Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 novembre 1985

A norma del paragrafo 1 del protocollo addizionale all’Accordo di
modificazione del Concordato lateranense, recepito con la legge di
ratifica ed esecuzione del 25 marzo 1985, n. 121, non è più in
vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi,
della religione cattolica come religione dello Stato italiano;
conseguentemente, sono venuti meno tutti quei reati, come quello
previsto dall’art. 724 del codice penale o dall’art. 402 dello
stesso codice, che puniscono esclusivamente le offese a tale
religione.

Sentenza 27 marzo 1992

Il principio della religione cattolica come sola “religione dello
Stato” consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848 e
riaffermato dall’art. 1 del Trattato fra la Santa Sede e l’Italia
11 febbraio 1929, è stato abolito in seguito alla sostituzione dello
Statuto albertino con la Costituzione repubblicana e non già con
l’entrata in vigore della legge 25 marzo 1985, n. 121 (ratifica ed
esecuzione dell’Accordo, con protocollo addizionale, fra la
Repubblica italiana e la Santa Sede). Ne consegue che la disposizione
di cui all’art 1 del protocollo addizionale alla legge 25 marzo
1985, n. 121, che ha considerato non più in vigore il principio
“della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano”,
non ha inciso sull’ambito di operatività dell’art. 724, 1 comma,
cod. pen., dal momento che tale ultima norma tende non già a tutelare
il sentimento religioso, ed in particolare quello cattolico, bensì a
proteggere il buon costume contro i comportamenti pubblici volgari e
sconvenienti, tenuti in presenza di due o più persone, e fa oggetto
della sua previsione il dato sociologico che l’uso del bestemmiare
in Italia concerne normalmente (o per meglio dire, esclusivamente)
oltre alla divinità, le persone ed i simboli della religione
cattolica.

Sentenza 04 febbraio 1963

Oggetto specifico della tutela penale in ordine ai reati previsti
dagli articoli 402, 403, 404 e 405 del codice penale è il pubblico
interesse di proteggere la religione cattolica apostolica romana,
quale istituzione dello Stato, considerata in se stessa, nelle sue
credenze fondamentali, indipendentemente dalle sue manifestazioni
esteriori, diversamente da quanto è stabilito per i culti ammessi
nello Stato. Costituisce vilipendio della religione dello Stato il
riportare su manifestini a stampa, poi affissi, brani isolati di
chiare e ortodosse affermazioni di fede degli Apostoli, di Evangelisti
e di Padri della Chiesa, in tale guisa che il loro genuino significato
possa essere facilmente frainteso, e il voler determinare chi legge a
non dare assolutamente credito alla Chiesa Cattolica, la quale avrebbe
creato una religione del tutto estranea al vero Cristianesimo avendone
tradito lo spirito e l’essenza, insinuando tra l’altro
nell’animo dei lettori – fedeli la certezza che molti sacramenti
sarebbero stati arbitrariamente inventati dalle gerarchie
ecclesiastiche cattoliche.

Ordinanza 05 marzo 1971

Nessuna disposizione della Costituzione italiana prevede, direttamente
o indirettamente, una qualsiasi posizione di ufficialità della
religione cattolica né di una qualsiasi situazione legale di
preminenza o di privilegio o di maggior protezione di essa nei
confronti di ogni altra. L’eguale misura di protezione alle
confessioni come tali e ai singoli fedeli discende non solo dalla
lettura ma anche dallo spirito della Costituzione. La disposizione
prevista dall’art. 724, I comma, cod. pen. appresta per la sola
religione cattolica una speciale tutela penale, con evidente lesione
dei principi di uguaglianza e di libertà dei cittadini e dei culti,
sanciti dagli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione, disposizioni
queste che non pongono, invero, in favore di una determinata
religione, alcuna riserva alla pienezza dei diritti di libertà da
esse garantiti a tutti. Non è manifestamente infondata, pertanto, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 724, I comma,
cod. pen. per violazione degli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione.

Sentenza 04 giugno 1969

È manifestamente infondata la qttestione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 724, primo comma, cod. pen.,
sollevata in rapporto agli artt. 3, 7 e 8 della Costituzione. Ricorre
il reato di cui all’art. 724 cod. pen., quando la bestemmia sia
stata proferita, in presenza di varie persone, in una caserma di
carabinieri, in quanto un pubblico ufficio.

Ordinanza 03 ottobre 1980

Per la punibilità del delitto di vilipendio della religione dello
Stato considerata quale entità astratta ed indipendentemente dallo
sue manifestazioni esteriori è necessario che l’agente sia
consapevole della idoneità della sua condotta e si proponga proprio
il raggiungimento di siffatto scopo. (Nel caso di specie, il Pretore
ha peraltro assolto gli imputati in quanto non ha ritenuto sussistenti
nella fattispecie gli elementi psicologici indispensabili per ritenere
commesso il reato previsto e punito dall’art. 402 del codice penale,
e cioè sia il dolo generico, inteso come volontà libera e cosciente
nonché intenzione di commettere il fatto e sia il dolo specifico,
inteso come fine di vilipendere espressamente il patrimonio dogmatico
della religione cattolica).

Ordinanza 20 marzo 1970

Il legislatore, inserendo in bestemmia tra le contravvenzioni
concernenti la polizia dei costumi, non ha inteso tutelare la
religione cattolica, bensì solo il sentimento religioso dei cittadini
cattolici, che non deve essere turbato dall’altrui leggerezza o
cattiva educazione. L’art. 724, 1 comma, codice penale punisce non
colui che bestemmiando intenda dileggiare la religione cattolica
tramite i suoi simboli (fattispecie che configura il reato di
vilipendio previsto dall’art. 402 cod. pen.), ma solo il soggetto
che, incurante del sentimento religioso dei cattolici, inveisce contro
la Divinità e i simboli della religione da costoro professata. Tale
disciplina opera una non giustificata discriminazione tra i cittadini
poiché lascia indifeso il sentimento religioso dei cittadini
professanti altra religione diversa dalla cattolica. Si deve perciò
ritenere che la norma in questione si pone in evidente contrasto con
l’art. 3 della Costituzione.

Sentenza 13 novembre 2000, n.508

E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 402 del codice penale che
punisce con la reclusione fino a un anno “chiunque pubblicamente
vilipende la religione di Stato”, accordando una tutela privilegiata
alla sola religione cattolica, ritenuta fattore di unita’ morale della
Nazione e assunta a elemento costitutivo della compagine statale. Non
e’ infatti conforme ai principi fondamentali di uguaglianza di tutti i
cittadini senza distinzione di religione (art. 3 della Costituzione) e
di uguale liberta’ davanti alla legge di tutte le confessioni
religiose (art. 8 della Costituzione), nonche’ al “principio supremo”
di laicita’, che caratterizza in senso pluralistico la forma del
nostro Stato, l’atteggiamento di quest’ultimo non equidistante e
imparziale nei confronti di tutte le confessioni religiose e la
mancanza di parita’ nella protezione della coscienza di ciascuna
persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione di
appartenenza.

Sentenza 18 ottobre 1995, n.440

É costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 8,
primo comma, Cost., l’art. 724, primo comma, del codice penale – che
punisce con un’ammenda chiunque pubblicamente bestemmi, con invettive
o parole oltraggiose, contro la Divinità o i Simboli o le Persone
venerati nella religione dello Stato – , limitatamente alle parole: “o
i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato”, in
quanto differenzia la tutela penale del sentimento religioso
individuale a seconda della fede professata. Infatti, mentre la
bestemmia contro la Divinità può considerarsi punita
indipendentemente dalla riconducibilità della Divinità stessa a
questa o a quella religione, di guisa che, già ora, risultano
protetti dalle invettive e dalle espressioni oltraggiose tutti i
credenti e tutte le fedi religiose, senza distinzioni o
discriminazioni, la bestemmia contro i Simboli o le Persone venerati,
di cui alla seconda parte della disposizione, si riferisce
testualmente soltanto alla “religione dello Stato”, e cioè alla
religione cattolica. Alla riconosciuta violazione del principio di
eguaglianza, in presenza del divieto di decisioni additive, in materia
penale, che preclude alla Corte l’estensione della norma alle fedi
religiose escluse, consegue il suo annullamento per difetto di
generalità.

Sentenza 08 luglio 1988, n.925

Riguardo al reato di bestemmia, l’espressione “religione dello Stato”,
di cui all’art. 724 cod. pen., ha un significato non corrispondente a
quello originario, ma pur sempre sufficientemente determinabile, e,
cioè, quello – riconosciuto anche dalla Cassazione – di “religione
cattolica”, atteso che quest’ultima era la religione dello Stato
secondo la qualificazione definitivamente superata con l’entrata in
vigore della legge n. 121 del 1985, di ratifica ed esecuzione
dell’Accordo di modificazioni al Concordato Lateranense e del relativo
Protocollo addizionale. (Non fondatezza, nei sensi di cui in
motivazione, della questione di legittimità costituzionale dell’art.
724 cod. pen. , in riferimento al principio di legalità ‘ex’ art. 25,
comma secondo, Cost.).