Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 28 ottobre 2015, n.2271

Con riferimento alla determinazione regionale di porre a totale carico
degli assistiti il costo delle prestazioni per la PMA di tipo
eterologo, diversamente da quanto previsto per la PMA di tipo omologo
– per la quale gli utenti sono tenuti al versamento del solo ticket,
restando in capo alla Regione il costo dell'intervento -, le
censure contenute nel ricorso sono fondate. Anzitutto non assume
rilievo determinante la circostanza che la PMA, sia omologa che
eterologa, non sia ricompresa formalmente nel d.P.C.M. che individua
le prestazioni da qualificare livelli essenziali di assistenza, atteso
che, se l'inserimento della prestazione nei LEA può avere
un effetto costitutivo nella qualificazione della stessa, rendendone
quindi doverosa l'erogazione su tutto il territorio nazionale alle
medesime condizioni minime, il mancato inserimento nell'elenco non
può determinare l'effetto opposto, considerato che va
verificata in concreto l'appartenenza di una determinata
prestazione al novero dei diritti fondamentali e, in caso affermativo,
va certamente garantita nel suo nucleo essenziale a tutti i soggetti e
su tutto il territorio nazionale. A tal proposito appare
opportuno richiamare la sentenza n. 162 del 2014 della Corte
costituzionale che ha evidenziato come "la scelta di [una] coppia
di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei
figli costituisce espressione della fondamentale e generale
libertà di autodeterminarsi, libertà che, come [la]
Corte ha affermato, sia pure ad altri fini ed in un ambito diverso,
è riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 Cost., poiché
concerne la sfera privata e familiare. Conseguentemente, le
limitazioni di tale libertà, ed in particolare un divieto
assoluto imposto al suo esercizio, devono essere ragionevolmente e
congruamente giustificate dall'impossibilità di tutelare
altrimenti interessi di pari rango". Inoltre la tematica in esame
è altresì riconducibile al "diritto alla salute,
che, secondo la costante giurisprudenza [della] Corte, va inteso
«nel significato, proprio dell'art. 32 Cost., comprensivo
anche della salute psichica oltre che fisica» (sentenza n. 251
del 2008; analogamente, sentenze n. 113 del 2004; n. 253 del 2003) e
«la cui tutela deve essere di grado pari a quello della salute
fisica» (sentenza n. 167 del 1999). Peraltro, questa nozione
corrisponde a quella sancita dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità, secondo la quale «Il possesso del migliore stato
di sanità possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni
essere umano» (Atto di costituzione dell'OMS, firmato a New
York il 22 luglio 1946). In relazione a questo profilo, non sono
dirimenti le differenze tra PMA di tipo omologo ed eterologo,
benché soltanto la prima renda possibile la nascita di un
figlio geneticamente riconducibile ad entrambi i componenti della
coppia. Anche tenendo conto delle diversità che caratterizzano
dette tecniche, è, infatti, certo che
l'impossibilità di formare una famiglia con figli insieme
al proprio partner, mediante il ricorso alla PMA di tipo eterologo,
possa incidere negativamente, in misura anche rilevante, sulla salute
della coppia, nell'accezione che al relativo diritto deve essere
data, secondo quanto sopra esposto. In coerenza con questa
nozione di diritto alla salute, deve essere, quindi, ribadito che,
«per giurisprudenza costante, gli atti dispositivi del proprio
corpo, quando rivolti alla tutela della salute, devono ritenersi
leciti» (sentenza n. 161 del 1985), sempre che non siano lesi
altri interessi costituzionali" (Corte costituzionale, sentenza
n. 162 del 2014).
Trattandosi quindi di prestazione
riconducibile a una pluralità di beni costituzionali –
libertà di autodeterminazione e diritto alla salute – né
il legislatore né, a maggior ragione, l'autorità
amministrativa possono ostacolarne l'esercizio o condizionarne in
via assoluta, la realizzazione, ponendo a carico degli interessati
l'intero costo della stessa, al di fuori di ogni valutazione e
senza alcun contemperamento con l'eventuale limitatezza delle
risorse finanziarie.

Sentenza 08 maggio 2007, n.17441

Nel momento del controllo di legittimità, la Corte di Cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di
una plausibile opinabilità di apprezzamento. Ciò premesso, va
rilevato che nessun vizio è riscontrabile nella parte della sentenza
che è pervenuta all’accertamento degli elementi del reato di truffa,
attraverso la considerazione delle varie prove acquisite e la corretta
indicazione del significato dimostrativo loro attribuito, ricostruendo
i singoli episodi con propri argomenti e specifiche ricostruzioni
anche laddove, evocando il giudizio del primo giudice, ha fatto
altrettanto proprie le conclusioni da questi raggiunte, in tal modo
dimostrando di avere ritenuto rispondenti alle risultanze processuali,
convincenti ed esatti gli argomenti giustificativi sviluppati nella
prima sentenza, nonché di avere tenuto presenti le doglianze degli
appellanti e di averle ritenute prive di fondamento (nel caso di
specie, l’intervento chirurgico di circoncisione maschile, posto in
essere in assenza di reali esigenze terapeutiche ed a carico del
servizio sanitario nazionale, veniva reputato integrare gli estremi
del reato di truffa ai danni di ente pubblico, posto che la
circoncisione rituale non costituisce una prestazione sanitaria
riconosciuta come rimborsabile).

Legge regionale 02 marzo 1998, n.2

Legge regionale 2 marzo 1998, n. 2: “Interventi a sostegno dei diritti degli immigrati”. (da “Bollettino Ufficiale della regione Marche” n. 23 del 12 marzo 1998) CAPO I – Principi generali ARTICOLO 1 (Finalità) 1. La Regione, in attuazione delle finalità fissate dallo Statuto, in armonia con la normativa comunitaria e con le leggi dello […]

Sentenza 03 maggio 2004, n.617

Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che svolgano
un’attività diversa da quella di religione e di culto, quale
l’erogazione in regime di convenzione con il S.S.N. di prestazioni
sanitarie, risultano soggetti alle leggi dello Stato concernenti tali
attività e sottoposti al regime tributario previsto per le medesime,
oltre che tenuti agli adempimenti previsti per l’esercizio di
attività di natura commerciale (es. iscrizione nel registro delle
imprese). All’osservanza da parte di detti enti di alcune norme
dello Stato, che impongono obblighi ed adempimenti, anche di natura
fiscale, (versamento dell’I.R.P.E.G., registrazione delle
deliberazioni nel registro delle imprese, ecc.), previsti per le
società di azioni, non consegue tuttavia una totale equiparazione
degli stessi alle predette società, nè l’applicazione in via
analogica della normativa che disciplina le società di capitali.
Trattasi infatti di enti che, a prescindere dalla configurazione o
meno di un tertium genus, non possono certamente trovare collocazione
normativa nella disciplina dettata per le società per azioni,
essendone comunque diversi gli scopi, gli organismi costitutivi ed
infine le stesse autorità di controllo.

Legge regionale 21 maggio 2002, n.7

Legge regionale 21 maggio 2002, n. 7: “Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002 e bilancio pluriennale 2002 — 2004”. (da “Bollettino Ufficiale della regione Puglia” n. 61 del 21 maggio 2002, Supplemento) (Omissis) TITOLO II – NORME SETTORIALI DI RILIEVO FINANZIARIO Capo I – Disposizioni in materia sanitaria ARTICOLO 23 (Anticipazioni agli IRCCS privati […]

Sentenza 26 settembre 2003, n.539

L’intervento chirurgico di circoncisione maschile integra gli estremi
del reato di truffa ai danni di Ente Pubblico, laddove – in assenza di
reali esigenze terapeutiche – venga eseguito unicamente per motivi
religiosi. Nulla impedisce, infatti, a chi lo ritenga necessario o
opportuno di sottoporsi a circoncisione o ad altra pratica rituale,
che non comporti menomazioni permanenti del proprio corpo. Tuttavia,
non è lecito l’utilizzo di artifici e raggiri per porre a carico
della collettività, in assenza di necessità di cura, i costi di una
operazione a valenza privata, posto che la circoncisione rituale non
costituisce una prestazione sanitaria riconosciuta come rimborsabile.
Tali condotte configurano, pertanto, il reato di cui all’art. 640,
comma 2 c.p., senza che possa essere attribuito alla motivazioni
religiose, alla base di dette azioni, il valore di condizione per
l’esercizio di un diritto, scriminante come tale sul piano penale.