamente espressione di una sintonia o di una
convinzione di implicita aderenza ad una fede o culto diversi da
quelli propri. Il crocifisso risulta, dunque, una presenza
assolutamente trascurabile per chi non vi si riconosca,
impossibilitata in quanto tale a sollecitare o condizionare scelte e
comportamenti personali.

Sentenza 14 giugno 2005

I delitti previsti dagli artt. 403 e 404 c.p. puniscono l’offesa
alla religione mediante, rispettivamente, vilipendio di persone o di
cose che formino oggetto di culto. In particolare, il vilipendio è
ravvisabile nell’offesa volgare e grossolana, che si concreta in
atti che assumono caratteri evidenti di dileggio, derisione e
disprezzo; con riferimento alle cose che formino oggetti di culto,
può estrinsecarsi non solo in atti materiali di disprezzo, ma anche
in espressioni verbali. L’elemento psicologico di tali delitti è il
dolo generico, ossia la volontà di commettere il fatto con la
consapevolezza della sua idoneità a vilipendere. Integra, pertanto,
gli estremi del reato di cui all’art. 403 c.p. la condotta di colui
che, nel corso di una trasmissione televisiva, abbia definito la
Chiesa cattolica come “un’associazione a delinquere” ed il Papa
come “un signore extracomunitario che capeggia la chiesa” ed un
“abile doppiogiochista”, posto che i riferimenti in questione –
oltre ad essere rivolti all’istituzione della Chiesa in sé – si
estendono ai suoi esponenti, per ruolo dagli stessi rivestito, con
effetti chiaramente offensivi. Integra, inoltre, il reato di offesa
alla religione mediante vilipendio di cose, il riferimento al
crocifisso come “cadavere in miniatura”, in quanto tale
definizione spoglia la croce del suo significato simbolico religioso,
riducendola ad una beffarda definizione anatomica.

Legge 31 luglio 2005, n.155

Legge 31 luglio 2005, n. 155: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 177 del 1 agosto 2005) Art. 1. 1. Il decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il […]

Legge 22 maggio 1975, n.152

Legge 22 maggio 1975, n. 152: “Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 136 del 24 maggio 1975) (Omissis) Articolo 5* 1. È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato […]

Sentenza 01 ottobre 2001

L’art. 404 c.p. punisce l’offesa alla religione commessa “mediante
vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al
culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto”.
Sin da epoca risalente, l’elaborazione dottrinale e
giurisprudenziale individua le cose che “formano oggetto di culto”
in quelle verso cui il culto si tributa, la quali sono pertanto
adorate ed oggetto di preghiera per il fatto di rappresentare o
simboleggiare l’essenza divina: si tratta delle immagini sacre, del
crocifisso, ecc. La natura mobile o immobile, la commerciabilità o
meno delle cose, l’avvenuta consacrazione o benedizione delle stesse
sono invece indifferenti, < > – secono la dottrina – <>. Tra le
“cose consacrate al culto” vengono ricomprese quelle (chiese,
altari, calici, tabernacoli, ecc.) che hanno ricevuto il particolare
atto rituale della consacrazione del vescovo o benedizione del
sacerdote, atto che sottrae la cosa ad ogni uso profano o improprio.
Infine, “cose necessariamente destinate all’esercizio del culto”
sono quelle che, non appartenenti alle altre due categorie, sono
comunque necessarie per lo svolgimento della liturgia o del rito sacro
(paramenti, stendardi, ceri, ecc.). Secondo la pacifica
interpretazione della dottrina, inoltre, il vilipendio può essere
commesso non solo con atti materiali, ma anche con parole o qualunque
altro mezzo idoneo; è invece imprescindibile che la condotta sia
posta in essere direttamente sopra o verso la cosa in questione, e
comunque in sua presenza. Nell’accertamento della sussistenza del
reato di cui all’art. 404 c.p. non può dunque in alcun modo
prescindersi dalla presenza – quale oggetto della condotta di
vilipendio – di una cosa che sia realmente ed effettivamente oggetto
di culto o consacrata, ovvero destinata all’esercizio del culto, con
l’ulteriore precisazione, quanto a tale ultima categoria, che detta
destinazione sia attuale e non solo possibile. (Nel caso di specie,
concernente la produzione cinematografica dal titolo “Totò che
visse due volte”, non è stata dimostrata la riconducibilità di
alcuno degli oggetti impiegati nelle riprese – croci, statue, edicole
votive, ecc. – all’una o all’altra delle categorie di “cose”
di cui all’art. 404, nel senso tecnico sopra precisato, ma queste
ultime sono per contro risultate oggetti fabbricati durante la
produzione ovvero noleggiati presso negozi specializzati).

Sentenza 03 febbraio 2003, n.881

Il ricorso, volto ad ottenere la rimozione dei simboli religiosi dalle
scuole pubbliche, è inamissibile per nullità della
notificazione,laddove quest’ultima sia stata effettuta presso la sede
del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
anziché, come previsto dall’art. 144 c.p.c. e dalle relative leggi
speciali, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.