Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Regolamento 28 dicembre 2006, n.332

INRIM. Regolamento 28 dicembre 2006, n. 332: “Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari”. Art. 1 – Oggetto del Regolamento 1. Il presente regolamento, in attuazione del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante il “Codice inmateria di protezione dei dati personali”, di seguito denominato codice, identifica le tipologie di datisensibili e giudiziari, […]

Provvedimento 01 marzo 2007, n.13

Provvedimento generale n. 13 del 1 marzo 2007 – Trattamento di dati personali relativo all’utilizzo di strumenti elettronici da parte dei lavoratori (da Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 58 del 10 marzo 2007) IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI In data odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe […]

Legge 02 aprile 1958, n.339

Legge 2 aprile 1958, n. 339, per la tutela del rapporto di lavoro domestico. (in Gazz. Uff. del 17 aprile 1958, n. 93) Articolo 1. Norme generali. La presente legge si applica ai rapporti di lavoro concernenti gli addetti ai servizi domestici che prestano la loro opera, continuativa e prevalente, di almeno 4 ore giornaliere […]

Contratto collettivo 13 dicembre 2004

“Contratto collettivo nazionale di lavoro per i sacristi addetti al culto dipendenti di enti ecclesiastici”, 13 dicembre 2004. Art. 1 – DEFINIZIONE 1. Ai fini della presente normativa, si definisce sacrista il lavoratore in possesso di piena capacità lavorativa, che presta la sua opera nei luoghi sacri occupandosi di: preparare le sacre funzioni liturgiche e […]

Sentenza 22 ottobre 2002, n.18218

In materia di licenziamento del lavoratore subordinato,
l’applicabilità della disciplina prevista per le cc.dd.
“organizzazioni di tendenza” dall’art. 4 legge 11 maggio 1990 n. 108,
che esclude l’operatività della tutela reale stabilita dall’art. 18
l. 20 maggio 1970 n. 300, richiede l’accertamento, in via preliminare,
da parte del giudice, che il datore di lavoro non sia un imprenditore,
in base all’art. 2082 c.c., e, quindi, che non sussista una struttura
imprenditoriale e, soltanto qualora detto accertamento abbia esito
negativo, occorre verificare la ricorrenza degli ulteriori requisiti
tipici di siffatte organizzazioni. (Nella specie, la S.C. ha
confermato la sentenza di merito, che aveva escluso la qualificazione
come organizzazione di tendenza dell’Istituto di addestramento
lavoratori – coordinamento regionale del Piemonte, per l’assorbente
rilievo che esso operava avvalendosi di una organizzazione e di una
struttura di carattere imprenditoriale). Quindi, al fine di
configurare un’organizzazione di tendenza, che, ai sensi dell’art. 4
l. 108/90, è esclusa dall’ambito di operatività della tutela reale
prevista – in caso di licenziamenti illegittimi – dall’art. 18 l.
300/70 (come modificato dall’art. 1 l. 108/90), è necessario che si
tratti di datore di lavoro non imprenditore, privo dei requisiti
previsti dall’art. 2082 c.c. (e cioè professionalità,
organizzazione, natura economica dell’attività).

Sentenza 30 gennaio 2003, n.41

È ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione
dell’art. 18 commi 1, 2 e 3 l. 20 maggio 1970 n. 300, come modificato
dall’art. 1 l. 11 maggio 1990 n. 108, dell’art. 2 comma 1 l. 11 maggio
1990 n. 108, dell’art. 8 l. 15 luglio 1966 n. 604 e dell’art. 4 comma
1 l. 11 maggio 1990 n. 108, richiesta dichiarata legittima, con
ordinanza 9 dicembre 2002, dall’ufficio centrale costituito presso la
Corte di cassazione, con la denominazione identificativa
“Reintegrazione dei lavoratori illegittimamente licenziati:
abrogazione delle norme che stabiliscono limiti numerici ed esenzioni
per l’applicazione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori”.
Premesso che le norme oggetto del quesito referendario sono estranee
alle materie in relazione alle quali l’art. 75 comma 2 cost. preclude
il ricorso all’istituto del referendum abrogativo, la domanda posta
agli elettori è omogenea, univoca e chiara, nella sua struttura e nei
suoi effetti: essa, infatti, investe contemporaneamente la norma che
prevede la garanzia obbligatoria, avente originariamente portata
generale (art. 8 l. n. 604 del 1966), la connessa previsione che
successivamente ha delineato i limiti numerici al di sotto dei quali
si applica la medesima garanzia (art. 2 l. n. 108 del 1990) e la
speculare determinazione dei limiti dimensionali al disopra dei quali
si applica la tutela reale (art. 18 l. n. 300 del 1970), sicché essa
rende evidente la propria “ratio” unitaria – consistente nella
estensione della garanzia della reintegrazione e del risarcimento del
danno, contenuta nell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, in modo da
comprendere in essa anche l’ambito in cui oggi vale la tutela
obbligatoria – che si estende anche alla richiesta di abrogazione
della disposizione che esclude l’applicabilità della garanzia di
stabilità reale per i dipendenti da datori di lavoro, non
imprenditori, che esercitano un’attività “di tendenza”, proponendo
così al corpo elettorale un’alternativa netta tra il mantenimento
dell’attuale disciplina, caratterizzata dalla coesistenza di due
parallele forme di tutela, quella obbligatoria e quella reale, e
l’estensione della seconda.

Sentenza 24 febbraio 2003, n.2803

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali è
consentito esclusivamente agli insegnanti riconosciuti idonei
dall’autorità ecclesiastica, nominati dall’autorità scolastica
d’intesa con essa (art. 9, comma 2, dell’Accordo di revisione del
Concordato lateranense, ratificato con legge n. 121 del 1985, e punto
5 del protocollo addizionale), con incarico annuale, che si intende
confermato qualora permangano le condizioni ed i requisiti prescritti;
nel regime contrattuale, di diritto privato, del relativo rapporto di
lavoro (d.lg. n. 165 del 2001), la sopravvenuta revoca dell’idoneità
all’insegnamento comporta l’impossibilità giuridica della prestazione
e la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro ex art. 1463 c.c.,
in quanto, in considerazione del particolare “status” di questi
insegnanti – reclutati secondo un sistema sottratto alla disciplina
dell’art. 35, d.lg. n. 165 del 2001 – ad essi non possono essere
attribuiti compiti diversi da quello dell’insegnamento della
religione. Pertanto, la risoluzione del rapporto di lavoro determinata
dalla revoca da parte dell’autorità ecclesiastica dell’idoneità
all’insegnamento della religione non configura un caso di
licenziamento, neppure se tale revoca sia stata disposta in quanto
l’insegnante è nubile ed in stato di gravidanza, e, conseguentemente,
a detta fattispecie non è applicabile l’art. 2, legge n. 1204 del
1971, in tema di tutela delle lavoratrici madri.
Risulta, inoltre, manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale – sollevata in riferimento agli art. 3, 4,
7, 35 e 97 cost. – degli art. 5, comma 1, e 6, legge n. 824 del 1930,
della legge n. 121 del 1985, laddove dà esecuzione all’art. 9, numero
2, dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense, e dell’art.
309, comma 2, d.lg. n. 297 del 1994, nella parte in cui, prevedendo
che la nomina degli insegnanti di religione deve essere effettuata in
favore di coloro che siano riconosciuti idonei dall’autorità
ecclesiastica, designati d’intesa con essa dall’autorità scolastica,
con incarico annuale, che si intende confermato qualora permangano le
condizioni ed i requisiti prescritti, fanno sì che la sopravvenuta
revoca dell’idoneità all’insegnamento determini l’impossibilità
giuridica della prestazione e la risoluzione del rapporto di lavoro ex
art. 1463 c.c., integrando in tal modo una fattispecie non
riconducibile al licenziamento, neppure qualora detta revoca sia
disposta per essere l’insegnante nubile ed in stato di gravidanza, con
conseguente inapplicabilità dell’art. 2, legge n. 1204 del 1971, in
tema di tutela delle lavoratrici madri.

Sentenza 14 gennaio 2002, n.5065

La garanzia, per la donna lavoratrice, del divieto di licenziamento
posto in essere a causa di matrimonio – operante, in forza della
presunzione legale di cui all’art. 1, comma 3, 9 gennaio 1963 n. 7,
quando esso sia stato intimato, senza che ricorressero i presupposti
di una delle ipotesi di legittimo recesso datoriale contemplate
nell’ultimo comma dello stesso art. 1, nel periodo compreso dalla
richiesta delle pubblicazioni ad un anno dalla celebrazione – non
viene meno durante la sospensione del rapporto di lavoro per malattia
della lavoratrice. La conseguenza è che è nullo, ai sensi della
citata legge speciale, il licenziamento della lavoratrice intimato dal
datore di lavoro nell’anno dalla celebrazione delle nozze, ancorché
motivato dal superamento del periodo massimo di comporto per malattia;
la persistente operatività del divieto di licenziamento per causa di
matrimonio durante la sospensione del rapporto di lavoro, in base
all’art. 2110 c.c., non comporta alcun effetto di sovrapposizione
delle tutele con prolungamento temporale del divieto di recesso, dato
che la garanzia di conservazione del posto di lavoro durante la
malattia e la previsione della nullità del licenziamento per causa di
matrimonio muovono su piani concettualmente distinti e rispondono a
finalità diverse, e che, pertanto, il divieto di licenziamento della
lavoratrice è destinato ad operare solo nel periodo determinato
dall’art. 1 della legge n. 7 del 1963, senza che sul decorso di esso
incida il comporto per malattia.

Ordinanza 13 dicembre 2001, n.3027

Dopo l’emanazione del d.P.C.M. 16 febbraio 1990 (la cui legittimità
risulta sancita dalla sentenza n. 466 del 1990 Corte cost.), alle
istituzioni assistenziali regionali ed infraregionali deve essere
riconosciuta natura privatistica qualora ne risulti accertato,
alternativamente, il carattere associativo, quello di istituzione
promossa ed amministrata da privati, l’ispirazione religiosa, ovvero
qualora ricorrano, congiuntamente, le circostanze 1) che l’atto
costitutivo (o la tavola di fondazione) sia posto in essere da
privati; 2) che disposizioni statutarie prescrivano la designazione da
parte di associazioni o soggetti privati di una quota significativa
dei componenti dell’organo deliberante; 3) che il patrimonio risulti
prevalentemente costituito da beni risultanti dalla dotazione
originaria o dagli incrementi o trasformazioni della stessa, ovvero da
beni conseguiti in forza dello svolgimento dell’attività
istituzionale. Ne consegue che, nel caso di specie, all’Ospizio
“beneficio Madonna delle Grazie” di Galatina va riconosciuto il
carattere di istituzione di assistenza e beneficenza con personalità
giuridica di diritto privato, data la riconducibilità all’iniziativa
privata della sua nascita, della relativa disciplina e dei
finanziamenti ricevuti, così che le controversie inerenti ai rapporti
di lavoro con i dipendenti devono ritenersi devolute alla competenza
giurisdizionale dell’a.g.o.