Sentenza 21 aprile 2010, n.9463
Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose
Il regolamento preventivo di giurisdizione non è proponibile dopo che
il Giudice di merito abbia emesso una sentenza, anche soltanto
limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, fissando
tale momento il termine finale per la proposizione di detto
regolamento (Nel caso di specie, rilevato che il regolamento ex art.
41 c.p.c. veniva proposto dopo che il Tribunale di Napoli aveva
declinato con sentenza la propria giurisdizione in merito alla domanda
proposta nei confronti della Regione Ecclesiastica Campania –
Tribunale Ecclesiastico Regionale Campano e di Appello, tale richiesta
non era stato considerata ammissibile).
Sussiste carenza di istuttoria del provvedimento di diniego di
rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, laddove non
sia stato tenuto adeguamente conto dell’attività lavorativa
prestata dalla ricorrente e della sua speculare situazione familiare
sotto il profilo economico, nonchè del già avvenuto riconoscimento
dell’asilo politico concesso alle figlie della stessa.
L’immunità giurisdizionale di cui gode la Santa Sede con i suoi
organi ed enti centrali, quale titolare di personalità giuridica
internazionale, non riguarda le controversie di lavoro subordinato
aventi ad oggetto prestazioni rese sul territorio italiano, quando
queste siano di tipo ausiliario ed estranee all’attività ecclesiale e
nemmeno quando, indipendentemente dalla natura delle mansioni, vengano
in discussione aspetti esclusivamente patrimoniali, senza incidenza
sull’organizzazione e sulle funzioni del datore di lavoro (cfr. Cass.,
Sez. Un. 15 aprile 2005, n. 7791
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=2265]).
Chi abbandona lo stato di vita religiosa non vanta alcun diritto di
carattere patrimoniale nei confronti dell’Istituto di appartenenza
per le attività svolte: in primis, perché non sussiste tra le parti
un rapporto di lavoro subordinato; in secondo luogo, perché il can.
702 c.j.c. – a tenore del quale l’Istituto religioso di appartenenza
deve trattare con equità e con carità evangelica il religioso che
abbandona l’abito, è una norma priva di valenza precettiva.