Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 20 novembre 2003, n.17595

L’entrata in vigore della nuova disciplina di diritto internazionale
privato, di cui alla Legge n. 218 del 1995, non ha comportato
l’abrogazione del sistema – previsto dall’art. 8 dell’Accordo fra
l’Italia e la Santa Sede del 1984 – per la dichiarazione di efficacia
nella Repubblica italiana delle sentenze di nullità del matrimonio
pronunciate dai Tribunali ecclesiastici. Da ciò discende che, sebbene
l’art. 67, comma 1, della Legge n. 218 del 1995 conceda a chiunque vi
abbia interesse la legittimazione a richiedere l’accertamento dei
requisiti per il riconoscimento della sentenza straniera, la
possibilità di chiedere la delibazione della sentenza ecclesiastica
deve essere esclusa per gli eredi del coniuge, ai sensi del citato
art. 8, il quale riconosce tale legittimazione solo alle parti o ad
una di esse. Al riguardo, peraltro, non appare ravvisabile alcuna
violazione dell’art. 3 della Costituzione, posta la specialità della
materia del matrimonio concordatario (nella quale vengono
pattiziamente regolate le condizioni di efficacia del matrimonio e
della pronuncia di nullità) e considerato che il principio della
parità di trattamento cede di fronte al principio fondamentale di
regolamentazione e modificazione pattizia sancito dall’art. 7, comma
2, della Costituzione.

Decreto generale 05 novembre 1990, n.786

Conferenza Episcopale Italiana. Decreto Generale sul matrimonio canonico, Prot. n. 786/90, 5 novembre 1990. Decreto La Conferenza Episcopale Italiana nella XXXII Assemblea Generale ordinaria, svoltasi a Roma dal 14 al 18 maggio 1990, ha esaminato e approvato con la prescritta maggioranza il “Decreto generale sul matrimonio canonico”, in attuazione delle disposizioni del codice di diritto […]

Sentenza 14 luglio 2003, n.11467

La sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio
non rende applicabili, per effetto della delibazione, la disciplina
riguardante lo scioglimento della comunione ordinaria dei beni, di cui
agli articoli 1100 e ss. del codice civile, ma le norme regolanti i
casi e le modalità di scioglimento della comunione dei beni fra
coniugi, di cui agli articoli 191 e ss.; comunione che continua a
sussistere nella forma legale, al fine della divisione in parti eguali
dell’attivo e del passivo, senza possibilità di prova contraria per
espressa volontà di legge, la cui ratio ispiratrice coincide con le
motivazioni – parità fra i coniugi e tutela di quello economicamente
più debole – proprie della riforma del 1975 in materia di regime
patrimoniale preferenziale della famiglia.

Sentenza 06 marzo 2003, n.3339

Il riconoscimento degli effetti civili della sentenza ecclesiastica
dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario non è
precluso dalla preventiva instaurazione di un giudizio di separazione
personale tra gli stessi coniugi dinanzi al giudice dello Stato
italiano; il giudizio e la sentenza di separazione personale hanno
infatti «petitum», «causa pretendi» e conseguenze giuridiche del
tutto diversi da quelli del giudizio e della sentenza che dichiara la
nullità del matrimonio. La delibazione di tale sentenza, tuttavia,
laddove sia dichiarativa di nullità per l’apposizione di una
condizione al vincolo matrimoniale, viziante il relativo consenso
negoziale di uno dei coniugi, trova ostacolo nel principio di ordine
pubblico costituito dalla tutela dell’affidamento incolpevole
dell’altro coniuge, allorchè l’apposizione della condizione sia
rimasta nella sfera psichica di uno dei nubendi, senza essere
conosciuta o conoscibile all’altro coniuge. In particolare,
l’accertamento della conoscenza o conoscibilità di detta condizione
deve essere compiuto dal giudice della delibazione con piena autonomia
rispetto al giudice ecclesiastico, ancorchè la relativa indagine si
svolga con esclusivo riferimento alla pronuncia delibanda ed agli atti
del processo canonico eventualmente acquisiti e non dia luogo ad
alcuna integrazione di attività istruttoria, e con assoluto rigore,
giacchè detto accertamento attiene al rispetto di un principio di
ordine pubblico di speciale valenza e alla tutela di interessi della
persona riguardanti la costituzione di un rapporto, quello
matrimoniale, oggetto di rilievo e tutela costituzionali.