Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 26 giugno 1995

La mancata equiparazione della materia di religione alle altre materie
fondamentali, nei piani di studio della Scuola Universitaria per la
formazione dei docenti, come previsto dall’Accordo del 3 gennaio 1979
tra la Santa Sede e lo Stato spagnolo su insegnamento e affari
culturali, viola il diritto dei genitori a che i loro figli ricevano
la formazione religiosa e morale in conformità alle proprie
convinzioni (art. 27, co. 10 Cost. spagnola), e la suddetta
equiparazione costituisce un obbligo derivante da un Trattato
internazionale celebrato dallo Stato spagnolo nell’esercizio legittimo
delle competenze che la Costituzione gli attribuisce (art. 149).

Sentenza 30 ottobre 1994, n.8334

Il libero sviluppo della personalità è il sostegno ed il fondamento,
dal punto di vista costituzionale, dell’ordine politico e della pace
sociale. A tal fine assume un ruolo determinante la formazione
educativa e culturale dell’individuo, che, in una società
democratica, si fonda sul principio della libertà di insegnamento,
orientata alla formazione dei cittadini secondo uno stile di vita
improntato alla tolleranza e al pacifico confronto tra le diverse
“famiglie” culturali. Nell’ambito di una società plurale esistono,
tuttavia, anche altri valori, come la libertà ideologica e di
coscienza, che consentono ai genitori di scegliere per i figli la
formazione religiosa e morale più conforme alle loro convinzioni. I
giudici non possono entrare nel santuario delle credenze personali, a
meno che i comportamenti esterni, che hanno la loro origine in una
determinata ideologia, incidano negativamente sopra beni giuridici
protetti. Anche in tal caso, per altro, il diritto penale rappresenta
l’ultimo strumento cui fare ricorso, quando si determina un danno
effettivo e reale. In questo quadro, il delitto di lesione
dell’integrità psichica di un minore è sicuramente da considerare
come un delitto di danno e non di pericolo. Pertanto,
l’assoggettamento dei figli, da parte dei loro genitori, ad una
educazione impartita in centri di insegnamento “domestici” e
strettamente confessionali assimilabili nel regime ad un internato di
un collegio religioso e nello stile ad una scuola premilitare
prussiana, pur comportando il rischio per l’avvenire di seri
problemi di inserimento e di integrazione dei minori in un contesto
sociale aperto e competitivo, non integra né l’elemento oggettivo,
né quello soggettivo del tipo di reato predetto. Al fine di stabilire
se un centro di insegnamento è contrario alla legge bisogna
considerare che le previsioni del legislatore in materia educativa
mirano ad un bilanciamento tra la libertà d’insegnare, il diritto
dei genitori di impartire ai figli una formazione religiosa e morale
conforme alle loro convinzioni, e la libertà di istituire centri
scolastici. La possibilità di istituire centri scolastici ed
educativi anche non omologabili pubblicamente, organizzati alla
stregua di una “home school” anglosassone o di un collegio religioso
in regime di internato o nello stile delle scuole premilitari
prussiane, esclude – purché siano rispettati i principi
costituzionali posti a presidio della dignità della persona, dei
diritti inviolabili che le sono inerenti e del libero sviluppo della
personalità dei soggetti – che i modelli formativi sviluppati
all’interno di un nucleo familiare tradizionale, o in un ambito
chiuso parafamiliare possano concretare il fatto tipico del reato in
esame e cioè la costituzione di centri scolastici contrari alla
legge. L’intervento del diritto penale si giustifica, invece, nel
caso in cui siano impartiti insegnamenti volti a diffondere idee
contrarie alla tolleranza ed alla pacifica convivenza con apologia
della violenza o della discriminazione per motivi razziali, religiosi
o xenofobi, ovvero mirati alla prostituzione o corruzione dei minori.
Nel caso di specie, la formazione impartita, pur esaltando lo spirito
di disciplina e metodi severi, non consta che abbia comportato un
indottrinamento meritevole di sanzione penale, ma, semmai, scelte
educative opinabili, il cui possibile pregiudizio per i minori
giustificherebbe, al più, interventi di competenza del giudice
civile. La segretezza o clandestinità che caratterizza le condotte
degli imputati non possono da sole concretizzare il fatto tipico del
reato di associazione per delinquere, una volta escluso che gli stessi
si siano proposti fini delittuosi, non essendosi ravvisati nei loro
comportamenti gli estremi di delitti di lesioni all’integrità
psichica o di costituzione di centri scolastici contrari alla legge.