Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 24 giugno 1994

Le norme del Real Decreto 1006/1991 che rinviano al disposto degli
Accordi con le confessioni religiose per la disciplina degli
insegnamenti religiosi relativi alla Scuola Primaria, sono conformi al
diritto in quanto attuative del dettato della Disposizione Addizionale
II, della LOGSE (Ley Organica de Ordenación General del Sistema
Educativo, 3 ottobre 1990). Tale disposizione, non esaurisce la
applicazione specifica del diritto costituzionale dei genitori a che i
pubblici poteri garantiscano la formazione religiosa e morale dei
figli conformemente alle loro convinzioni (art. 27, comma 3 Cost.); la
tutela di questo diritto, infatti, si realizza indirettamente
attraverso la garanzia di altri diritti costituzionali, ed ha inoltre
espressa menzione nella Legge Organica 3 luglio 1985, nº 8 (art. 18,
comma 1). Le norme del Real Decreto 1006/1991 che rinviano al disposto
degli Accordi con le confessioni religiose per la disciplina degli
insegnamenti religiosi relativi alla Scuola Primaria, oltre ad
osservare il mandato costituzionale di cooperazione con le Chiese
(art. 16, comma 3 Cost.), non violano la riserva di Legge Organica
relativa allíattuazione dei diritti fondamentali in quanto
applicative del dettato della Disposizione Addizionale II, della LOGSE
(Ley Organica de Ordenación General del Sistema Educativo, 3 ottobre
1990). Tale disposizione è legittima posto che la Costituzione
ammette che i Trattati possano avere ad oggetto i diritti e i doveri
fondamentali, quando vi sia líautorizzazione delle Corti Generali,
come nel caso degli Accordi con la Santa Sede e con le altre
religioni; un Accordo o Trattato non è imposizione di uno Stato
Straniero, ma esercizio della sovranità nazionale.

Parere 30 luglio 1993, n.850

Le fondazioni, il cui elemento costitutivo è un patrimonio destinato
a uno scopo non lucrativo (nella specie l’animazione e la formazione
cristiana nel mondo dell’assistenza sociale in favore degli
emarginati e dei portatori di handicap), appartengono alla categoria
degli enti amministrativi, che hanno al vertice della loro
organizzazione un gruppo di soggetti titolari di un ufficio privato
tenuti a gestire l’ente nell’esclusivo interesse di questo. Ne
discende che i fondatori possono riservarsi la nomina degli
amministratori per meglio garantirsi circa il perseguimento dello
scopo che si propongono di raggiungere attraverso la fondazione. La
sottoposizione degli atti del consiglio di amministrazione alla
ratifica di un soggetto esterno alla fondazione, come la Conferenza
Episcopale Regionale, è una limitazione illegittima all’autonomia
della fondazione, che è necessario rimuovere dallo statuto per
ottenerne l’approvazione.

Sentenza 25 gennaio 1996, n.96

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano a conoscere delle cause
di invalidità dei matrimoni contratti da cittadini italiani secondo
le norme canoniche in quanto non è possibile, secondo una
interpretazione letterale o sistematica, individuare nel testo del
Concordato, come modificato dall’Accordo di revisione del 1984,
nessuna norma che preveda la riserva di giurisdizione in favore dei
tribunali ecclesiastici. É inammissibile la domanda di nullità di un
matrimonio concordatario alla stregua dell’art. 122, 2º comma cod.
civ. quando l’azione è proposta dal coniuge che ha indotto
l’altra parte in errore ed al quale per tale motivo, non spetta la
legittimazione attiva.

Sentenza 07 gennaio 1995, n.14

A seguito dell’Accordo del 18 febbraio 1984 (Legge n. 121/85) è
venuta meno la “riserva” della giurisdizione ecclesiastica in materia
di nullità del matrimonio, con la conseguenza che per tali
controversie sussistono tanto la giurisdizione italiana quanto la
giurisdizione ecclesiastica, le quali concorrono secondo il criterio
della prevenzione. Tale criterio, tuttavia, se trova fondamento
testuale nella normativa in tema di delibazione, non riceve analogo
sostegno nel caso di cognizione diretta del giudice italiano;
pertanto, in via di principio, non può essere esclusa la
giurisdizione dello Stato neppure dalla pendenza davanti ad un giudice
straniero della medesima causa o di altra con questa connessa alla
stregua di quanto dispone l’art. 3 c.p.c. Venuta meno la
giurisdizione esclusiva dei tribunali ecclesiastici per le cause di
nullità del matrimonio concordatario, la parte interessata, nel
proporre tale domanda davanti al giudice italiano, potrà
elettivamente dedurre in via alternativa o cumulativa l’applicazione
delle norme che disciplinano la validità del vincolo matrimoniale
alla stregua dell’uno o dell’altro ordinamento, con il limite, per
quanto riguarda l’ordinamento canonico, derivante dal disposto
dell’art. 31 disp. prel. c.c. Deve essere dichiarata la nullità del
matrimonio canonico con effetti civili a norma dell’art. 122, 2º e
3º comma, punto 1, c.c., nel caso in cui sia accertato che il
consenso di una delle parti è stato prestato per effetto di errore
essenziale sull’impotenza coeundi dell’altra parte, conosciuta
soltanto dopo la celebrazione del matrimonio.

Sentenza 21 luglio 1993, n.657

Nel giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità
del matrimonio per esclusione unilaterale di uno dei “bona matrimonii”
l’indagine sul limite di compatibilità con l’ordine pubblico non
può arrestarsi alla verifica della mancanza di una manifestazione
espressa della riserva, ma deve spingersi ad accertare se questa fosse
o potesse essere conosciuta dall’altro coniuge con l’uso della
normale diligenza. Ai fini della delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio per simulazione unilaterale
del consenso, la verifica di compatibilità con l’ordine pubblico
deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronunzia
delibanda e agli atti del processo canonico, ma con la possibilità di
utilizzare tali atti al solo scopo di superare eventuali dubbi di
interpretazione della pronunzia medesima. In sede di delibazione di
sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio inammissibile la
domanda riconvenzionale di risarcimento del danno – che non possa
essere giuridicamente qualificata come di assegno provvisorio ex art.
8 n. 2 l. 25 marzo 1985 n. 121 – in quanto la speciale competenza per
materia della Corte d’appello in unico grado non può attrarre
quella sulle questioni patrimoniali anche eventualmente connesse.

Sentenza 05 febbraio 1993, n.1470

L’art. 14 lett. m) r.d.l. 15 maggio 1946 n. 455 (statuto regione
Sicilia) convertito in l. cost. 26 febbraio 1948 n. 2,
sull’attribuzione alla regione Sicilia della competenza esclusiva in
materia di pubblica beneficenza ed opere pie, ed il successivo art.
20, il quale dispone che il presidente e gli assessori regionali
svolgono nella regione le funzioni esecutive ed amministrative
concernenti, tra l’altro, la suindicata materia, non hanno
attribuito alla regione siciliana la competenza amministrativa ad
autorizzare le opere pie a conseguire legati, poiché l’anzidetta
autorizzazione, finalizzata ad impedire il formarsi della cosiddetta
manomorta ed a proteggere i diritti dei successibili, inerisce al
regime comune a tutte le persone giuridiche (art. 17 c.c.), quali che
ne siano la natura e gli scopi istituzionali, così giustificandosi la
riserva allo stato della relativa competenza, come previsto
dall’art. 3 n. 5 d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 9 per le regioni a
statuto ordinario, con disposizione estensibile a tutte le regioni,
quindi anche alla regione siciliana; peraltro, il mutamento di
disciplina, successivamente introdotto dall’art. 15 d.p.r. 24 luglio
1977 n. 616, che ha trasferito alle regioni, in relazione agli enti da
esse dipendenti, e delegato alle medesime, in relazione alle persone
giuridiche private, l’esercizio delle funzioni amministrative
concernenti l’acquisto di immobili, l’accettazione di donazioni e
di eredità e l’acquisto di legati, non avendo efficacia
retroattiva, non riguarda le autorizzazioni risalenti a data
anteriore.*

Sentenza 29 novembre 1993, n.421

Nell’Accordo del 18 febbraio 1984, con cui lo Stato italiano e la
Chiesa cattolica hanno convenuto modifiche al Concordato lateranense
del 1929, la riserva di giurisdizione a favore dei tribunali
ecclesiastici per le cause di nullita’ dei matrimoni canonici
trascritti, seppur non prevista in modo espresso, e’ assunta –
coerentemente con il principio di laicita’ dello Stato – quale logico
corollario del sistema matrimoniale recepito dall’Accordo, nel quale
sono riconosciuti effetti civili, mediante trascrizione, ai matrimoni
contratti per libera volonta’ delle parti secondo le norme del diritto
canonico, e da tale ordinamento disciplinati nel loro momento
genetico. Percio’, la giurisdizione ecclesiastica “esclusiva” – lungi
dall’essere venuta meno – va ricondotta all’art. 8 dell’Accordo e al
punto 4 del contestuale Protocollo addizionale, i quali regolano
interamente la materia matrimoniale nei connessi aspetti sostanziale e
processuale, attribuendo peraltro piu’ penetranti poteri al giudice
italiano in sede di delibazione delle sentenze ecclesiastiche di
nullita’.

Sentenza 06 dicembre 1973, n.176

In presenza di situazioni consistenti nel diritto ad un mutamento
giuridico non realizzabile se non attraverso una pronunzia costitutiva
del giudice, la questione se l’attribuzione ai tribunali statali di
giudicare delle cause di cessazione degli effetti civili dei matrimoni
canonici c. d. “concordatari” (art. 2 della legge 1 dicembre 1970, n.
898) sia o meno compatibile con la riserva ai tribunali e dicasteri
ecclesiastici della competenza a conoscere delle cause di nullita’ del
predetto matrimonio, nonche’ della dispensa dal matrimonio rato e non
consumato (art. 34 Concordato in relazione agli artt. 7 e 138 Cost.)
deve intendersi logicamente ricompresa in quella, piu’ vasta, gia’
risolta con la sent. n. 169 del 1971 della Corte costituzionale.