Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 20 aprile 2003, n.13380

L’elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato è costituito
dall’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare
del datore di lavoro, con la conseguente limitazione della sua
autonomia. Il relativo accertamento, che spetta al giudice di merito
ed è incensurabile in Cassazione se congruamente e logicamente
motivato, deve tener conto della particolare natura del rapporto.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva
qualificato in termini di lavoro subordinato di sacrista la
prestazione svolta da una donna che per anni aveva provveduto alla
preparazione delle funzioni sacre presso una parrocchia, alla custodia
della chiesa e dei relativi arredi, nonché alla sorveglianza della
casa parrocchiale ed alla vendita di libri nella libreria
parrocchiale, traendo argomenti anche da una lettera con la quale il
parroco aveva mosso rilievi in ordine alle modalità di svolgimento di
detta attività da parte della donna ed aveva affermato l’esistenza di
un vincolo sinallagmatico tra la prestazione lavorativa e la
concessione alla donna dell’uso gratuito dell’alloggio parrocchiale).

Sentenza 14 marzo 2003, n.12634

Al fine di configurare un’organizzazione di tendenza, che, ai sensi
dell’art. 4 della legge n. 108 del 1990, è esclusa dall’ambito di
operatività della tutela reale prevista – in caso di licenziamenti
illegittimi – dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (come
modificato dall’art. 1 della legge n. 108 del 1990), è necessario che
si tratti di datore di lavoro “non imprenditore”, privo dei requisiti
previsti dall’art. 2082 c.c. (e cioè professionalità,
organizzazione, natura economica dell’attività).In particolare,
l’applicazione della disciplina prevista dalla predetta legge n. 108
del 1990 per le organizzazioni di tendenza presuppone l’accertamento
in concreto da parte del giudice di merito dell’assenza nella singola
organizzazione di una struttura imprenditoriale e della presenza dei
requisiti tipici dell’organizzazione di tendenza, come definita dalla
stessa legge all’art. 4. (Nella specie la S.C. ha confermato la
sentenza di merito che aveva ritenuto la natura di organizzazione di
tendenza dell’Associazione nazionale bieticoltori, argomentando dalla
natura della stessa di ente con personalità giuridica privata, senza
finalità di lucro, in quanto avente lo scopo della tutela degli
interessi collettivi professionali della categoria dei coltivatori di
bietole, e priva del carattere imprenditoriale, non svolgendo alcuna
attività economica).

Sentenza 31 gennaio 2003, n.11883

In base al disposto dell’art. 4 della legge n. 108 del 1990, i
lavoratori dipendenti dalle organizzazioni di tendenza (nel caso di
specie, l’Inas) non godono della tutela reale di cui all’art. 18 della
legge n. 300 del 1970, ma godono comunque della tutela prevista per la
generalità dei lavoratori; in particolare, deve escludersi
l’esenzione delle organizzazioni di tendenza dalla regolamentazione
legislativa dei trasferimenti dei lavoratori.

Sentenza 18 marzo 2003, n.7176

Il licenziamento della lavoratrice intimato – in violazione dell’art.
1 della legge 9 gennaio 1963, n. 7 – nel periodo compreso fra la
richiesta delle pubblicazioni di matrimonio e il compimento di un anno
dalla celebrazione è radicalmente nullo (e non temporaneamente
inefficace) e comporta, perciò, il diritto della lavoratrice ad
essere riammessa in servizio ed a percepire la retribuzione globale di
fatto sino al giorno della effettiva riammissione. Infatti, a norma
dell’art. 1, comma 2, l. 9 gennaio 1963 n. 7, il licenziamento della
lavoratrice per causa di matrimonio non è temporaneamente inefficace,
bensì è radicalmente nullo e comporta la riammissione in servizio
della lavoratrice illegittimamente licenziata nell’ambito di un
rapporto di lavoro mai validamente interrotto, con tutte le
conseguenze relative.

Sentenza 27 gennaio 2004, n.1607

L’art. 1, d.l. 19 giugno 1970 n. 370, nel disporre il riconoscimento,
all’atto del superamento del periodo di prova, del servizio non di
ruolo precedentemente prestato in qualità di insegnante (anche presso
le scuole italiane all’estero, in base all’art. 14, l. 26 maggio 1975
n. 327) si riferisce soltanto alle scuole statali e pareggiate, con
conseguente esclusione del servizio prestato presso istituti
legalmente riconosciuti. Il servizio non di ruolo prestato presso
scuole italiane all’estero, in base all’art. 6 della legge n. 576 del
1970, è riconosciuto solo qualora il docente incaricato si stato
assunto dal Ministero degli Affari Esteri ai sensi dell’art. 9 della
stessa legge.

Sentenza 08 luglio 2003, n.424

L’attività prestata presso le scuole pareggiate da parte degli
insegnanti è valutabile come titolo didattico ai fini dell’ammissione
alla partecipazione al concorso per l’insegnamento nelle scuole di
istruzione secondaria, considerandosi privo di rilevanza
l’inadempimento degli obblgihi contributivi da parte delle scuole
stesse nei confronti degli insegnanti.

Sentenza 28 maggio 2002, n.4422

Non risulta essere valutabile, ai fini dell’ammissione alla sessione
riservata di abilitazione all’insegnamento, disciplinata dall’art. 2,
quarto comma, della legge n. 124 del 3 maggio 1999, l’attività
prestata dal gestore di una scuola privata.

Sentenza 29 ottobre 2003, n.5131

Nell’ipotesi di attività di insegnamento presso scuole private
legalmente riconosciute espletata da soggetti non forniti di
abilitazione all’insegnamento, atteso che la suddetta abilitazione è
requisito di validità del contratto di lavoro (ai sensi degli art. 3
e 6, legge n. 86 del 1942), per il tempo in cui il rapporto ha avuto
esecuzione si producono gli effetti secondo il disposto dell’art. 2126
c.c. ma, stante la nullità del contratto, in caso di dedotta
illegittimità della risoluzione del rapporto, non può darsi luogo
alla reintegrazione e al risarcimento del danno, riferendosi all’art.
18, legge n. 300 del 1970 per illegittimo recesso del datore di
lavoro.

Sentenza 18 febbraio 1994, n.4638

Chi abbandona lo stato di vita religiosa non vanta alcun diritto di
carattere patrimoniale nei confronti dell’Istituto di appartenenza
per le attività svolte: in primis, perché non sussiste tra le parti
un rapporto di lavoro subordinato; in secondo luogo, perché il can.
702 c.j.c. – a tenore del quale l’Istituto religioso di appartenenza
deve trattare con equità e con carità evangelica il religioso che
abbandona l’abito, è una norma priva di valenza precettiva.