Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 11 settembre 2018, n.40301/18

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di
violenza sessuale con abuso di autorità commesso da un parroco
nei confronti di un minore. Pur non ricorendo una posizione
autoritativa di tipo formale e pubblicistico, infatti, il ricorrente,
per il suo ruolo di parroco, era percepito come un sicuro punto di
riferimento dai giovani che frequentavano l’oratorio, a nulla
rilevando che non rivestisse alcun ruolo formale all’interno
dell’istituto scolastico ospitato dalla casa salesiana di cui
era direttore. La sua veste di parroco era sufficiente a giustificare
l’esistenza della sua posizione di supremazia rispetto ai minori
che si relazionavano con lui in oratorio.

Sentenza 14 gennaio 2016, n.34

La sentenza in commento del Tribunale di Como, 14 gennaio 2016 –
Est. A. Petronzi, affronta il delicato caso del risarcimento del danno
da violenza sessuale commessa da un Parroco nei confronti di un minore
(peraltro, affetto da lieve ritardo mentale), che frequentava le
attività pastorali della Parrocchia e rivestiva anche le
funzioni di chierichetto.
Gli attori (il minore e i suoi
genitori) avevano chiesto il risarcimento del danno da reato,
già accertato con sentenza passata in giudicato, non solo nei
confronti del Parroco, reo delle violenze sessuali, ma anche nei
confronti della Parrocchia e della relativa Diocesi.
Il giudice lariano, con approfondita e condivisibile
motivazione, ha ritenuto sussistere (oltre alla responsabilità
civile del reo, già accertata in sede penale) la
responsabilità diretta della Parrocchia e indiretta della
Diocesi.
La responsabilità diretta, ex art.
2043 c.c., della Parrocchia è fondata sul rapporto organico
sussistente tra il Parroco e l’ente-Parrochia, in ragione della
riferibilità all’ente del comportamento del Parroco, in
quanto la condotta illecita ha trovato occasione nell’esercizio
delle attività proprie della Parrocchia, allorché il
minore era affidato alla cura ed alla vigilanza del Parroco, ed anzi
sfruttando il suddetto contesto di minorata difesa non solo della
vittima, ma anche e soprattutto della famiglia, evidentemente
fiduciosa di affidare il figlio ad un contesto di assoluta
protezione.
Mentre, la responsabilità
indiretta della Diocesi per fatto altrui, ex art. 2049 c.c., è
fondata sul potere di indirizzo, controllo e direzione che il diritto
canonico riconosce al Vescovo, quale rappresentante la Diocesi
(rapporto di preposizione) e sulla circostanza che le funzioni del
Parroco hanno agevolato la commissione del fatto illecito (nesso di
occasionalità necessaria).
Altro aspetto di
rilievo, risolto dalla annotata sentenza, concerne il profilo della
prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti degli
obbligati in solido. Parrocchia e Diocesi, infatti, avevano eccepito
la prescrizione nei loro confronti della domanda di risarcimento del
danno, se obbligati in solido, rispetto ai fatti-reato accaduti tra
l’agosto 2003 e l’ottobre 2004.
Il
giudice lariano, premesso che il più lungo termine di
prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da
fatto-reato, ex art. 2947, comma 3, c.c., si riferisce alla sola
obbligazione principale, collegata al reato, e non anche alle
obbligazioni solidali, ha rilevato che gli effetti interruttivi della
costituzione di parte civile nel processo penale, ex artt. 2943 e 2945
c.c., si sono estesi, a norma dell’art. 1310 c.c., anche nei
confronti dei condebitori solidali, ancorché non abbiano
partecipato al relativo giudizio penale, il cui giudicato si è
formato in data 22.05.2012, mentre l’atto di citazione è
stato notificato ai condebitori solidali in data 10.12.2013.

L’annotata sentenza è stata confermata da
App. Milano 20 marzo 2017 – Pres. est. W. Saresella.


(Fonte: www.altalex.com)

Ordinanza 08 ottobre 2012

Ai fini della sussistenza della responsabilità di cui all’art. 2049
c.c., deve rilevarsi come per costante giurisprudenza il preponente
sia responsabile allorché l’instaurarsi del rapporto di
preposizione si ponga in rapporto di occasionalità necessaria
rispetto al fatto di reato, nel senso che proprio il rapporto di
preposizione – con l’attribuzione al preposto di determinati
compiti e responsabilità (nel caso di specie, in qualità di Parroco)
– lo abbia messo nella condizione di potere compiere più
agevolmente il fatto dannoso (nel caso in oggetto, un fatto di reato),
che altrimenti sarebbe stato al di fuori della sua portata o avrebbe
potuto commettere solo con molta più difficoltà.

Sentenza 28 novembre 2012, n.21129

Con questa decisione la Corte di Cassazione ha riconosciuto la
legittimazione ad agire per la tutela della libertà religiosa di una
determinata comunità in capo al soggetto che, secondo l’ordinamento
confessionale, abbia la rappresentanza di quella comunità.
Ha, altresì, affermato che il diritto, costituzionalmente garantito,
di libertà religiosa “si esprime anche nel diritto all’uso e alla
frequenza degli edifici di culto, tanto collettivamente sul piano
comunitario quanto individualmente”.
Il Supremo Collegio ha, inoltre, statuito che nel caso di conflitto
tra il diritto del proprietario del fondo servente di chiudere tale
fondo (ai sensi dell’art. 841 c.c.) ed il diritto di passaggio del
titolare della relativa servitù (_ex_ art. 1064 c.c.), ove
finalizzato ad accedere ad un edificio di culto, è necessario un
particolare giudizio di bilanciamento poiché si versa in un’ipotesi
“al di fuori di un conflitto tipicamente prediale”. A tal fine la
pronuncia di legittimità ha espressamente richiamato il principio
supremo di laicità dello Stato enunciato dalla Corte Costituzionale,
nella sua accezione di “garanzia dello Stato per la salvaguardia
della libertà di religione” e delle “condizioni che favoriscano
l’espansione della libertà di tutti e, in questo ambito, della
libertà di religione”. (Nel caso di specie è stato accolto il
ricorso del Parroco di Santa Maria a Pugliano di Ercolano, proposto in
tale veste ed in qualità di “rappresentante della comunità dei
fedeli della contrada Osservatorio di Ercolano”, col quale era stata
lamentata l’apposizione di una recinzione metallica e di un cancello
scorrevole che rendevano meno comodo l’accesso dei fedeli alla
Chiesa parrocchiale. La sentenza di merito è stata cassata per
insufficiente motivazione, non avendo dato conto dell’iter
argomentativo con cui era stato escluso che la chiusura del fondo
potesse in concreto incidere sul diritto di passaggio, particolarmente
qualificato dall’esercizio del diritto costituzionale di libertà
religiosa).

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La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento e
la stesura dell’abstract Mattia Francesco Ferrero, Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Sentenza 08 marzo 2010, n.9132

La registrazione ad opera della polizia giudiziaria dei colloqui con
le persone informate sui fatti non costituisce attività
d’intercettazione in senso tecnico, perché proviene da uno dei
soggetti che ha partecipato alla conversazione, ma integra una
legittima modalità di documentazione fonica, che non lede alcun
principio costituzionale pur quando è realizzata in modo occulto, in
quanto la Costituzione tutela la libertà e la segretezza delle
comunicazioni, non la loro riservatezza (nel caso di specie, il
ricorrente – condannato per il reato di estorsione aggravata e
continuata nei confronti di un ministro di culto – presentava ricorso
per l’inutilizzabilità della registrazione eseguita dalla polizia
giudiziaria, durante le indagini preliminari, avente per oggetto una
conversazione tra presenti ascoltata dai pubblici ufficiali operanti,
per carenza del decreto autorizzativo, in violazione degli articoli
271 e 266 c.p.c., trattandosi di intercettazione ambientale)

Sentenza 27 marzo 2007, n.7449

L’impossibilitá contingente di assistere ad una messa di suffragio
in una determinata ora, per affermato inadempimento contrattuale del
sacerdote che avrebbe dovuto officiarla, non lede alcun diritto
fondamentale della persona, né incide – in particolare – sul diritto
di ognuno a praticare i riti della propria religione, in quanto si
appalesa estranea alla libertà di culto (Nel caso di specie, veniva
negato ai familiari del defunto il risarcimento del danno non
patrimoniale derivante dalla mancata celebrazione, nell’orario
stabilito, della messa in suffragio del loro congiunto)

Sentenza 06 dicembre 2002, n.5458

La partecipazione al contratto di una Chiesa e di una Casa religiosa
(nella specie, Chiesa di Santa Maria Loreto e Casa religiosa di
Castellammare di Stabia), attraverso i relativi parroci, non è
premessa sufficiente a giustificare l’attribuzione degli effetti del
contratto alla corrispondente Provincia italiana di Istituto religioso
(nella specie, la Provincia napoletana dei Frati minori), considerato
non solo (facendo applicazione delle norme vigenti in materia di
soggettività giuridica degli enti ecclesiastici, dettate dalla legge
20 maggio 1985, n. 222) la mancanza della personalità giuridica nei
soggetti apparentemente stipulanti – la Chiesa e la Casa religiosa –
che costituiscono soltanto dei beni compresi nel patrimonio della
Provincia italiana di Istituto religioso, ma anche il potere, nella
persona fisica intervenuta alla stipulazione del contratto, di
impegnare la responsabilità di quest’ultimo ente spendendone il nome.

Sentenza 20 settembre 2002, n.39727

La distruzione di un affresco appartenente ad una Parrocchia integra
il reato di cui all’art. 733 c.p., in base al quale il soggetto attivo
può essere soltanto il proprietario della cosa danneggiata o
distrutta. Tale reato risulta, quindi, confifurabile in capo al
parroco, rappresentante dell’ente, mentre non possono essere accettate
interpretazioni estensive o applicazioni analogiche della norma
suddetta, tali da ricomprendere tra i destinatari del precetto
soggetti privi della titolarità di diritti reali o di possesso sui
beni protetti.

Delibera 06 settembre 1984, n.17

Conferenza Episcopale Italiana, Delibera n. 17 del 6 settembre 1984: “Nomine dei parroci” (1). (da “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” n. 8/1984) Le nomine dei parroci ad certum tempus hanno la durata di nove anni. (1) Cfr. anche Delibera n. 5 promulgata con Decreto del Presidente della C.E.I. del 23 dicembre 1983, n. 1035/83 in […]

Delibera 23 dicembre 1983, n.5

Conferenza Episcopale Italiana, Delibera n. 5 del 23 dicembre 1983: “Nomina dei parroci”. (da “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” n. 7/1983) I Vescovi hanno la facoltà di nominare i parroci «ad certum tempus».