Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 18 febbraio 2016, n.5341

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sez. IV, sent.
30.01.22014, n. 285/2012) ha chiarito che in assenza di una
definizione di conflitto armato interno, la definizione della portata
di questi termini deve essere stabilita sulla base del suo significato
abituale nel linguaggio corrente ovvero una situazione in cui le forze
governative di uno Stato si scontrano con uno i più gruppi
armati o nella quale due o più gruppi armati si scontrano tra
loro, senza che l’intensità degli scontri armati, il
livello di organizzazione delle forze armate presenti o la durata del
conflitto siano oggetto di una valutazione distinta da quella relativa
al livello di violenza che imperversa nel territorio in questione. In
questo senso, la situazione del Pakistan appare, dunque,
particolarmente delicata, connotata da un elevato rischio di attentati
terroristici nonché teatro di sequestri da parte di gruppi
criminali, scontri e disordini di carattere religioso.

Sentenza 15 settembre 2010, n.18332

Il testimone di Geova, cui il particolare credo religioso vieta la
trasfusione del sangue, ha pieno diritto di rifiutare
tale trattamento, anche in ipotesi di pericolo grave ed
immediato per la sua sopravvivenza, purchè egli esprima
direttamente il suo dissenso con una manifestazione di volontà
“espressa, attuale, inequivoca, informata”, ovvero qualora – come nel
caso di specie – egli  rechi con sé una puntuale articolata ed
espressa dichiarazione, dalla quale inequivocabilmente emerga la
volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di
vita. Nè il rifiuto del consenso al trattamento ha costituito, nel
caso di specie, un fatto anomalo e imprevedibile, rappresentando
altresì il mero esercizio di un diritto, garantito all’infortunato
dalla Costituzione e ormai largamente riconosciuto da costante
giurisprudenza, inidoneo in quanto tale ad interrompere la continuità
fattuale e logica-giuridica tra l’evento-sinistro e l’evento
morte.

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Per approfondire in OLIR.it: cfr. Corte di Cassazione, Sentenza 15
settembre 2008, n. 23676
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4784]

Decreto 16 gennaio 2009

La figura dell’amministratore di sostegno, introdotta nel 2004, è
finalizzata a valorizzare la volontà del beneficiario che, dopo avere
consapevolmente espresso i voleri inerenti ogni aspetto (non solo
patrimoniale) della propria esistenza, tema di non essere in grado di
autodeterminarsi e quindi di poterli attuare direttamente. Per questi
motivi, tale soggetto vuole che l’amministratore si esprima per lui,
facendo eseguire le direttive dettate nel tempo in cui era
perfettamente capace. Il nuovo istituto non consente, dunque, una
sovrapposizione della decisione dell’amministratore a quella
liberamente manifestata dall’interessato, sia in prossimità del
trattamento, sia in previsione dello stesso, ma è al contrario la
garanzia offerta dall’ordinamento della certezza che le scelte
fondamentali di vita della persona siano pienamente attuate anche per
il caso di perdita della capacità intellettiva, nel rispetto
ovviamente dei valori fondamentali dell’ordinamento giuridico.
L’amministratore di sostegno non potrà pertanto sostituire la
propria decisione a quella manifestata dal beneficiario, essendo i
suoi compiti limitati a verificare che i desideri e le aspirazioni dei
quest’ultimo (definiti nelle c.d. “direttive anticipate”) siano
effettivamente osservati (nel caso di specie, veniva accolto il
reclamo contro il decreto del Giudice tutelare, di diniego
dell’autorizzazione al rifiuto di emotrasfusioni da parte
dell’amministratore di sostegno nel caso di pericolo di vita del
paziente – si veda in OLIR: Tribunale Civile di Cagliari. Decreto 4
novembre 2008
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4836&prvw=1]).

Sentenza 18 maggio 2006, n.16995

Lo stato di incoscienza del paziente priva il diniego, precedentemente
manifestato nei confronti della sottoposizione ad emotrasfusioni, del
necessario requisito della attualità del dissenso. Inoltre, il grave
stato di necessità impone, in ogni caso, ai sanitari il ricorso a
qualunque intervento terapeutico necessario per salvare la vita del
paziente.

Decreto 04 novembre 2008

Nel nostro ordinamento non è in alcun modo positivamente prevista la
possibilità di disporre anticipatamente del proprio corpo con
manifestazioni di volontà relative al rifiuto di terapie per un
momento successivo a quello in cui tale volontà venga esternata (c.d.
testamento biologico). In questo senso, si deve pertanto rilevare
come, in assenza di una disciplina normativa che attribuisca
ultrattività alla volontà del rifiuto di cure cosiddette
“salva-vita” da parte dell’interessato, l’attribuzione ad un
terzo – quale l’amministratore di sostegno – della facoltà di farsi
latore di tale volontà si tradurrebbe nel rimettere, per via
giurisprudenziale, ad una volontà estranea la decisione di
un’omissione di cure certamente o probabilmente foriera del
sacrificio di una vita potenzialmente sana (nel caso di specie,
l’amministratore di sostegno non veniva autorizzato dal giudice
tutelare, nella ipotesi di perdita di coscienza da parte del
ricorrente, a rifiutare le terapie, compresa l’eventuale trasfusione
di sangue, che i sanitari avessero ritenuto necessarie ed
indifferibili per la salvaguardia della integrità fisica del paziente
e della sua stessa vita) (cfr., contra, Tribunale Civile di Bologna,
Decreto 4 giugno 2008, n. 297
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4825])

Sentenza 15 settembre 2008, n.23676

Nell’ipotesi di pericolo grave ed immediato per la vita del paziente,
il dissenso del medesimo deve essere oggetto di manifestazione
espressa, inequivoca, attuale, informata. Esso deve, cioè, esprimere
una volontà non astrattamente ipotetica ma concretamente accertata.
Ciò non implica che, in tutti i casi in cui il paziente portatore di
forti convinzioni etico-religiose – come é appunto il caso dei
testimoni di Geova – si trovi in stato di incoscienza, debba per
questo subire un trattamento terapeutico contrario alla sua fede. Ma
comporta altresì che, a manifestare il dissenso al trattamento
trasfusionale, sia o lo stesso paziente che rechi con sé una
articolata, puntuale, espressa dichiarazione dalla quale
inequivocamente emerga la volontà di impedire la trasfusione anche in
ipotesi di pericolo di vita, ovvero un diverso soggetto da lui stesso
indicato quale rappresentante ad acta il quale, dimostrata l’esistenza
del proprio potere rappresentativo in parte qua, confermi tale
dissenso all’esito della ricevuta informazione da parte dei sanitari.