Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Autorizzazione 20 settembre 2000, n.6

Garante per la protezione dei dati personali: “Autorizzazione n. 6/2000 al trattamento di alcuni dati sensibili da parte degli investigatori privati”, 20 settembre 2000. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 229 del 30 settembre 2000) (Omissis) Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di tutela delle […]

Autorizzazione 20 settembre 2000, n.3

Garante per la protezione dei dati personali: “Autorizzazione n. 3/2004 al trattamento dei dati sensibili da parte degli organismi di tipo associativo e delle fondazioni”, 20 settembre 2000. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 229 del 30 settembre 2000) (Omissis) Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni ed integrazioni, in […]

Autorizzazione 31 gennaio 2002, n.5

Garante per la protezione dei dati personali: “Autorizzazione n. 5 del 2002 al trattamento dei dati sensibili da parte di diverse categorie di titolari”, 31 gennaio 2002. IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI In data odierna, con la partecipazione del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vicepresidente, del prof. Gaetano Rasi […]

Comunicato 27 luglio 2004, n.78

Ministero della Salute. Comunicato 27 luglio 2004, n. 78: “Procreazione medicalmente assistita: precisazioni su Linee guida”. In riferimento a notizie stampa relative alle “Linee guida concernenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita” previste dalla legge 19 febbraio 2004 n. 40, si precisa che le suddette linee guida sono state approvate […]

Interrogazione 16 febbraio 2004, n.E-0549

Parlamento europeo. Interrogazione scritta E-0549 di Baroness Sarah Ludford alla Commssione: “Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”, 16 febbraio 2004. Gli Stati membri o i prestatori di servizi dell’UE violano le disposizioni giuridiche comunitarie a sostegno della libertà individuale, della parità di trattamento a prescindere dalla razza e dalla […]

Sentenza 10 gennaio 2002, n.7421

L’art. 3, della legge 13 ottobre 1975 n. 654, nel vietare –
sanzionandolo penalmente – ogni tipo di discriminazione razziale, sia
riconoscibile in atti, individuali o collettivi, di incitamento
all’offesa della dignità di persone di diversa razza, etnia o
religione, sia in comportamenti di effettiva offesa di tali persone,
consistenti in parole, gesti e forme di violenza ispirati in modo
univoco da intolleranza, delinea una figura di reato caratterizzata da
dolo specifico; ossia dalla coscienza e volontà di offendere l’altrui
dignità in considerazione delle caratteristiche razziali, etniche e
religiose dei soggetti nei cui confronti la condotta viene posta in
essere (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudice di
merito avesse correttamente riconosciuto, anche sotto il profilo
soggettivo, la configurabilità del reato in questione a carico di
taluni soggetti i quali, senza alcuna motivazione che non fosse
l’intolleranza razziale, avevano aggredito con pugni e calci, dopo
averli ingiuriati, alcuni immigrati senegalesi).

Sentenza 25 marzo 2003, n.8/SSRR/QM

L’art. 4 della legge 24 aprile 1967, n. 261, come modificato
dall’art. 3 della legge 22 dicembre 1980, n. 932, prevede la
concessione, in favore dei cittadini italiani che siano stati
perseguitati, nelle circostanze di cui all’art. 1, della legge 10
marzo 1955, n. 96 (sottoposizione “ad atti di violenza ad opera di
persone al servizio dello Stato”), di un assegno vitalizio di
benemerenza, reversibile ai familiari superstiti, pari al trattamento
minimo di pensione erogato dal fondo pensioni dei lavoratori
dipendenti. Al riguardo, va precisato come il concetto di violenza,
preso in considerazione dalla menzionata disposizione, debba
necessariamente comprendere anche l’applicazione delle misure
discriminatorie poste in essere in esecuzione delle cc.dd. “leggi
razziali”. Ciascuno dei singoli provvedimenti amministrativi di
attuazione di detta normativa va, infatti, considerato come
un’offesa ai valori fondamentali dell’individuo e l’espressione
della violazione del diritto naturale, degli appartenenti alla
minoranza ebraica, alla propria identità socio-culturale. Pertanto,
le misura concrete di attuazione della normativa antisemita (quali,
nel caso si specie, l’espulsione di una alunna da una scuola
pubblica) debbono ritenersi idonee – sebbene non espressamente
menzionate dalla normativa sopra citata – a concretizzare una
specifica azione lesiva proveniente dell’apparato statale e diretta
a ledere la persona nei suoi diritti inviolabili, con conseguente
possibilità per la stessa di beneficiare della disciplina di
benemerenza in esame.

Parere 29 gennaio 2004, n.2

Gruppo di lavoro sulla protezione delle persone per quanto riguarda il trattamento dei dati a carattere personale. Parere 29 gennaio 2004, n. 2: “Livello di protezione dei dati a carattere personale contenuti nelle pratiche Passeggeri (PNR – Passenger Name Records) trasferite all’Ufficio delle dogane e della protezione di frontiera degli Stati Uniti (Bureau of Customs […]

Carta 04 febbraio 2003

Serbia e Montenegro, 4 febbraio 2003: “Charter of Human and Minority Rights and Civil Liberties”. Omissis Art. 3 All shall be equal before the law. Everyone shall have the right to equal legal protection, without discrimination. Any direct or indirect discrimination based on any grounds, particularly on race, colour, sex, nationality, social origin, birth or […]

Sentenza 05 marzo 2003, n.6759

L’art. 15, comma 10, della Legge n. 223 del 1990, concernente la
“Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”,
dispone il divieto di trasmissione di programmi a) che possano nuocere
allo sviluppo psichico o morale dei minori, b) che contengano scene di
violenza gratuita o pornografiche, c) che inducano ad atteggiamenti di
intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o
nazionalità. Tale disposizione prefigura distinte e molteplici
fattispecie di illecito amministrativo, rispetto alle quali le
espressioni sub a) costituiscono, per l’ampiezza della formulazione
adottata, in relazione alle persone dei minori, una vera e propria
norma di chiusura della materia de qua. In particolare, l’ampiezza
semantica di quest’ultima previsione, che potrebbe apparire, a prima
vista, una insufficiente determinazione della fattispecie di illecito
amministrativo in esame, corrisponde, invece, alla sua descrizione in
una forma necessariamente aperta: infatti, poiché il minore ha
bisogno, per lo sviluppo delle diverse dimensioni della sua
personalità, di cure e protezioni particolari e molteplici,
l’oggetto ed il contenuto di programmi radiotelevisivi, idonei a
pregiudicarle, non possono essere tutti prefigurati puntualmente dal
legislatore; il quale accanto a specifiche fattispecie di illecito
(ipotesi sub b e sub c), ha previsto una norma di chiusura a
fattispecie aperta (ipotesi sub a). Inoltre, tenuto conto del più
generale principio dell’interpretazione delle norme nazionali in
senso conforme al diritto comunitario, affermato esplicitamente dalla
Corte di Lussemburgo a partire dalla sentenza del 13 novembre 1990,
nella causa C-106/89, la disposizione dell’art. 15, comma 10, primo
periodo (ferme restando le altre ipotesi, previste nel secondo e nel
terzo periodo) dalla legge n. 223 del 1990 deve essere integrata con
le previsioni derogatorie stabilite dall’art. 22 della Direttiva
89/552/CEE, risultando, in tal modo, la seguente formulazione: è
vietata la trasmissione di programmi che possono nuocere allo sviluppo
psichico o morale dei minori, a meno che la scelta dell’ora di
trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i
minorenni, che si trovano nell’area di diffusione, assistano
normalmente a tali programmi. Siffatta integrazione della fattispecie
di illecito amministrativo in esame, oltre che conformare la
disposizione nazionale al diritto comunitario, rende anche la stessa
compatibile, sotto i profili considerati, con la nostra Costituzione:
diversamente opinando, infatti, la previsione stessa colliderebbe con
l’art. 21, poichè l’omessa indicazione delle deroghe in esame
pregiudicherebbe la libertà di informazione, sancita dal suddetto
articolo della Costituzione, proprio nelle sole ipotesi in cui le
ragioni di protezione dei minori sono normalmente insussistenti,
essendo garantite da determinate condizioni di orario della
trasmissione o da specifici accorgimenti tecnici. Non può infine
esservi dubbio che l’illecito in questione, applicando la nota
classificazione penalistica, sia da qualificare come di
“pericolo”; ed, in particolare, mentre le fattispecie di illecito
amministrativo prefigurate dal secondo e dal terzo periodo dell’art.
15, comma 10 possono essere classificate quali ipotesi di “pericolo
presunto o astratto”, quelle previste dal primo periodo, anche nel
testo risultante dalla integrazione summenzionata, debbono essere
qualificate come di “pericolo concreto o effettivo”. Infatti,
secondo quanto emerge dalla stessa littera legis, il pericolo – inteso
come rilevante possibilità che al compimento della condotta vietata
consegua la lesione dei beni protetti – rappresenta un elemento
costitutivo della fattispecie in questione e ciò comporta che, ai
fini dell’integrazione dell’illecito de qua, sia richiesta la
effettiva sussistenza dello stesso, desumibile da specifiche e
rilevanti circostanze del caso concreto, quali l’oggetto, il
contenuto, l’orario e/o le modalità di trasmissione del programma.
Il legislatore, bilanciando i due interessi costituzionali in gioco,
ha dunque ritenuto prevalente la tutela della persona minorenne, nel
caso in cui la trasmissione del programma esponga i beni dello
sviluppo psichico o morale, specificatamente protetti dalla norma in
questione, al rischio – in concreto – di un nocumento, restando negli
altri casi garantita la libertà di informazione radiotelevisiva.