Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 23 marzo 2018, n.32028/2018

La Corte di Cassazione ha chiarito che l'aggravante della
finalità di discriminazione non ricorre esclusivamente nel caso
in cui l'espressione oggetto di analisi riconduca alla
manifestazione di un pregiudizio nel senso dell'inferiorità
di una determinata razza, nazione, etnia o religione, ma anche quando
la condotta di chi la pronuncia, valutata nel suo complesso, risulti
intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a
suscitare in altri analogo sentimento di odio etnico, nazionale,
razziale o religioso, e comunque a dar luogo, in futuro o
nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti
discriminatori.

Risoluzione 15 giugno 2006, n.273

Parlamento europeo. Risoluzione 15 giugno 2006, n. 273: “Intensificarsi della violenza razzista e omofoba in Europa”. Il Parlamento europeo , – visti gli strumenti internazionali in materia di diritti umani che vietano la discriminazione fondata sull’origine razziale o etnica, in particolare la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale e la Convenzione europea […]

Ordinanza 13 dicembre 2004, n.274757

Conseil d’Etat. Ordonnance du juge des référés du 13 décembre 2004, N°274757: “Francia: sospensione della diffusione dei programmi incitanti all’odio religioso”. Président du Conseil supérieur de l’audiovisuel Vu la requête, enregistrée le 1er décembre 2004 au secrétariat du contentieux du Conseil d’Etat, présentée par le président du Conseil supérieur de l’audiovisuel, tendant à ce que, […]

Sentenza 10 gennaio 2002, n.7421

L’art. 3, della legge 13 ottobre 1975 n. 654, nel vietare –
sanzionandolo penalmente – ogni tipo di discriminazione razziale, sia
riconoscibile in atti, individuali o collettivi, di incitamento
all’offesa della dignità di persone di diversa razza, etnia o
religione, sia in comportamenti di effettiva offesa di tali persone,
consistenti in parole, gesti e forme di violenza ispirati in modo
univoco da intolleranza, delinea una figura di reato caratterizzata da
dolo specifico; ossia dalla coscienza e volontà di offendere l’altrui
dignità in considerazione delle caratteristiche razziali, etniche e
religiose dei soggetti nei cui confronti la condotta viene posta in
essere (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudice di
merito avesse correttamente riconosciuto, anche sotto il profilo
soggettivo, la configurabilità del reato in questione a carico di
taluni soggetti i quali, senza alcuna motivazione che non fosse
l’intolleranza razziale, avevano aggredito con pugni e calci, dopo
averli ingiuriati, alcuni immigrati senegalesi).

Sentenza 05 marzo 2003, n.6759

L’art. 15, comma 10, della Legge n. 223 del 1990, concernente la
“Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”,
dispone il divieto di trasmissione di programmi a) che possano nuocere
allo sviluppo psichico o morale dei minori, b) che contengano scene di
violenza gratuita o pornografiche, c) che inducano ad atteggiamenti di
intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o
nazionalità. Tale disposizione prefigura distinte e molteplici
fattispecie di illecito amministrativo, rispetto alle quali le
espressioni sub a) costituiscono, per l’ampiezza della formulazione
adottata, in relazione alle persone dei minori, una vera e propria
norma di chiusura della materia de qua. In particolare, l’ampiezza
semantica di quest’ultima previsione, che potrebbe apparire, a prima
vista, una insufficiente determinazione della fattispecie di illecito
amministrativo in esame, corrisponde, invece, alla sua descrizione in
una forma necessariamente aperta: infatti, poiché il minore ha
bisogno, per lo sviluppo delle diverse dimensioni della sua
personalità, di cure e protezioni particolari e molteplici,
l’oggetto ed il contenuto di programmi radiotelevisivi, idonei a
pregiudicarle, non possono essere tutti prefigurati puntualmente dal
legislatore; il quale accanto a specifiche fattispecie di illecito
(ipotesi sub b e sub c), ha previsto una norma di chiusura a
fattispecie aperta (ipotesi sub a). Inoltre, tenuto conto del più
generale principio dell’interpretazione delle norme nazionali in
senso conforme al diritto comunitario, affermato esplicitamente dalla
Corte di Lussemburgo a partire dalla sentenza del 13 novembre 1990,
nella causa C-106/89, la disposizione dell’art. 15, comma 10, primo
periodo (ferme restando le altre ipotesi, previste nel secondo e nel
terzo periodo) dalla legge n. 223 del 1990 deve essere integrata con
le previsioni derogatorie stabilite dall’art. 22 della Direttiva
89/552/CEE, risultando, in tal modo, la seguente formulazione: è
vietata la trasmissione di programmi che possono nuocere allo sviluppo
psichico o morale dei minori, a meno che la scelta dell’ora di
trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i
minorenni, che si trovano nell’area di diffusione, assistano
normalmente a tali programmi. Siffatta integrazione della fattispecie
di illecito amministrativo in esame, oltre che conformare la
disposizione nazionale al diritto comunitario, rende anche la stessa
compatibile, sotto i profili considerati, con la nostra Costituzione:
diversamente opinando, infatti, la previsione stessa colliderebbe con
l’art. 21, poichè l’omessa indicazione delle deroghe in esame
pregiudicherebbe la libertà di informazione, sancita dal suddetto
articolo della Costituzione, proprio nelle sole ipotesi in cui le
ragioni di protezione dei minori sono normalmente insussistenti,
essendo garantite da determinate condizioni di orario della
trasmissione o da specifici accorgimenti tecnici. Non può infine
esservi dubbio che l’illecito in questione, applicando la nota
classificazione penalistica, sia da qualificare come di
“pericolo”; ed, in particolare, mentre le fattispecie di illecito
amministrativo prefigurate dal secondo e dal terzo periodo dell’art.
15, comma 10 possono essere classificate quali ipotesi di “pericolo
presunto o astratto”, quelle previste dal primo periodo, anche nel
testo risultante dalla integrazione summenzionata, debbono essere
qualificate come di “pericolo concreto o effettivo”. Infatti,
secondo quanto emerge dalla stessa littera legis, il pericolo – inteso
come rilevante possibilità che al compimento della condotta vietata
consegua la lesione dei beni protetti – rappresenta un elemento
costitutivo della fattispecie in questione e ciò comporta che, ai
fini dell’integrazione dell’illecito de qua, sia richiesta la
effettiva sussistenza dello stesso, desumibile da specifiche e
rilevanti circostanze del caso concreto, quali l’oggetto, il
contenuto, l’orario e/o le modalità di trasmissione del programma.
Il legislatore, bilanciando i due interessi costituzionali in gioco,
ha dunque ritenuto prevalente la tutela della persona minorenne, nel
caso in cui la trasmissione del programma esponga i beni dello
sviluppo psichico o morale, specificatamente protetti dalla norma in
questione, al rischio – in concreto – di un nocumento, restando negli
altri casi garantita la libertà di informazione radiotelevisiva.

Varie 18 luglio 2003

Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Office for Democratic Institutions and Human Rights. Supplementary Human Dimension Meeting on Freedom of Religion or Belief, Vienna, 17-18 luglio 2003 EXECUTIVE SUMMARY The aim of this Supplementary Human Dimension Meeting on Freedom of Religion or Belief […] was to examine and seek to develop best […]

Legge 01 marzo 2002, n.39

Legge 1 marzo 2002, n. 39. Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2001. (Da Supplemento Ordinario n. 54 alla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 72 del 26 marzo 2002) (omissis) Art. 29. (Attuazione della direttiva 2000/43/CE, che attua il principio della parita’ di trattamento fra le persone […]