Ordinanza 23 novembre 2006
Non è manifestamente infondata la richiesta di rimozione del
crocifisso dalle aule d’udienza, posto che la circolare del ministro
della giustizia del 29 maggio 1926 n. 2134/1867 appare in contrasto
con il principio costituzionale di laicità dello Stato e con la
garanzia della libertà di coscienza e di religione, essendo pacifico
(v. in tal senso Cass. sez. unite 18 novembre 1997, n. 11432 e sez.
disciplinare 15 settembre 2004, Sansa) che nessun provvedimento
amministrativo può limitare diritti fondamentali di libertà, al di
fuori degli spazi eventualmente consentiti da una legge ordinaria
conforme a Costituzione. L’avvenuto riconoscimento di tale non
manifesta infondatezza non esaurisce tuttavia l’ambito delle
valutazioni alle quali la sezione disciplinare è tenuta, dovendosi
anche accertare se l’inadempimento degli obblighi derivanti dal
rapporto di impiego possa ritenersi giustificato dal mancato
accoglimento della pretesa alla rimozione del crocifisso. Se, infatti,
certamente l’ordinamento riconosce il diritto di seguire la propria
coscienza, l’esercizio di tale diritto non può avvenire con
modalità tali da pregiudicare le esigenze di giustizia il cui
soddisfacimento è oggetto di incontestati doveri funzionali. La
pretesa di far prevalere l’imperativo della propria coscienza,
rifiutando in modo deliberato e palese l’adempimento dei doveri
funzionali – attuando una evidente forma di disobbedienza civile, la
quale, peraltro, per sua stessa natura deve scontare l’accettazione
della relativa sanzione – non può pertanto trovare riconoscimento da
parte dell’ordinamento, all’interno del quale solo la legge
potrebbe consentirla (Nel caso di specie, veniva stabilita la
sospensione provvisoria del ricorrente dall’incarico di magistrato).