Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 21 maggio 2002, n.5804

L’attività di insegnamento resa, con il possesso dei prescritti
requisiti professionali, nell’ambito di un’istituzione di
volontariato, con connotazioni proprie del corrispondente insegnamento
nella scuola pubblica, deve reputarsi idonea a garantire
l’acquisizione di una vera e propria esperienza didattica. Inoltre,
secondo l’indirizzo interpretativo seguito dalla Sezione (decisione
n.1033/2002), dal mancato versamento dei contributi non può
desumersi, in via diretta ed immediata, altra conseguenza che non sia
l’inadempienza, da parte del datore di lavoro, agli obblighi
contributivi nascenti dal rapporto. Segnatamente, il mancato
versamento dei contributi può assumere soltanto il valore di una
presunzione semplice superabile con qualsiasi mezzo di prova e di
fatto, nel caso in esame, superata dalla certificazione di servizio
resa dalla direzione didattica e dall’approvazione della nomina
dell’insegnante interessata, da parte del competente Provveditore agli
studi, resa sulla previa considerazione del possesso, da parte
dell’interessata, dei requisiti professionali per la prestazione
dell’attività di insegnamento.

Sentenza 21 maggio 2002, n.4494

In considerazione dell’art. 12 del decreto del Presidente della
Repubblica del 23 luglio 1998, n. 323, al servizio reso in scuole
statali va assimilato il servizio di insegnamento prestato nella
scuola materna nell’ambito di scuole autorizzate, col possesso di
tutti i requisiti.

Sentenza 21 maggio 2002, n.4423

Relativamente alla scuola materna, non è previsto in via
istituzionale l’insegnamento dell’educazione fisica, essendovi
un’unica insegnante di ruolo per gli orientamenti educativi propri di
tale tipo di scuola, con la conseguenza che l’insegnamento di tale
disciplina nella scuola materna, anche se deliberato dagli organi
direttivi delle singole scuole nell’ambito della potestà
discrezionale agli stessi riconosciuta, non può essere considerato
utile ai fini del raggiungimento del periodo di 360 giorni di
insegnamento previsto dall’art. 2 legge n. 124 del 1999, per la
partecipazione alle sessioni riservate di esami di abilitazione.

Sentenza 19 marzo 1999, n.897

Il beneficio dell’ammissione a sessioni riservate di esami per
l’abilitazione all’insegnamento nella scuola media, previsto dal d.l.
6 novembre 1989 n. 357, art. 28 bis, conv. in legge 27 dicembre 1989
n. 417, a vantaggio degli insegnanti delle scuole materne e secondarie
pareggiate o legalmente riconosciute, ha natura eccezionale e non
consente, pertanto, la sua estensione a categorie diverse di docenti
non espressamente menzionate. Inoltre, ai sensi dell’art. 28 bis l. 27
dicembre 1989 n. 417, per gli insegnanti non abilitati che abbiano
prestato servizio presso scuole pareggiate o legalmente riconosciute,
il servizio prestato nelle scuole statali è utilizzabile ai soli fini
del completamento dei 360 giorni prescritti per l’ammissione alle
sessioni riservate di esami di abilitazione, e non anche ai fini
dell’individuazione delle classi di abilitazione alle quali poter
partecipare, che sono solo quelle relative al servizio svolto presso
le predette scuole pareggiate o legalmente riconosciute. Pertanto al
fine della partecipazione alla sessione di abilitazione
all’insegnamento, riservata ai docenti di scuole pareggiate o
riconosciute, prevista dall’art. 28 bis del d.l. 6 novembre 1989 n.
357 conv. nella legge 27 dicembre 1989 n. 417, l’insegnamento prestato
in una scuola statale è utile per completare l’anzianità occorrente
per l’ammissione all’esame stesso ma non per individuare la classe di
abilitazione cui l’aspirante può partecipare.

Legge regionale 19 gennaio 2001, n.1

Legge regionale 19 gennaio 2001, n. 1: “Interventi a favore delle famiglie degli alunni delle scuole statali e paritarie”. (da “Bollettino Ufficiale della regione Veneto” n. 8 del 23 gennaio 2001) Art. 1 (Finalità) 1. La Regione del Veneto nell’ambito della completa applicazione delle norme in materia di diritto allo studio e di riordino dei […]

Sentenza 16 maggio 1995

L’art. 19 Abs. 4 GG. non garantisce soltanto un formale diritto a
rivolgersi ai tribunali, ma anche la effettiva tutela delle situazioni
giuridiche. Tale effettività comporta che la tutela si realizzi in un
arco di tempo appropriato e che, nel caso delle procedure d’urgenza,
si adotti una decisione provvisoria tempestiva, ogni qualvolta, come
nel caso di specie, alla asserita violazione del diritto fondamentale
non sarebbe più possibile porre riparo con la decisione da assumere
nel giudizio ordinario di merito. Il diritto di libertà religiosa
garantito dalla Legge fondamentale non assicura soltanto la facoltà
di partecipare agli atti di culto in cui si esprime il credo di
appartenenza, ma anche la facoltà di tenersi lontani dalle attività
e dai simboli implicati nell’esercizio del culto medesimo. Al riguardo
occorre distinguere tra i luoghi che sono sottomessi al diretto
controllo statale, e quelli che sono lasciati alla libera
organizzazione della società. Lo Stato, nel primo caso, è obbligato
a proteggere l’individuo dagli interventi o dagli ostacoli che possono
provenire dai seguaci di altre fedi o di gruppi religiosi concorrenti
con quello di appartenenza. Anche quando lo Stato collabora con le
confessioni religiose, esso non può pervenire ad una identificazione
con alcuna di queste. Lo Stato, inoltre, deve rispettare il diritto
naturale dei genitori di curare e di allevare i loro figli secondo le
proprie convinzioni religiose. Confliggono con questo diritto
garantito dall’art. 6 Abs. 2s. i della Legge fondamentale le
prescrizioni dello Stato di Baviera e le decisioni assunte in forza di
esse, che impongono l’affissione del crocifisso in tutte le aule
scolastiche delle scuole popolari. Le dette prescrizioni obbligano,
infatti, gli alunni delle scuole a partecipare alle lezioni
confrontandosi di continuo con siffatto simbolo religioso, al
contrario di quanto avviene, ad esempio, nei casi in cui, come quando
si cammina per strada o si frequentano luoghi aperti al pubblico, non
si viene costretti ad un continuo contatto con tali simboli ed esso
non risulta in alcun modo sanzionato. Né vale opporre la possibilità
di sfuggire all’obbligo così imposto ricorrendo alla frequenza di
scuole non statali, perché tale possibilità non è data ad una gran
parte della popolazione, che non è in grado di pagare le richieste
rette di frequenza. Sarebbe, per altro, una violazione dell’autonomia
confessionale dei cristiani ed una sorta di profanazione della croce
non considerare questo simbolo come segno di culto in collegamento con
uno specifico credo. Bisogna considerare, inoltre, che la formazione
scolastica non consiste solo nell’impartire nozioni tecniche o nello
sviluppo di capacità cognitive; essa concerne anche lo sviluppo della
dimensione o delle dimensioni emozionali ed affettive degli alunni. In
questo senso la presenza della croce nelle aule scolastiche esercita
un particolare influsso: essa ha un carattere «evocativo»
(appellativen), ossia rappresentativo del contenuto di fede che
simboleggia, e propagativo dello stesso. La scuola statale non può
certo trascurare l’esercizio del diritto di libertà religiosa della
maggioranza di coloro che la frequentano; ma anche il diritto di
libertà religiosa incontra, nel suo esercizio, i limiti derivanti
dalla tutela di altri beni o interessi costituzionalmente garantiti e,
in primo luogo, quello rappresentato dall’esercizio dello stesso
diritto da parte delle minoranze. Il criterio per risolvere i
possibili conflitti è da ricercare nel principio di una pratica
ponderazione dei vari diritti che non privilegi in modo massimale una
sola delle situazioni giuridiche in contrasto ma le tratti in modo il
più possibile paritario. Certamente in una società pluralistica è
impossibile che la scuola pubblica dell’obbligo possa tener conto di
tutte le richieste di formazione e di tutti gli indirizzi educativi.
La ineludibile composizione tra l’aspetto positivo e quello negativo
della libertà religiosa alla luce del principio della tolleranza
obbliga il legislatore statale a ricercare nel processo di formazione
delle proprie prescrizioni una soluzione di compromesso da tutti
sostenibile. Il legislatore dello Stato di Baviera non si è ispirato
a questi criteri quando ha imposto l’obbligo di affissione di un
crocifisso in tutte le aule scolastiche delle scuole popolari, perché
ha stabilito come vincolante qualcosa che va al di là del minimo
indispensabile a che si realizzi un giusto equilibrio fra l’aspetto
positivo e quello negativo del diritto di libertà religiosa.
L’affissione di un crocifisso nelle aule supera, infatti, i confini di
ogni ammissibile orientamento religioso delle scuole statali, e quindi
contrasta con l’art. 4 Abs. della Legge fondamentale.

Accordo 16 novembre 1989

CONVENTIO INTER SANCTAM SEDEM ET REM PUBLICAM MELITENSEM AD APTIUS INSTITUTIONEM ET EDUCATIONEM RELIGIOSAM CATHOLICAM IN SCHOLIS ISTIUS REI PUBLICAE ORDINANDAM. ACCORDO TRA LA REPUBBLICA DI MALTA E LA SANTA SEDE PER MEGLIO ORDINARE L’ISTRUZIONE E L’EDUCAZIONE RELIGIOSA CATTOLICA NELLE SCUOLE STATALI Firmato il 16 novembre 1989 Pubblicato in AAS 90 (1998), pp. 30-41 La […]