Con riguardo alla materia del riconoscimento della personalità
giuridica delle associazioni va considerato vigente il principio
secondo il quale l’applicabilità della disciplina speciale sui c.d.
“culti ammessi”, ossia la legge 1159/1929, avviene tutte le volte
che si riscontri la presenza di un fine di culto nell’organizzazione
dell’associazione considerata, qualunque importanza possa questo
assumere nella sua esistenza giuridica (cfr., in tal senso, Cons.St.,
Sez IV, 25.5.1979, n. 369). Trattasi, d’altra parte, dello stesso
principio espresso nella pronuncia 8.11.2006, n. 3621 della Sezione I
del Consiglio di Stato, che ha statuito che l’ente straniero
“avente, nella propria nazione, finalità anche religiose”, non
acquista lo status di ente ecclesiastico (cattolico o diverso dal
cattolico) iscrivendosi nel registro delle persone giuridiche in
Italia, posto che all’uopo occorre seguire il procedimento di cui
alla L. 20 maggio 1985 n. 222, per gli enti cattolici e quello
previsto dalla L. 24 giugno 1929 n. 1159 per gli enti acattolici.
Secondo tale parere della Sezione I, invero, tali norme “sono di
ordine pubblico, e perciò inderogabili”, giacchè allo “status”
di ente ecclesiastico conseguono particolari condizioni di favore che
non possono seguire alla semplice iscrizione nel registro prefettizio,
spettando, per legge, al solo Ministero dell’interno
“l’accertamento delle finalità religiose (come costitutive ed
essenziali) di un ente che intenda ottenere il riconoscimento della
personalità giuridica civile quale ente di culto, e, in tal senso, al
prefetto compete solo l’iscrizione del provvedimento ministeriale
(nel caso di enti cattolici) o del provvedimento governativo (nel caso
di culti diversi) di riconoscimento della personalità giuridica
dell’ente di culto nel registro delle persone giuridiche”. Sulle
base delle richiamate pronunce del Consiglio di Stato, emergono
dunque, da una parte, il principio che le norme di cui alla legge n.
1159/1929 sono di ordine pubblico e, quindi, non derogabili e,
dall’altra, che le dette norme vanno applicate ogni volta che si
verifichi, nell’organizzazione della associazione richiedente, la
presenza “anche” di una finalità religiosa e/o di manifestazioni
culturali, indipendentemente dal rilievo complessivo che queste
possano assumere nel complesso dell’attività svolta dall’ente.