Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 02 aprile 2013, n.14979

Secondo la disciplina della legge n. 194 del 1978, l’obiezione di
coscienza esonera il medico esclusivamente dal “compimento delle
procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a
determinare l’interruzione della gravidanza”. La legge tutela dunque
il diritto di obiezione entro lo stretto limite delle attività
dirette alla interruzione della gravidanza, esaurite le quali il
medico obiettore non può opporre alcun rifiuto dal prestare
assistenza alla donna (Nella specie, la richiesta di assistenza
riguardava il c.d. secondamento rispetto ad un caso di interruzione
della gravidanza indotta per via farmacologica. La Corte ha ritenuto
che la fase rispetto alla quale opera l’esonero da obiezione di
coscienza fosse da ritenersi limitata alle sole pratiche di
predisposizione e somministrazione dei farmaci abortivi, coincidenti
cioè con quelle procedure e attività specificamente e
necessariamente dirette a determinare l’interruzione, cui si riferisce
l’art. 9 comma 3 legge n. 194/1978).

Ordinanza 23 novembre 2006

Non è manifestamente infondata la richiesta di rimozione del
crocifisso dalle aule d’udienza, posto che la circolare del ministro
della giustizia del 29 maggio 1926 n. 2134/1867 appare in contrasto
con il principio costituzionale di laicità dello Stato e con la
garanzia della libertà di coscienza e di religione, essendo pacifico
(v. in tal senso Cass. sez. unite 18 novembre 1997, n. 11432 e sez.
disciplinare 15 settembre 2004, Sansa) che nessun provvedimento
amministrativo può limitare diritti fondamentali di libertà, al di
fuori degli spazi eventualmente consentiti da una legge ordinaria
conforme a Costituzione. L’avvenuto riconoscimento di tale non
manifesta infondatezza non esaurisce tuttavia l’ambito delle
valutazioni alle quali la sezione disciplinare è tenuta, dovendosi
anche accertare se l’inadempimento degli obblighi derivanti dal
rapporto di impiego possa ritenersi giustificato dal mancato
accoglimento della pretesa alla rimozione del crocifisso. Se, infatti,
certamente l’ordinamento riconosce il diritto di seguire la propria
coscienza, l’esercizio di tale diritto non può avvenire con
modalità tali da pregiudicare le esigenze di giustizia il cui
soddisfacimento è oggetto di incontestati doveri funzionali. La
pretesa di far prevalere l’imperativo della propria coscienza,
rifiutando in modo deliberato e palese l’adempimento dei doveri
funzionali – attuando una evidente forma di disobbedienza civile, la
quale, peraltro, per sua stessa natura deve scontare l’accettazione
della relativa sanzione – non può pertanto trovare riconoscimento da
parte dell’ordinamento, all’interno del quale solo la legge
potrebbe consentirla (Nel caso di specie, veniva stabilita la
sospensione provvisoria del ricorrente dall’incarico di magistrato).

Sentenza 15 dicembre 2005, n.622

La decisione da parte di un magistrato di astenersi dal tenere udienze
per la presenza del crocifisso in aula integra gli estremi del reato
di omissione di atti di ufficio di cui all’art. 328 c.p.. Il mancato
espeltamento della funzione giurisdizionale, infatti, non può essere
legittimato da un preteso bilanciamento – ed ancora meno dal prevalere
– delle esigenze discendenti dalla legittima tutela della libertà
religiosa o di coscienza sul dovere di adempimento delle fuzioni
proprie della magistratura. L’obbligo di esercizio di queste ultime
deve dunque essere assolto in via primaria ed il rifiuto ripetutamente
manifestato nei confronti dell’espeltamento delle stesse deve pertanto
ritenersi illegittimo.