Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 giugno 2015, n.96

La normativa in esame (artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge
n. 40/2004, nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche
di PMA alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche
trasmissibili), appare il risultato di un irragionevole bilanciamento
degli interessi in gioco, in violazione anche del canone di
razionalità dell’ordinamento – ed è lesiva
del diritto alla salute della donna fertile portatrice (ella o
l’altro soggetto della coppia) di grave malattia genetica
ereditaria – nella parte in cui non consente, e dunque esclude,
che, nel quadro di disciplina della legge suddetta, possano ricorrere
alla PMA le coppie affette da tali patologie, adeguatamente accertate,
per esigenza di cautela, da apposita struttura pubblica specializzata.
Ciò al fine esclusivo della previa individuazione di embrioni
cui non risulti trasmessa la malattia del genitore comportante il
pericolo di rilevanti anomalie o malformazioni (se non la morte
precoce) del nascituro, alla stregua del medesimo “criterio
normativo di gravità” già stabilito
dall’art. 6, comma 1, lettera b), della legge n. 194 del 1978.

Sentenza 10 giugno 2014, n.162

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge 19
febbraio 2004, n. 40
(Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita), nella parte in cui stabilisce per la coppia
di cui all’art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del
ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo
eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa
di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili;
dell’art. 9, comma 1, della legge n. 40 del 2004, limitatamente
alle parole «in violazione del divieto di cui all’articolo
4, comma 3»; dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 9, comma 3, della legge n. 40 del 2004,
limitatamente alle parole «in violazione del divieto di cui
all’articolo 4, comma 3»; e dell’art. 12, comma 1,
della legge n. 40 del 2004.

Ordinanza 29 marzo 2013

I criteri enunciati dalla Grande Camera, pur all’interno di una
pronuncia di rigetto (v. _Affaire S.H. et Autres c. Autriche
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6016]_),
costituiscono ineludibile criterio interpretativo per il Giudice delle
leggi nazionali al fine di sindacare la corrispondenza della norma
impugnata ai valori fondamentali della persona “convenzionalmente”
tutelati, come richiamati nella Carta costituzionale italiana. La
Grande Camera riconosce, infatti, certamente al Legislatore nazionale
un margine di discrezionalità nelle materie eticamente sensibili,
tuttavia l’autonomia riconosciuta è dalla medesima definita
“limitata” in tutti i casi in cui debba essere regolato, come in
quello di specie, un aspetto importante dell’esistenza e della
identità del cittadino. In questo senso, una interpretazione
convenzionalmente orientata dei principi costituzionali in esame non
può che parametrare il limite in discussione ai valori di conoscenza
scientifica e condivisa sensibilità sociale esistenti sul punto, che
non appaiono eludibili facendo ricorso allo schermo della
discrezionalità legislativa. In base a tale lettura il Collegio
solleva, pertanto, questione di legittimità in riferimento all’art.
4, comma 3, all’art. 9, commi 1 e 3 limitatamente alle parole “in
violazione dell’art. 4, comma 3” e all’art. 12, comma 1 della
legge n. 40 del 2004 per contrasto con gli artt. 117, 2, 3, 29, 31,
32, commi 1 e 2 della Costituzione, nella parte in cui impongono il
divieto di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo e
prevedono sanzioni nei confronti delle strutture che dovessero
praticarla.

Sentenza 28 agosto 2012, n.54270/10

Pur riconoscendo che la questione dell’accesso alla diagnosi
preimpianto suscita delicati interrogativi di ordine morale ed etico,
la Corte osserva che la scelta operata dal legislatore italiano in
materia non sfugge al controllo della Corte. In particolare, è
giocoforza constatare che, in materia, il sistema legislativo italiano
manchi di coerenza. Da un lato, esso vieta l’impianto limitato ai
soli embrioni non affetti dalla malattia di cui i ricorrenti sono
portatori sani; dall’altro, autorizza i ricorrenti ad abortire un
feto affetto da quella stessa patologia. Ciò rilevato, la Corte
ritiene pertanto che l’ingerenza nel diritto dei ricorrenti al
rispetto della loro vita privata e familiare sia stata sproporzionata
e che l’articolo 8 della Convenzione sia stato violato nel caso di
specie.

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In OLIR.it: Traduzione in lingua italiana della sentenza
[/areetematiche/documenti/documents/caseofcostaandpavanv.italyitaliantranslationbytheitalianministryofjustice.pdf]

Ordinanza 22 maggio 2012, n.150

La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che la
questione dell’eventuale contrasto della disposizione interna con la
norme della CEDU va risolta in base al principio in virtù del quale
il giudice comune, al fine di verificarne la sussistenza, deve avere
riguardo alle norme della CEDU, come interpretate dalla Corte di
Strasburgo, «specificamente istituita per dare ad esse
interpretazione e applicazione» (da ultimo, sentenza n. 78 del 2012),
poiché il «contenuto della Convenzione (e degli obblighi che da essa
derivano) è essenzialmente quello che si trae dalla giurisprudenza
che nel corso degli anni essa ha elaborato», occorrendo rispettare
«la sostanza» di tale giurisprudenza, «con un margine di
apprezzamento e di adeguamento che le consenta di tener conto delle
peculiarità dell’ordinamento giuridico in cui la norma
convenzionale è destinata a inserirsi» (_ex plurimis_, sentenze n.
236 del 2011 e n. 317 del 2009), ferma la verifica, spettante al
Giudice delle leggi, della «compatibilità della norma CEDU,
nell’interpretazione del giudice cui tale compito è stato
espressamente attribuito dagli Stati membri, con le pertinenti norme
della Costituzione» (sentenza n. 349 del 2007; analogamente, tra le
più recenti, sentenze n. 113 e n. 303 del 2011). Nel caso di specie,
la Corte ha pertanto ordinato la restituzione degli atti ai Tribunali
di merito perchè – alla luce della sopravvenuta sentenza della Grande
Camera del 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria – i rimettenti
procedano ad un rinnovato esame dei termini delle questioni.

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In OLIR.it
Grande Chambre. Sentenza 3 novembre 2011: AFFAIRE S.H. ET AUTRES c.
AUTRICHE
[/areetematiche/documenti/documents/microsoft%20word%20-%20fecondazione%20eterologa%20affaire_s%20h%20_et_autres_c%20_autriche.pdf]

Ordinanza 13 settembre 2010

Tribunale di Firenze. Ordinanza 13 settembre 2010: "Procreazione medicalmente assistita: sollevata questione di legittimità costituzionale". (Omissis) Il giudice, a scioglimento della riserva, nel procedimento a seguito di ricorso ex art. 700 c.p.c. (RG n. 7618/2010) osserva e ritiene quanto segue. 1. Con ricorso depositato in data 25.5.10, i ricorrenti hanno chiesto "che il Tribunale di […]

Ordinanza 12 marzo 2010, n.97

In OLIR.it:
– Corte costituzionale. Ordinanza 24 ottobre 2006, n. 369
– Corte costituzionale. Sentenza n. 8 maggio 2009, n. 151
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4984]

Sentenza 08 maggio 2009, n.151

E’costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole «ad un
unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre», l’art.
14, comma 2, della Legge 19 febbraio 2004, n. 40
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=1026] (Norme in
materia di procreazione medicalmente assistita). La previsione della
creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in assenza di
ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che, di
volta in volta, si sottopone alla procedura di procreazione
medicalmente assistita, si pone infatti in contrasto con l’art. 3
Cost. sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di
quello di uguaglianza; nonché con l’art. 32 Cost., per il pregiudizio
alla salute della donna, ed eventualmente del feto, ad esso connesso.
Le raggiunte conclusioni, che introducono una deroga al principio
generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell’art.
14, quale logica conseguenza della caducazione nei limiti indicati del
comma 2, comportano inoltre la declaratoria di incostituzionalità del
comma 3, dell’art. 14 nella parte in cui esso non prevede che il
trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile,
debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna.

Ordinanza 11 luglio 2008, n.323

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, legge n.
40/2004, per contrasto, quanto ai commi 1 e 2 dell’art. 14 cit., con
gli artt. 3 e 32, primo e secondo comma Cost. e dell’art. 6, comma 3,
ultima parte, legge n. 40/2004, per contrasto con l’art. 32, secondo
comma Cost., nella parte in cui impongono il divieto di
crioconservazione degli embrioni soprannumerari, la necessarieta’
della creazione di massimo tre embrioni nonche’ la necessarieta’
dell’unico e contemporaneo impianto di embrioni comunque non superiori
a tre, e laddove prevedono la irrevocabilita’ del consenso da parte
della donna all’impianto in utero degli embrioni creati.