Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 27 novembre 2010, n.8298

Rientra tra i compiti degli enti territoriali provvedere a che sia
consentito a tutte le confessioni religiose di poter liberamente
esplicare la loro attività, anche individuando aree idonee ad
accogliere i rispettivi fedeli. I Comuni pertanto non possono
sottrarsi dal dare ascolto alle eventuali richieste in questo senso
che mirino a dare un contenuto sostanziale effettivo al diritto del
libero esercizio garantito a livello costituzionale, non solo nel
momento attuativo, ma anche nella precedente fase di pianificazione
delle modalità di utilizzo del territorio. Ciò rilevato, tuttavia,
il diritto di culto, come tutti i diritti, è collegato altresì alla
tutela delle altre situazioni giuridiche che l’ordinamento riconosce
e garantisce. Esso deve pertanto venire esercitato nel rispetto
delle regole predisposte e, dunque, nel caso di specie della
normativa urbanistica che, nel suo contenuto essenziale, mira
esplicitamente a contemperare i diversi possibili usi del territorio.

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In OLIR.it
T.A.R. Milano Lombardia sez. II, sentenza 28 dicembre 2009, n. 6226
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5639]: “Edifici di
culto: mutamento di destinazione d’uso e permesso di costuire” (I
grado)

Sentenza 23 novembre 2006

L’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, recante il Testo Unico delle
disposizioni normative e regolamentari in materia edilizia prevede –
all’art. 31, comma 2 – che “Il dirigente o il responsabile del
competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in
assenza di permesso, in totale difformità del medesimo, … ingiunge
al proprietario ed al responsabile dell’abuso la rimozione o la
demolizione”. Pertanto, se non può sostenersi che il proprietario
sia, in ogni caso, chiamato a rispondere degli abusi edilizi commessi
da terzi su immobili di sua proprietà, dall’altro la sua
“estraneità” non vale, di per se sola ad esonerarlo da qualsiasi
responsabilità, risultando la prova libertoria da fornirsi al
riguardo particolarmente difficile. Non basta infatti che quest’ultimo
dimostri di essere rimasto estraneo alle operazioni materiali ed,
ancor prima, di non aver commissionato l’opera, dovendo invece
dimostrare di essersi attivato con tutti i mezzi previsti
dall’ordinamento per impedire l’abuso potendo, in caso di mera
tolleranza, ipotizzarsi un suo coinvolgimento, quantomeno a titolo di
responsabilità morale (nel caso di specie, una arciconfraternita
veniva condannata a provvedere alla demolizione delle opere
abusivamente realizzate su un bene immobile di sua proprietà da altro
soggetto comproprietario)