Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 28 marzo 2013, n.137

Con la presente ordinanza il T.A.R. Lombardia-Brescia ha sospeso
cautelarmente il provvedimento del Comune di Gorle, del 23 novembre
2012, prot. n. 12013
[/areetematiche/documenti/documents/prot.12013.pdf], con cui – ai
sensi dell’art. 31, comma 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – è
stata trascritta nei registri immobiliari l’acquisizione di diritto
gratuita, in favore del predetto Comune, di un immobile, di proprietà
della Comunità Evangelica Christ Peace And Love, utilizzato quale
luogo di culto. Il provvedimento sospeso costituirebbe, altresì,
titolo per l’immissione nel possesso dello stesso immobile da parte
dell’Amministrazione Comunale, anche con l’ausilio della Forza
Pubblica. Il provvedimento amministrativo impugnato è stato adottato
all’esito di un procedimento il cui avvio era stato comunicato con
nota del 14 settembre 2012, prot. n. 9369
[/areetematiche/documenti/documents/prot.9369.pdf]. Nel motivare
l’ordinanza, il Collegio ha richiamato l’art. 15 della legge n.
520/95, di approvazione dell’Intesa con la CELI, in virtù del quale
«gli edifici aperti al culto della CELI e delle sue Comunità,
nonché le loro pertinenze, non possono essere occupati, requisiti,
espropriati o demoliti se non per gravi ragioni e previo accordo del
decano della CELI e dell’organo responsabile della sua Comunità
interessata» (c. 1) nonché «salvi i casi di urgente necessità, la
forza pubblica non può entrare, per l’esercizio delle sue funzioni,
in tali edifici senza averne dato previo avviso e preso accordi con il
ministro di culto responsabile dell’edificio» (c.2). In precedenza
la Comunità Evangelica Christ Peace And Love aveva impugnato,
chiedendone la sospensione cautelare, l’ordinanza n. 35/11 del
Comune di Gorle del 10 giugno 2011 con cui era stato ingiunto il
ripristino dello stato dei luoghi, con dismissione dell’attività
non autorizzata. Con ordinanza, dapprima dello stesso TAR
Lombardia-Brescia (ordinanza 10 novembre 2011, n. 847
[/areetematiche/documenti/documents/ord.847-11.pdf]) e successivamente
del Consiglio di Stato (VI Sezione, ordinanza 15 febbraio 2012, n. 646
[/areetematiche/documenti/documents/ord.646-12.pdf]), l’istanza
incidentale era stata rigettata, avendo ritenuto l’Alto Consesso che
difettassero i presupposti, «tenuto conto dell’assenza di titolo
abilitativo per l’intervenuto mutamento di destinazione d’uso di
un capannone.
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Si ringrazia per la segnalazione del documento e la stesura del
relativo Abstract il dr. Mattia F. Ferrero dell’Università Cattolica
del Sacro Cuore di Milano. Si ringrazia inoltre l’avvocato Paolo
Bendinelli del Foro di Bergamo per la cortese collaborazione prestata.

Sentenza 28 dicembre 2009, n.6226

L’art. 52, comma 3-bis, della legge regionale 11 marzo 2005 n. 12
(Legge sul governo del territorio) stabilisce che “I mutamenti di
destinazione d’uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione
di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e
luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di
costruire”. Questa previsione, essendo stata introdotta dalla legge
regionale 14 luglio 2006 n. 12 (art. 1, comma 1, lett. m), non è
tuttavia applicabile prima di tale data. (Nel caso di specie, viene
pertanto accolto il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza con cui
veniva ingiunta la demolizione di opere abusive ed il ripristino della
destinazione d’uso artigianale di un immobile successivamente
destinato a luogo di culto).

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In OLIR.it
Consiglio Stato  sez. IV.  Sentenza 27 novembre 2010, n. 8298
[https://www.olir.it/documenti/index.php?argomento=&documento=5547]:
“Esercizio del diritto di culto e normativa urbanistica” (II grado).

Sentenza 27 luglio 2010, n.4915

Ai sensi dell’art. 107, comma 5, della L.P. n. 13 del 1997 gli
impianti per la raccolta, conservazione e lavorazione di prodotti
agricoli e le aziende zootecniche industrializzate esistenti nel verde
agricolo non possono essere adibiti ad altre destinazioni, salvo che
tutta l’area asservita all’impianto venga destinata nel piano
urbanistico comunale a zona per insediamenti produttivi o a zona
residenziale o ad opere o impianti di pubblico interesse. Finché non
è intervenuto il cambiamento di destinazione d’uso nel piano
urbanistico comunale le costruzioni non possono essere utilizzate per
altre attività che per quelle per le quali sono state realizzate.
Posto tale divieto nella normativa vigente sin dal 1980, in assenza di
prova circa la preesistenza di diversa destinazione di un edificio, si
incorre nel divieto in questione (Nel caso di specie, veniva respinto
il ricorso del proprietario di un immobile, adibito in parte a luogo
di culto musulmano, che asseriva come il cambio della destinazione
d’uso di tale edificio fosse avvenuto del tutto legittimamente,
essendo detta attività di culto ricomprendibile nell’ambito
dell’attività terziaria svolta, già prima del 1992, in tale
edificio).

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In OLIR.it: TAR Trentino Alto Adige – Sezione Autonoma per la
Provincia di Bolzano. Sentenza 30 marzo 2009, n. 116 (I grado)
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4975]

Sentenza 30 marzo 2009, n.116

L’art. 107, comma 5, della legge provinciale n. 13 del 1997 – così
come la normativa previgente (cfr. l’art. 95, comma 5, del TU delle
leggi urbanistiche provinciali, approvato con DPGP 26 ottobre 1993, n.
38, l’art. 16 della legge provinciale 23 giugno 1992, n. 21 e, ancor
prima, l’art. 42, comma 5, del TU approvato con DPGP 23 giugno 1970,
n. 20, come sostituito dall’art. 8 della legge provinciale 24
novembre 1980, n. 34) – prevede il divieto di cambiamento di
destinazione d’uso degli impianti per la raccolta, conservazione e
lavorazione di prodotti agricoli, in assenza di una diversa
destinazione d’uso di tutta l’area nel piano urbanistico
provinciale. Posto tale divieto, sin dal 1980, può dunque essere
disposto il ripristino dello stato dei luoghi nel caso di avvenuto
acceramento del cambio di destinazione d’uso di un edificio da
“commercio all’ingrosso di prodotti agricoli” a “deposito e
conservazione di frutta per conto di terzi” (nel caso di specie,
veniva respinto il ricorso del proprietario di un immobile, adibito in
parte a luogo di culto musulmano, che asseriva come il cambio della
destinazione d’uso di tale edificio fosse avvenuto del tutto
legittimamente, essendo detta attività di culto ricomprendibile
nell’ambito dell’attività terziaria svolta, già prima del 1992,
in tale edificio).

Ordinanza 27 marzo 2008

Non sussiste fumus boni iuris in ordine alla domanda inibitoria
relativa all’apertura del sepolcro (poi trasformata in richiesta di
ripristino dello stato dei luoghi) e alla esposizione delle spoglie di
San Padre Pio, fondata su di una disposizione testamentaria di
carattere non patrimoniale rivolta al Sindaco di San Giovanni Rotondo.
In tale disposizione testamentaria appare, infatti, inequivocabile la
volontà dello scrivente di sottoporsi “alla volontà dei Superiori”
ed, in particolare, la manifestazione del proprio “desiderio” che, in
assenza di opposizione dei Superiori, le sue spoglie fossero composte
“in un tranquillo cantuccio di questa terra”. Ritiene, pertanto, il
giudicante che il dichiarante abbia effettuato espressione di un mero
“desiderio” e non già di una vera e propria disposizione non
patrimoniale di ultima volontà, con conferimento di un vero e proprio
mandato ad un preciso soggetto giuridico: a sostegno di tale
conclusione devono, infatti, essere considerate le modalità di
espressione della manifestazione di volontà dell’assunto testatore,
il contesto nel quale è inserita l’espressione, il notevole lasso di
tempo intercorso tra il momento dell’effettuazione della dichiarazione
e il momento della morte del testatore, avvenuta nel 1968
(quarantacinque anni dopo), la mancata indicazione precisa del
soggetto mandatario e la mancanza di indicazione del luogo preciso in
cui doveva essere effettuata la sepoltura. Inoltre, ove pure voglia
essere ritenuta la natura di testamento della espressione riportata,
deve comunque essere dato rilievo all’espressa manifestazione di
volontà di Padre Pio di sottoporsi alta volontà dei “Superiori”,
posto che le disposizioni testamentarie devono essere interpretate
cercando di ricostruire la volontà effettiva del de cuius.