Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 29 ottobre 1997

Sono configurabili gli estremi del reato di favoreggiamento personale
aggravato nella condotta del sacerdote che celebri Messa nel
nascondiglio di un capo mafia latitante, in tal modo consentendo al
fuggiasco di soddisfare le proprie esigenze religiose e spirituali
senza recarsi in chiesa e quindi senza esporsi al rischio di essere
sorpreso dall’autorità di polizia che lo ricerca. Sono configurabili
gli estremi del reato di favoreggiamento personale aggravato nella
condotta del sacerdote che, presentandosi spontaneamente innanzi
all’autorità di polizia per rendere dichiarazioni in merito al suo
possibile coinvolgimento nella latitanza di un noto boss mafioso, si
astenga dal rivelare il nome — pur conoscendolo — di chi lo ha
condotto presso il rifugio del ricercato.

Legge 30 ottobre 2003

Regno Unito. Female Genital Mutilation Act 2003, 2003 Chapter 31, 30 ottobre 2003. 1 (Offence of female genital mutilation) (1) A person is guilty of an offence if he excises, infibulates or otherwise mutilates the whole or any part of a girl’s labia majora, labia minora or clitoris. (2) But no offence is committed by […]

Sentenza 10 febbraio 1997, n.43

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, comma
1, 2, 19 e 21, comma 1, Cost., l’art. 8, commi 2 e 3, l. 15 dicembre
1972 n. 772 (Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza),
nella parte in cui esclude la possibilita’ di piu’ di una condanna per
il reato di chi, al di fuori dei casi di ammissione ai benefici
previsti dalla legge suddetta, rifiuta, in tempo di pace, prima di
assumerlo, il servizio militare di leva, adducendo i motivi di cui
all’art. 1 della medesima legge, in quanto la disciplina dettata dalle
disposizioni impugnate appare intimamente contraddittoria, sia perche’
determina un pervertimento della natura di quelli che, nei confronti
della generalita’ dei destinatari, valgono normalmente come benefici
(sospensione condizionale della pena, amnistia, indulto, grazia,
liberazione condizionale, affidamento in prova), sia perche’ e’
incongrua rispetto alla sua ‘ratio’, inequivocabilmente orientata
dall’intento di evitare che l’integrazione della fattispecie di reato
di cui al secondo comma dell’art. 8 (obiezione totale) possa avvenire
piu’ di una volta nell’ambito della vicenda personale di ciascun
obiettore; ed in quanto – nella ipotesi in cui (come nella disciplina
impugnata) il legislatore, secondo valutazioni rientranti nell’ambito
della sua discrezionalita’, ritenga che l’ordinato vivere sociale non
consenta di riconoscere ai singoli il diritto di sottrarsi
unilateralmente ed incondizionatamente all’adempimento dei doveri di
solidarieta’, e tuttavia dia rilievo alle determinazioni di coscienza
– siffatta rilevanza del principio di protezione dei c.d. diritti
della coscienza, se risulta compatibile con la previsione di una prima
ed unica sanzione, compatibile a sua volta con il riconoscimento della
signoria individuale sulla propria coscienza, la quale puo’ non essere
disgiunta dal pagamento di un prezzo previsto dall’ordinamento, e’
vanificata dalla ripetuta comminazione di sanzioni, posto che questa,
introducendo una pressione morale continuativa orientata ad ottenere o
il mutamento dei contenuti della coscienza ovvero un comportamento
esteriore contrastante con essa, finisce per disconoscere la predetta
signoria.

Ordinanza 23 febbraio 1998, n.34

E’ manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza – essendo
stata prospettata in via ipotetica, in vista di una evenienza futura –
la questione di costituzionalita’ dell’art. 8, terzo comma, della
legge 15 dicembre 1972, n. 772, come sostituito dall’art. 2 della
legge 24 dicembre 1974, n. 695, sollevata, in riferimento agli artt.
2, 3, 19, 21, 23, 27, terzo comma, e 52, secondo comma Cost., sotto il
profilo che tale norma non esclude la possibilita’ di pronunciare piu’
di una condanna per un reato contrassegnato dal “rifiuto” del servizio
militare di leva, benche’ diverso, per i motivi del rifiuto stesso, o
per il tempo della sua manifestazione, dal reato previsto nel secondo
comma dell’art. 8 (rifiuto di servizio militare di leva per i motivi
stabiliti dall’art. 1, stessa legge). Posto, infatti, che il principio
affermato nella sentenza n. 43 del 1997, della quale il giudice
rimettente chiede l’applicazione, concerne l’ipotesi in cui a una
prima condanna non faccia seguito, per un motivo legalmente previsto,
l’esecuzione della pena – condizione per l’operativita’ della clausola
di esonero dal servizio di cui al terzo comma dell’art. 8 – con
ulteriore chiamata alle armi e conseguente procedimento penale, nella
persistenza della condotta di rifiuto, risulta invece dalla ordinanza
di rimessione, che nel giudizio principale l’imputato e’ chiamato a
rispondere per la prima volta del reato militare di mancanza alla
chiamata, per motivi non riconducibili a quelli di cui all’art. 1
della legge n. 772 del 1972 e che quindi nel giudizio ‘a quo’ non puo’
porsi alcun problema di ripetizione della condanna e di ulteriore
irrogazione di una pena ne’ puo’ venire in rilievo la predetta
clausola di esonero dal servizio.