Sentenza 02 agosto 2016, n.8990
La disposizione del decreto commissariale impugnato, con la quale
viene consentito che il medico rilasci il certificato dello stato di
gravidanza della donna interessata o ne attesti la volontà di
interrompere la gravidanza, costituisce adempimento ai doveri
professionali di quest'ultimo e non determina alcuna compressione
della libertà di coscienza, posto che la decisione relativa
alla interruzione della gravidanza in ogni caso spetta
all'interessata che può recedere da tale proposito”.
Ne consegue che è da escludere che l'attività di
mero accertamento dello stato di gravidanza richiesta al medico di un
consultorio si presenti come atta a turbare la coscienza
dell'obiettore, trattandosi, invece, di attività meramente
preliminari. Quanto alla prescrizione dei farmaci contraccettivi
"del giorno dopo", la censura secondo cui le specifiche
specialità medicinali attualmente in commercio sortirebbero
l'effetto di un aborto chimico, poiché non sarebbe
possibile escludere che abbiano effetto anche in un momento successivo
al concepimento, causando la perdita dell'embrione umano
già formatosi, occorre ricordare come il legislatore abbia
inteso quale evento interruttivo della gravidanza quello che
interviene in una fase successiva all'annidamento dell'ovulo
nell'utero materno, mentre tali circostanze non si riscontrano con
nell'uso di metodiche anticoncezionali i cui effetti si esplicano
in una fase anteriore all'annidamento dell'ovulo.