Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 15 dicembre 2005

L’art. 8, della legge n. 848 del 27 maggio 1929 dispone che Comuni e
Province, ai quali siano stati concessi i fabbricati dei conventi
soppressi in virtù dell’art. 20, della legge n. 3036 del 7 luglio
1866, ne rilascino gratuitamente “una congrua parte”, se non sia stata
già riservata all’atto della cessione o rilasciata posteriormente,
da destinarsi a rettoria della chiesa annessa, quando quest’ultima sia
stata conservata al pubblico culto. Al riguardo sono riconducibili
nelle nozione di rettorie non solo i locali adibiti ad ufficio
amministrativo o ad abitazione del clero e dei religiosi, ma anche
quelli utilizzati per le opere connesse al culto che nella chiesa si
celebra. Tale destinazione a rettoria dev’essere accertata in concreto
attraverso un’adeguata istruttoria, tenendo conto delle effettive
esigenze manifestate dalla Parrocchia interessata in relazione anche
all’entità quantitativa e qualitiva dei fabbricati, facenti parte
del convento soppresso, a suo tempo ceduti al Comune.

Sentenza 18 ottobre 2002

Sono riconducibili alla nozione di rettorie, in senso stretto, non
solo i locali adibiti ad ufficio amministrativo o ad abitazione dei
ministri di culto, ma anche quelli utilizzati per le opere connesse al
culto che nella chiesa si celebra. Al riguardo, non sussiste un
diritto soggettivo della Parrocchia ad ottenere la retrocessione
dell’immobile ex conventuale, considerato la previsione legislativa
della cessione o ripartizione di una congrua parte del fabbricato –
contenuta nelle disposizioni concordatarie – implica una valutazione,
da parte dell’Amministrazione, improntata a discrezionalità, di
fronte alla quale non possono che esistere posizioni di interesse
legittimo. Il provvedimento da assumere deve, dunque, essere
adeguatamente istruito e motivato, secondo i canoni d’imparzialità
e ragionevolezza, avuto riguardo alla situazione di fatto accertata ed
alle esigenze manifestate dal soggetto considerato dalla legge come
portatore della pretesa tutelata.

Sentenza 12 luglio 2004, n.5059

Ai fini dell’applicazione dell’art. 73 della legge 20 maggio 1985, n.
222, relativo al rilascio, da parte dei Comuni, di congrui locali, dei
fabbricati dei Conventi soppressi, da destinare a rettoria della
chiesa annessa, sono riconducibili nella nozione di rettoria in senso
stretto non solo i locali adibiti ad ufficio amministrativo e ad
abitazione del clero o dei religiosi. Infatti, considerato che
l’art. 16, lett. a), della legge n. 222 del 1985, stabilisce che si
qualificano come attività di religione o di culto quelle dirette
all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla formazione del
clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi ed
all’educazione cristiana, si può affermare che l’esercizio del
culto trova il proprio necessario complemento e naturale prolungamento
nella cura delle anime, intesa come azione pastorale; pertanto, sono
riconducibili nella nozione di rettorie, in senso stretto, non solo i
locali suddetti, ma anche quelli utilizzati per le opere connesse al
culto che nella chiesa si celebra, quali iniziative associative,
pastorali, di animazione spirituale, di catechesi ed apostolato (nel
caso di specie, il consiglio comunale, nell’escludere la
retrocessione di locali da destinarsi ad uso rettoria, annessi a
chiesa ex conventuale, non conduceva alcun accertamento volto a
dimostrare che fosse già stata consegnata “la congrua parte… ad
uso di rettoria”, di cui all’art. 8 della legge 27 maggio 1929, n.
848”, con conseguente illegittimità per carenza di istruttoria e
difetto di motivazione della deliberazione comunale de qua)

Sentenza 09 gennaio 2004

La cura delle anime, intesa come azione pastorale, rappresenta il
completamento necessario, oltre che il naturale prolungamento, del
culto; l’art. 16, lett. a), della legge n. 222 del 1985, afferma,
infatti, che si considerano attività di religione o di culto quelle
dirette “all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla
formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla
catechesi, all’educazione cristiana”. Sono pertanto riconducibili
nella nozione di rettoria, in senso stretto, non solo i locali adibiti
ad ufficio amministrativo o ad abitazione dei predetti soggetti, ma
anche quelli utilizzati per le opere connesse al culto che nella
chiesa si celebra.

Sentenza 01 ottobre 1997, n.9585

Non attine all’isituto dell’accessione invertita il caso in cui
l’opera, consistente in un edificio di culto non equiparabile ad
un’opera pubblica, sia stata costruita dopo l’emanazione di un
legittimo provvedimento espropriativo, il quale – secondo quanto
disposto dagli artt. 13 e 62 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 –
mantiene la propria validità ed efficacia nonostante la scadenza dei
termini per il completamento dell’opera; in tale caso l’espropriante
conserva la proprietà del bene espropriato fino all’emanzaione della
sentenza di retrocessione ed acquisisce, perciò, la proprietà
dell’opera edificata dopo la scadenza dei termini, all’uopo fissati,
in quanto proprietario del suolo.

Sentenza 05 maggio 1993, n.298

Da un’interpretazione sistematica dell’art. 8 L. 27 maggio 1929 n.
848, tuttora in vigore per effetto dell’art. 73 L. 20 maggio 1985 n.
222, si evince che il Comune ha l’obbligo giuridico di pronunciarsi
sulla domanda di retrocessione gratuita di parte degli ex conventi,
soppressi da leggi eversive dei beni ecclesiastici, da destinarsi a
rettoria della chiesa annessa, fermo restando comunque un margine in
capo al Comune di valutazione discrezionale finalizzato ad
individuare, nell’interesse pubblico, la congruità della parte
dell’ex bene conventuale da rilasciare; pertanto, le controversie
relative alla retrocessione di cui all’art. 8 cit. rientrano nella
giurisdizione del giudice amministrativo. Una volta che il Comune
abbia assolto l’obbligo di pronunciarsi ai sensi dell’art. 8 L. 27
maggio 1929 n. 848 – che sancisce l’obbligo dei Comuni e delle
Province, cui siano stati ceduti i fabbricati dei conventi soppressi
da leggi eversive di beni ecclesiastici, di rilasciarne gratuitamente
una congrua parte da destinarsi a rettoria della chiesa annessa – la
retrocessione s’intende perfezionata ove tra il Comune stesso e
l’Ente ecclesiastico richiedente sussista pieno accordo in ordine
all’an ed al quantum della congrua parte dei beni conventuali da
rilasciare; viceversa, ove tra il Comune e l’Ente ecclesiastico
sorgano contrasti sull’an o sul quantum dei beni da retrocedere, sul
relativo contenzioso è chiamata a decidere con proprio provvedimento,
ai sensi dell’art. 15 R.D. 2 dicembre 1929 n. 2262, l’Autorità
governativa (oggi Ministro dell’interno).

Sentenza 26 luglio 1995, n.190

L’art. 73 della legge 20 maggio 1985, n. 222, nello stabilire, in
materia di retrocessione di congrui locali annessi alle chiese ex
conventuali da destinarsi ad uso rettoria per le opere di culto e di
religione, che “le cessioni e ripartizioni in quanto non ancora
eseguite, continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni
vigenti”, conferisce ultrattività alla disposizione dell’art. 8
della legge 27 maggio 1929, n. 848 senza in nulla innovarla, essendo
finalizzata più che al rilascio dei beni, inteso come passaggio del
possesso (onere quasi completamente assolto), a favorire gli atti
negoziali di cessione dei beni (atti raramente formalizzati).”La
congrua parte… ad uso di rettoria” di cui all’art. 8 della legge
27 maggio 1929, n. 848 va identificata nei locali strettamente
necessari per le funzioni propriamente amministrative di competenza
delle chiese (attualmente enti parrocchie) nonché nei locali per
alloggio degli officianti e del personale in genere addetto alle
attività della chiesa; tale essendo il significato tecnico di
rettoria, non può essere utilizzato per indicare ulteriori attività
e iniziative delle parrocchie (iniziative associative, pastorali, di
animazione spirituale, di catechesi, di apostolato) che pur connesse
lato sensu al concetto di culto, non rientrano nelle funzioni
istituzionali dell’ente chiesa.