Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 28 maggio 2010, n.187

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, primo
comma, Cost., l’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n.
388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della
carta di soggiorno la concessione dell’assegno mensile di invalidità
di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 agli stranieri
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato. Il suddetto
assegno costituisce una provvidenza destinata non già ad integrare il
minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire
alla persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la
sopravvivenza. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo, ove si versi, come nel caso di specie, in tema di
provvidenza destinata a far fronte al sostentamento della persona,
qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi
dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con
il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, la norma in
esame, che interviene direttamente e restrittivamente sui presupposti
di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali,
viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali imposto dall’evocato parametro costituzionale, poiché
discrimina irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti
nel territorio dello Stato nel godimento di diritti fondamentali della
persona riconosciuti ai cittadini.

Sentenza 16 febbraio 2004, n.2915

L’art. 23 bis del D.L. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito in legge 29
febbraio 1980 n. 33, stabilisce che agli istituti, enti, ospedali che
erogano prestazioni del servizio sanitario nazionale, anche in regime
convenzionale, si applica l’art. 7 della legge 11.6.1974 n. 252, il
quale prevede l’esonero dal pagamento dei contributi dovuti alla
Cassa Unica Assegni Familiari, ove detti enti non abbiano fine di
lucro ed assicurino un trattamento per carichi di famiglia non
inferiore a quello previsto per gli assegni familiari dal D.P.R. n.
797/1955.
Tale disposizione deve ritenersi operante anche relativamente a quegli
enti ecclesiastici, quali case di cura gestite da religiosi, che –
erogando dietro corrispettivo prestazioni assistenziali – realizzino
utili di gestione, laddove questi ultimi vengano destinati – secondo
quanto stabilito dallo statuto dell’ente stesso – al soddisfacimento
dei fini assistenziali e di beneficenza perseguiti.
Al riguardo occorre, dunque, sottolineare la differenza tra “avanzi di
gestione”, i quali non costituiscono “profitto”, bensì eventuale
superamento tra le “entrate” e le “uscite”, e “fine di lucro”.
L'”utile di gestione” delle case di cura predette costituisce,
infatti, non il fine della Congregazione, ma il mezzo per il
conseguimento delle finalità istituzionali dell’ente,
complessivamente considerato, che – a differenza del comune
imprenditore, il quale è libero di destinare i profitti della sua
attività economica a propria discrezione – deve necessariamente
impiegare tali “profitti” gestionali al soddisfacimento di quei fini
assistenziali e di beneficenza perseguiti, libero soltanto di graduare
le priorità di intervento in tale ambito istituzionale.

Parere 14 dicembre 1994, n.3755

Ai fini del riconoscimento in persona giuridica civile di una casa di
religiose che esplicano attività ospedaliera, senza fini di lucro, è
necessario che l’ente abbia un congruo patrimonio, ravvisabile nei
proventi, derivanti dall’attività sanitaria esercitata, che
assicurano nel tempo la remunerazione delle prestazioni assistenziali
delle suore. Al fine dell’approvazione dello statuto di un ente
così strutturato, è risultata indispensabile la previsione di una
norma statutaria che regolamentasse, ex art. 8 D.P.R. n. 33 del 1987,
le operazioni relative alla stesura delle scritture contabili.
Trattandosi, peraltro, di un ente religioso di diritto canonico,
ricorre un ambito di apprezzamento più ristretto rispetto a quello
concernente gli altri enti morali. Sotto questo profilo, rilevante
risulta il nuovo regime per la registrazione degli enti ecclesiastici,
perché permette di pubblicizzare la struttura organizzativa
dell’ente e i controlli interni della sua gestione.