Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 18 maggio 2007, n.11654

Il giudicato formatosi nel giudizio di cessazione degli effetti civili
del matrimonio concordatario non preclude la dichiarazione di
efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, in
quanto tale giudicato non spiega alcun effetto sul punto della
esistenza e validità del vincolo matrimoniale (salvo che la relativa
questione sia stata espressamente sollevata dalle parti e dunque
decisa necessariamente con efficacia di giudicato – trattandosi di
questione di status – ai sensi dell’art. 34 c.p.c)

Sentenza 06 marzo 2003, n.3339

Il riconoscimento degli effetti civili della sentenza ecclesiastica
dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario non è
precluso dalla preventiva instaurazione di un giudizio di separazione
personale tra gli stessi coniugi dinanzi al giudice dello Stato
italiano; il giudizio e la sentenza di separazione personale hanno
infatti «petitum», «causa pretendi» e conseguenze giuridiche del
tutto diversi da quelli del giudizio e della sentenza che dichiara la
nullità del matrimonio. La delibazione di tale sentenza, tuttavia,
laddove sia dichiarativa di nullità per l’apposizione di una
condizione al vincolo matrimoniale, viziante il relativo consenso
negoziale di uno dei coniugi, trova ostacolo nel principio di ordine
pubblico costituito dalla tutela dell’affidamento incolpevole
dell’altro coniuge, allorchè l’apposizione della condizione sia
rimasta nella sfera psichica di uno dei nubendi, senza essere
conosciuta o conoscibile all’altro coniuge. In particolare,
l’accertamento della conoscenza o conoscibilità di detta condizione
deve essere compiuto dal giudice della delibazione con piena autonomia
rispetto al giudice ecclesiastico, ancorchè la relativa indagine si
svolga con esclusivo riferimento alla pronuncia delibanda ed agli atti
del processo canonico eventualmente acquisiti e non dia luogo ad
alcuna integrazione di attività istruttoria, e con assoluto rigore,
giacchè detto accertamento attiene al rispetto di un principio di
ordine pubblico di speciale valenza e alla tutela di interessi della
persona riguardanti la costituzione di un rapporto, quello
matrimoniale, oggetto di rilievo e tutela costituzionali.

Sentenza 18 aprile 1994, n.548

La pendenza tra le parti di un giudizio di separazione personale non
rende improponibile la domanda di delibazione di una sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio, attesa l’autonomia dei due
procedimenti, diversi quanto a petitum e a causa petendi, e non fra
loro incompatibili. Ai fini della delibazione di una sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio e per quanto concerne
l’accertamento del rispetto del diritto di difesa, la professione di
fede di Testimone di Geova che aveva determinato una parte a non
costituirsi nel processo canonico, non può valere ad integrare la
violazione del principio del contraddittorio, giacché la contumacia
non era dipesa dalla inosservanza di regole processuali, bensì da una
scelta personale ancorché ispirata ad un credo religioso. Nel
giudizio di delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del
matrimonio per esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii,
l’indagine diretta a stabilire se la riserva mentale sia stata
manifestata all’altro coniuge o sarebbe stata da questi conoscibile
ed a verificare se, in tal modo, risulti osservato il limite della
compatibilità con l’ordine pubblico, deve essere condotta con
esclusivo riferimento alla pronuncia delibanda (intesa l’espressione
come comprensiva di entrambe le pronunzie del giudizio ecclesiastico)
ed agli atti del processo canonico, escludendosi, invece, la
possibilità di un’apposita integrazione delle prove con istruttoria
da compiersi nella fase della delibazione.