Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 16 maggio 2014, n.10821

Le scuole private al fine di ottenere la c.d. parificazione debbono
assumere l'obbligo di garantire l'integrazione scolastica
delle persone disabili "senza oneri per lo Stato". 
Tale requisito rientra tra gli obblighi specificatamente richiesti al
momento del riconoscimento della parità. Pertanto, nessun
rimborso può venire domandato da tali istituti per le spese
sostenute al fine di garantire l'istruzione di sostegno agli
alunni disabili. Costituisce, infatti, presupposto indefettibile per
il riconoscimento della parità delle scuole private – ai sensi
degli artt. 4 della legge n. 60/2000 e 13 della legge 104/1992 – che
queste ultime assumano l'impegno a garantire il servizio
educativo, ivi comprese le prestazioni previste per i soggetti
disabili, a tutti gli studenti per i quali sia stata avanzata
richiesta.

Nota 04 febbraio 2008, n.1380

Ministero della Pubblica Istruzione. Nota 4 febbraio 1380: “Regolamenti di attuazione dell’art 1-bis, del D.L. 5 dicembre 2005, n. 250 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27”. Ministero della Pubblica Istruzione Dipartimento per l’Istruzione Direzione generale per gli Ordinamenti Scolastici Uff. X Nella Gazzetta Ufficiale n. 20 (serie generale) del 24 gennaio […]

Decreto ministeriale 29 novembre 2007, n.267

Ministero della Pubblica Istruzione. Decreto 29 novembre 2007, n. 267: “Regolamento recante «Disciplina delle modalita’ procedimentali per il riconoscimento della parita’ scolastica e per il suo mantenimento, ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27»”. (GU n. 23 del 28 […]

Ordinanza 02 marzo 2006, n.331

Appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 14,
comma 5, del d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 nella parte in cui,
sostituendo il terzo periodo dell’art. 4, coma 4, della legge 10
dicembre 1997, n. 425, dispone che – per l’eventuale configurazione
di commissioni di esame di Stato formate da soli candidati privatisti
– queste ultime “possono essere costituite soltanto presso gli
istituti statali”, per contrasto con i principi costituzionali
desumibili dagli artt. 76, 41, 3 e 33, comma 4, della Costituzione.

Legge 03 febbraio 2006, n.27

Legge 3 febbraio 2006, n. 27: "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonchè in tema di rinegoziazione di mutui". (da "Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana" 4 febbraio 2006, n. 29) Art. […]

Sentenza 16 novembre 2001, n.2255

L’art. 2 del Decreto legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito dalla
legge 20 agosto 2001, n. 333, laddove prevede la parificazione, a
partire dal 1° settembre 2000, dei servizi di insegnamento prestati
presso le scuole paritarie al servizio svolto nelle scuole statali,
conferma la tesi, posta a fondamento del decisum di prime cure,
dell’inesistenza, per il periodo previgente, di una norma ovvero di un
principio che imponesse la valutazione in termini identici del
servizio. Pertanto in assenza di un precetto legislativo di segno
opposto, la clausola limitativa del peso del servizio presso un
istituto privato, lungi dall’incidere sulla pari dignità degli
insegnamenti, costituisce il precipitato logico del differente sistema
di reclutamento, libero in ambito privato ed ispirato a criteri di
procedimentalizzazione in sede pubblica.

Sentenza 30 gennaio 2003, n.42

Si dichiara l’inammissibilità della richiesta di referendum popolare
volto all’abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, dell’art. 1
l. 10 marzo 2000 n. 62 (Norme per la parità scolastica e disposizioni
sul diritto allo studio e all’istruzione), richiesta peraltro
dichiarata legittima, con ordinanza 9 dicembre 2002, dall’ufficio
centrale costituito presso la Corte di cassazione, con la
denominazione “Scuola privata: abrogazione di norme relative a
contributi statali e di norme agevolatrici in materia di personale
docente”. Il quesito referendario risulta infatti, in primo luogo,
intimamente contraddittorio, in quanto, con la richiesta di
abrogazione delle parole “e dalle scuole paritarie private”, si
propone lo scopo di espungere dal sistema nazionale di istruzione le
scuole paritarie, le quali, al contrario, continuerebbero a farne
parte integrante alla stregua della normativa più dettagliata,
contenuta nel medesimo art. 1, non toccata dal quesito: ne risulta in
tal modo investita la stessa “ratio” del quesito, giacché una volta
che il legislatore abbia istituito il sistema scolastico nazionale,
espungere da questo una categoria di scuole che, obbligate a
conformarsi ai prescritti standard qualitativi, restano invece
assoggettate al medesimo e comune regime richiesto dall’art. 33 comma
4 cost. ai fini della parità, risulta non solo contraddittorio ma
anche discriminatorio, non essendo concepibile, in un regime di
esclusione concettuale dal sistema nazionale quale è quello cui tende
la richiesta referendaria, una parità effettiva che non si riduca a
mera declamazione verbale, poiché le formulazioni di principio non
sono mai vuote e inutili proclamazioni, ma enunciati giuridici capaci
di immettere nell’ordinamento virtualità interpretative altrimenti
assenti e di ovviare alle eventuali imprecisioni o alle lacune in
questo riscontrabili. Il quesito referendario risulta altresì
disomogeneo, in quanto unifica oggetti rispetto ai quali la scelta
dell’elettore non può essere costretta in un solo quesito, quali, da
un lato, l’eliminazione dell’agevolazione che viene assicurata alle
scuole paritarie, consistente nel potersi avvalere anche delle
prestazioni volontarie di personale docente o di prestatori d’opera
professionale e, dall’altro, la preclusione del sostegno alle famiglie
degli studenti delle scuole statali e non statali, che deriva dal
rimborso della spesa sostenuta e documentata per l’istruzione
scolastica.

Legge regionale 19 gennaio 2001, n.1

Legge regionale 19 gennaio 2001, n. 1: “Interventi a favore delle famiglie degli alunni delle scuole statali e paritarie”. (da “Bollettino Ufficiale della regione Veneto” n. 8 del 23 gennaio 2001) Art. 1 (Finalità) 1. La Regione del Veneto nell’ambito della completa applicazione delle norme in materia di diritto allo studio e di riordino dei […]

Sentenza 26 gennaio 2005, n.33

Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate
in relazione all’art. 1, commi 4, 9 e 10, della legge 10 marzo 2000,
n. 62, recante “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul
diritto allo studio e all’istruzione”. Occorre premettere, al
riguardo, che il ricorso in esame è stato proposto nella vigenza del
vecchio Titolo V, sicché deve escludersi – sul punto – la
rilevanza, nel giudizio in questione, delle modifiche introdotte dalla
legge costituzionale n. 3 del 2001. In particolare, la legge n. 62 del
2000 non ha tra le sue finalità di intervenire sul sistema di riparto
di attribuzioni tra Stato e Regioni, ma unicamente quella di delineare
il sistema nazionale di istruzione; essa costituisce, quindi,
esercizio della potestà legislativa statale nella materia in esame.
In questa prospettiva, ed essendo all’epoca dei fatti de quibus solo
iniziato il processo di trasferimento alle Regioni di competenze in
materia di istruzione, non vi era alcuna necessità di concertare con
esse i requisiti per il riconoscimento della parità. Inoltre, come la
Suprema Corte ha più volte chiarito, non è individuabile un
fondamento costituzionale dell’obbligo di adottare procedure
legislative ispirate alla leale collaborazione tra Stato e Regioni.
Infondate sono, del pari, le questioni concernenti l’art. 1, commi 9
e 10, della legge n. 62 del 2000. La norma censurata, infatti, non
dispone direttamente la ripartizione del finanziamento straordinario,
ma demanda la concreta ripartizione ad un successivo decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri. La mancata previsione di una
consultazione della Conferenza permanente non precludeva quindi, e non
ha impedito, nella specie, la possibilità che operassero le
disposizioni che, in via generale, prevedono i casi nei quali la
Conferenza deve essere consultata. Deve ritenersi inoltre infondato il
profilo secondo il quale l’art. 1, commi 9 e 10 sarebbe censurabile,
in quanto contenente disposizioni di dettaglio in materia di
assistenza scolastica. La legge n. 62 del 2000, infatti, nel prevedere
l’istituzione delle scuole paritarie – quali componenti del sistema
nazionale di istruzione – ha dettato un principio, valido per tutte le
scuole inserite in detto sistema, volto a rendere effettivo il diritto
allo studio anche per gli alunni iscritti alle scuole paritarie; nel
far ciò, tale legge ha previsto un finanziamento straordinario,
aggiuntivo rispetto agli ordinari stanziamenti, in favore delle
Regioni e delle Province autonome, finalizzato al sostegno della spesa
sostenuta e documentata dalle famiglie per l’istruzione. Le
modalità di detto finanziamento – straordinario e strettamente
indirizzato ad estendere il sostegno anche agli alunni iscritti alle
scuole paritarie – consentono dunque di escludere la denunciata
lesione delle attribuzioni regionali.