Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 20 giugno 2006, n.3668

Sussiste il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria
nell’operato della commissione esaminatrice di concorso riservato a
posti di insegnante di religione che non abbia dedicato alla
correzione degli elaborati scritti un lasso temporale congruo per la
corretta percezione del contenuto degli stessi e per la conseguente
formulazione del giudizio di merito (nel caso di specie, in base alla
durata della riunione della commissione ed al numero degli esiti della
prova scritta, il tempo medio dedicato all’esame ed alla valutazione
degli elaborati di ciascun candidato risultava pari a quattro minuti).

Sentenza 24 novembre 2005

Il decreto del Direttore Generale per il Personale della Scuola, del 2
febbraio 2004, d’indizione del concorso riservato, per esami e
titoli, a posti d’insegnanti di religione cattolica compresi
nell’ambito territoriale delle singole diocesi nella scuola
secondaria di primo e di secondo grado, all’art. 2, co. 1 ed all. 5,
non prevede l’attribuzione di alcun punteggio per titoli di servizio
in relazione all’insegnamento prestato nelle scuole legalmente
riconosciute. Tale esclusione, testuale ed inequivocabile, è stata
riconosciuta legittima dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato
(cfr. sentenza, Sez. VI, n. 831 del 21 maggio 1994) secondo cui:
“Agli effetti del riconoscimento dell’anzianità di servizio,
l’insegnamento nelle scuole legalmente riconosciute non può essere
equiparato a quello svolto nelle scuole statali pareggiate o
parificate”. Al riguardo, deve pertanto ritenersi manifestamente
infondata la questione d’illegittimità costituzionale della
normativa citata, nella parte in cui prevede un diverso trattamento,
ai fini della valutazione del servizio prestato, tra l’insegnamento
prestato presso le scuole legalmente riconosciute e l’insegnamento
prestato presso le scuole statali e paritarie, in ragione della
discrezionalità del legislatore in materia. Nè le sopra esposte
conclusioni possono essere revocate in dubbio, sulla base della
considerazione che la decisione se prestare servizio presso scuole
private ovvero presso scuole statali, risulta di competenza
dell’Ordinario Diocesano. Tale designazione infatti non può rilevare
ai fini della valutazione del servizio stesso, rispetto alla quale –
come detto – il legislatore rimane libero di determinarsi
discrezionalmente. Le suddette particolari modalità di designazione
non costituiscono, dunque, una ragione sufficiente per discriminare,
all’interno della categoria dei docenti che hanno prestato servizio
presso scuole legalmente riconosciute, gli insegnanti di religione
cattolica da quelli d’ogni altra disciplina.

Sentenza 07 maggio 2004, n.4447

Non è illegittima la determinazione del Dirigente della
Soprintendenza Scolastica, di approvazione delle graduatorie
permanenti definitive, previste dalla legge 03.05.1999, n. 124, per
l’immissione in ruolo e per il conferimento degli incarichi a tempo
determinato a personale docente nella scuola elementare, nella parte
in cui non è stato riconosciuto nei loro confronti il punteggio per i
servizi di insegnamento della religione cattolica in precedenza
prestati. I periodi di insegnamento della religione cattolica non
attribuiscono una posizione del tutto omologa a quella dei docenti
ordinari con ogni effetto ai fini dell’inserimento nelle graduatorie
per l’accesso agli incarichi ed alla nomina in via definitiva. Deve
quindi, ribadirsi – anche con riguardo alle insegnanti di religione
cattolica nelle scuole elementari – l’indirizzo giurisprudenziale
che ha costantemente riconosciuto il carattere di specialità della
posizione dei docenti di religione, in relazione ai differenziati
profili di abilitazione professionale richiesti, alle distinte
modalità di nomina e di accesso ai compiti didattici, alla
peculiarità dell’oggetto dell’insegnamento, che non ne sentono
l’omologazione agli insegnanti in posizione ordinaria (cfr. Cons.
St., Sez. VI^, n. 5153 del 28.09.2001; n. 530 del 27.04.1999; n. 756
del 12.05.1994). Costituisce, infatti, secondo i criteri ivi indicati
periodo di insegnamento utile all’ammissione a punteggio “il solo
servizio [. . .] relativo alla classe di concorso o posto per il quale
si chiede l’inserimento in graduatoria”. E’ agevole rilevare che
l’attività di insegnante di religione cattolica, nei suoi obiettivi
di apprendimento dei principi della dottrina della Chiesa Cattolica,
ha un oggetto specifico, del tutto distinto dalle materie e dai
programmi scolastici della scuola primaria. Il criterio selettivo
recepito negli atti impugnati non si configura, quindi,
discriminatorio, stante l’evidente non omogeneità dei servizi resi
nella qualità di insegnante della religione cattolica e di insegnante
ordinario di scuola primaria e, nei sensi della non assimilabilità
delle due tipologie di servizi, si è altresì pronunziata la Corte
Costituzionale con decisione n. 343 del 22.07.1999, in relazione ad
analoga fattispecie inerente all’assunzione in ruolo.

Sentenza 20 aprile 2005, n.1091

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche di
primo e secondo grado può essere affidato solamente a chi risulti in
possesso dei titoli di qualificazione professionale previsti dal
D.P.R. n. 751/1985. L’elenco di tali titoli, contenuto nel punto 4.3
dell’articolo 4, si apre, alla lettera a), con l’indicazione del
titolo accademico (baccalaureato, licenza o dottorato) in teologia o
nelle altre discipline ecclesiastiche, conferito da una facoltà
approvata dalla Santa Sede. Precisa però il successivo punto 4.5 che
la Conferenza episcopale italiana comunica al Ministero della pubblica
istruzione (oggi Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca) l’elenco delle facoltà e degli istituti che
rilasciano detti titoli. Tale disposizione deve essere interpretata
nel senso che esclusivamente i titoli accademici rilasciati dalle
facoltà o dagli istituti compresi negli elenchi comunicati dalla
C.E.I. hanno valore quale titolo di qualificazione professionale ai
fini dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
pubbliche. L’eventuale valorizzazione a detti fini dei titoli
rilasciati da facoltà o istituti non compresi negli elenchi
comporterebbe infatti il rischio di ingerenze nella sfera di
attribuzioni riservate alla competenza della C.E.I. e vizio tale da
inficiare il provvedimento conclusivo della procedura concorsuale.