Sentenza 17 marzo 2006, n.9381
L’art. 3 del decreto legge n. 122/93, convertito nella legge n.
205/93, prevede un aggravamento di pena sino alla metà, per i reati
commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale
razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di
organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, che hanno tra i loro
scopi le medesime finalità. In particolare, l’accertamento di tali
finalità non richiede autonoma verifica dell’elemento psicologico
rispetto a quanto necessita l’accertamento di responsabilità ai
sensi dell’art. 43 c.p., nè sono possibili graduazioni a seconda
che il fatto costitutivo di reato affermi nell’accezione comune
disuguaglianza sociale o giuridica (discriminazione), o si rapporti
invece all’identità nazionale, etnica, razziale o religiosa, quale
ragione di conflitto tra persone (odio). Nella fattispecie
dell’ingiuria, se il fatto consiste nell’uso di una particolare
locuzione, questa necessita dell’apprezzamento semantico della
combinazione degli elementi del linguaggio. Poiché, nel caso di
specie, l’univocità semantica implica il riconoscimento
dell’ulteriore disvalore di legge proprio per la sua valenza
discriminatoria o di conflittualità apodittica in ragione di
diversità dell’offeso, la verifica del fatto, che abbia indotto il
giudice ad escludere giustificazione al reato (per es. ai sensi
dell’art. 599 c.p.), dà conto dell’aggravante di cui all’art. 3
della legge n. 205/93.