La questione di legittimità degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143,
143-bis, 156-bis del codice civile, «nella parte in cui,
sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di
orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone
dello stesso sesso», sollevata in riferimento all’art. 2 Cost. deve
essere dichiarata inammissibile, perché diretta ad ottenere una
pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata. Per “formazione
sociale” (ex art. 2 Cost.) deve infatti intendersi ogni forma di
comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il
libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di
una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da
annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile
convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto
fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia,
ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge
– il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si
deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento
– che necessariamente postula una disciplina di carattere generale,
finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia
– possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione
delle unioni omosessuali al matrimonio. Ne deriva, dunque, che,
nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento,
nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le
forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando
riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a
tutela di specifiche situazioni. Può accadere, infatti, che, in
relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di
un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e
quella della coppia omosessuale, trattamento che la Suprema Corte può
garantire con il controllo di ragionevolezza.
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Un commento alla sentenza in www.associazionedeicostituzionalisti.it:
:: Il diritto “consentito” al matrimonio ed il diritto
“garantito” alla vita familiare per le coppie omosessuali in una
pronuncia in cui la Corte dice “troppo” e “troppo poco”
[http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/rivista/2010/00/Romboli01.pdf],
di Roberto Romboli