Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 19 ottobre 2007, n.22011

La declaratoria di esecutività della sentenza del Tribunale
ecclesiastico il quale abbia pronunciato la nullità del matrimonio
concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno
dei bona matrimonii, postula che tale divergenza unilaterale tra
volontà e dichiarazione sia stata manifestata all’altro coniuge, o
che sia stata da questo in effetti conosciuta, o infine che non gli
sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso
che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione
trova ostacolo nella contrarietà all’ordine pubblico italiano, nel
cui ambito va compreso il principio fondamentale di tutela della buona
fede e dell’affidamento incolpevole. Peraltro, se, da un lato, il
giudice italiano è tenuto ad accertare la conoscenza o l’oggettiva
conoscibilità dell’esclusione anzidetta da parte dell’altro coniuge
con piena autonomia, senza limitarsi al solo controllo di legittimità
della pronuncia ecclesiastica di nullità, dall’altro, lato la
relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla
pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente
acquisiti, non essendovi luogo in fase di delibazione ad alcuna
integrazione di attività istruttoria. In questo senso, dunque, il
convincimento del giudice di merito ai fini della decisione ed, in
particolare, l’affermazione o l’esclusione, ad opera di quest’ultimo,
che la riserva mentale di uno dei coniugi relativa ad uno dei bona
matrimonii fosse conosciuta (o, comunque, conoscibile con l’uso della
normale diligenza) da parte dell’altro, costituisce – se motivata
secondo un logico e corretto iter argomentativo – statuizione
insindacabile in sede di legittimità, ove non è lecito proporre,
sotto il surrettizio profilo del preteso vizio di motivazione,
doglianze in ordine all’apprezzamento dei fatti e delle prove operato
dal giudice di merito, proponendone altri, diversi ed alternativi,
rispetto a quello censurato.

Sentenza 28 gennaio 2005, n.1822

L’esecuzione nell’ordinamento italiano delle sentenze del tribunale
ecclesiastico dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario
per esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii, trova ostacolo
nell’ordine pubblico, se tale esclusione è rimasta nella sfera
psichica del suo autore e non sia stata manifestata, oppure non sia
stata conosciuta o conoscibile dall’altro coniuge. In tal caso infatti
si verifica un contrasto con il principio inderogabile della tutela
della buona fede e dell’affidamento incolpevole, che è tuttavia
ricollegato ad un valore individuale che appartiene alla sfera di
disponibilità del soggetto ed è preordinato a tutelare questo valore
contro gli ingiusti attacchi esterni. Pertanto, al titolare di tale
diritto va riconosciuto anche il conseguente diritto di scegliere la
non conservazione del rapporto viziato per fatto dell’altra parte, in
questo caso non sussiste ostacolo alla delibazione della sentenza solo
nel caso in cui il coniuge che ignorava, o non poteva conoscere, il
vizio del consenso dell’altro coniuge chieda egli stesso l’esecuzione
alla Corte d’appello.

Sentenza 07 dicembre 2005, n.27078

Non può essere ravvisato alcun ostacolo alla delibazione allorchè il
coniuge – che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso
dell’altro – chieda la declaratoria di esecutività della sentenza
ecclesiastica, da parte della Corte d’Appello, ovvero non si opponga
alla stessa. Tale fattispecie, tuttavia, non ricorre laddove detto
coniuge si rimetta alla decisione della Corte in ordine alla
delibazione, deducendo tuttavia nel contempo di avere contratto
matrimonio ignorando la volontà dell’altro di escludere
l’indissolubilità del vincolo. In questa ipotesi, infatti, risulta
assunto un comportamento processuale incompatibile con la volontà di
rinunciare alla tutela dell’affidamento incolpevole prestata
dall’ordinamento giuridico italiano. Pertanto, pur non formulano
espressamente conclusioni contrarie alla delibazione, può
considerarsi sufficiente – ai fini dell’opposizione alla stessa –
l’avere eccepito nella comparsa di risposta il difetto delle
condizioni che avrebbero consentito di fare valere nel nostro
ordinamento il vizio connesso alla riserva mentale.

Sentenza 08 giugno 2005, n.12010

In tema di delibazione delle sentenze matrimoniali ecclesiastiche, la
presunta violazione dell’articolo 6, par. 1 della Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo non può essere proposta per la prima
volta in sede di ricorso in Cassazione, qualora tale censura non sia
stata già compresa nel tema del decidere del giudizio d’appello
(Cassazione, 5150/03, 194/02, 10902/01). Nè detta questione risulta
rilevabile d’ufficio, in quanto attinente alle modalità di un
giudizio svoltosi davanti a tribunali diversi da quelli dello Stato, i
cui eventuali vizi debbono essere dedotti e provati ai sensi dei nn. 2
e 3, del comma 1 dell’articolo 797 Cpc, il quale risulta connotato
da ultrattività in subiecta materia (Cassazione, 8764/03), nonostante
l’avvenuta abrogazione (articolo 73, legge 218/95), perché
espressamente richiamato dall’articolo 4, lett. b) del Protocollo
addizionale all’Accordo 18 febbraio 1984 fra la Repubblica Italiana
e la Santa sede, ratificato con legge 121/85. Al giudice d’appello
è inoltre inibito, in sede di delibazione della sentenza dichiarativa
della nullità matrimoniale per simulazione del consenso, il riesame
del merito del materiale probatorio acquisito nel giudizio
ecclesiastico circa l’effettiva esistenza della riserva mentale
(Cassazione, 4311/99, 2325/99, 2330/94), dovendo altresì quest’ultimo
motivare – in ordine alla conoscenza o conoscibilità di essa da parte
dell’altro coniuge – sulla base delle risultanze emergenti dalla
sentenza delibanda.

Sentenza 02 settembre 1997, n.8386

In sede di delibazione, il giudice adito ha la facoltà di apprezzare
i fatti e le prove, emerse innanzi al tribunale ecclesiastico, per
trarne il proprio convincimento ai fini della decisione; pertanto,
l’esclusione, da parte del medesimo, che la riserva mentale realtiva
ad uno dei bona matrimonii fosse conosciuta o comunque conoscibile da
parte dell’altro, pur pervenendo a soluzione opposta rispetto a quella
della delibanda pronuncia, costituisce – se motivata secondo un logico
e corretto iter argomentativo – statuizione insindacabile in sede di
giudizio di legittimità. In tale occasione, infatti, non è lecito
proporre, sotto il surrettizio profilo del preteso vizio di
motivazione, doglianze in ordine all’apprezzamento dei fatti e delle
prove, operato dal giudice di merito, proponendone altri, diversi ed
alternativi, a quello censurato.

Sentenza 07 marzo 1998, n.2530

Nel giudizio di delibazione della sentenza del tribunale ecclesiastico
dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per
esclusione unilaterale di uno dei “bona matrimonii”, l’indagine sulla
conoscenza o conoscibilità, da parte dell’altro coniuge, della
suddetta riserva mentale, deve essere condotta con esclusivo
riferimento alla delibanda pronuncia ed agli atti del processo
canonico prodotti, restando esclusa la possibilità di una loro
eventuale integrazione per effetto del compimento di una ulteriore
istruttoria in sede di delibazione.

Sentenza 13 maggio 1998, n.4802

In sede di delibazione, l’accertamento rimesso al giudice italiano
della conoscenza o della conoscibilità dell’esclusione, da parte di
uno dei coniugi, di uno dei bona matrimonii, deve essere condotto sul
fondamento di elementi obiettivi di prova acquisiti nel processo
ecclesiastico, essendo detto giudice vincolato al contenuto della
sentenza ecclesiastica, quanto ai fatti che in essa risultano
accertati, ma non in ordine ai principi applicati circa la prova della
simulazione; il primo giudizio, infatti, è diretto ad accertare la
sussistenza della “voluntas simulandi” del coniuge, mentre il secondo
deve verificare il profilo – irrilevante nella disciplina canonica del
matrimonio – dela conoscenza o della conosciblità della riserva
unilaterale.

Sentenza 12 luglio 2002, n.10143

La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della
nullità del matrimonio concordatario – per esclusione da parte di uno
soltanto dei coniugi di uno dei bona matrimonii – trova ostacolo
nell’ordine pubblico, nel caso in cui detta esclusione sia rimasta
nella sfera psichica del suo autore, in quanto non manifestata, nè
comunque conosciuta o conoscibile dall’altro coniuge in forza
dell’inderogabile principio della tutela della buona fede e
dell’affidamento incolpevole. Non acquista, invece, rilievo, ai fini
della delibazione, la circostanza che i coniugi abbiano convissuto
successivamente alla celebrazione del matrimonio – circostanza che, a
norma dell’art. 123, comma 2, c.c., rende improponibile l’azione di
impugnazione del matrimonio per simulazione – in quanto la citata
disposizione codicistica non si configura come espressione di principi
e regole fondamentali con i quali la Costituzione e le leggi dello
Stato delineano l’istituto del matrimonio.

Sentenza 29 aprile 2004, n.8205

La delibazione di sentenza ecclesiastica, dichiarativa della nullità
del matrimonio, per esclusione di uno dei “bona matrimoni”, da
parte di uno dei nubendi, è impedita – per contrasto con l’ordine
pubblico interno – dal fatto che tale riserva non sia conosciuta, o
non sia conoscibile mediante normale diligenza, dall’altro coniuge; in
tali ipotesi, infatti, risulta leso il principio – essenziale ed
inderogabile nell’ordinamento italiano – di buona fede e di
affidamento incolpevole nella validità del negozio. Per valutare la
sussistenza o l’insussistenza dell’asserito contrasto fra la sentenza
delibanda e l’ordine pubblico interno, in particolare, non è
richiesta la conoscenza o la conoscibilità, da parte di uno dei
nubendi, della relazione intrattenuta dall’altro con persona estranea,
ma soltanto la conoscenza o la conoscibilità della riserva del
partner sul “bonum fidei”: riserva che può concepirsi anche in
mancanza di qualsiasi rapporto attuale con persona estranea alla
coppia e che, per converso, può mancare nonostante l’attualità di
una relazione con persona estranea.

Sentenza 07 aprile 2000, n.4387

Cassazione. Prima Sezione Civile. Sentenza 7 aprile 2000, n. 4387 (A. Rocchi; M.R. Morelli) MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Secondo la M. – che svolge tali considerazioni nell’unico motivo della sua impugnazione, con cui denuncia “errata applicazione di norme di diritto” – la decisione rotale non poteva essere dichiarata efficace nel nostro ordinamento, per non essere […]