Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 16 giugno 2010, n.680

La mancanza in capo allo straniero di un titolo per soggiornare in
Italia non può impedire il libero esercizio del suo diritto di
contrarre matrimonio, in quanto tale diritto è un diritto
fondamentale dell’individuo, non solo del cittadino, ed è tutelato
dall’art. 29 della Costituzione. Ne consegue che sue eventuali
limitazioni e compressioni possono essere previste dalla legge solo a
salvagurdia dell’unità familiare e dell’ordine pubblico.

Decreto 16 aprile 2010

Ove si ritenga che lo straniero entrato regolarmente in Italia e in
attesa di ottenere il permesso di soggiorno possa contrarre
matrimonio, ex art. 116 C.C., in quanto ritenuto regolarmente
soggiornante nel territorio dello Stato, sarebbe irragionevole
ritenere che non sia in tale condizione e non possa contrarre
matrimonio colui che sia entrato regolarmente in Italia ed abbia
conseguito il permesso di soggiorno e che, seppure con ritardo, ne
abbia chiesto il rinnovo dopo la sua scadenza, posto che costui non è
irregolare, ma in attesa del provvedimento amministrativo che consenta
il suo soggiorno in Italia per il tempo previsto dalla legge. La
libertà di sposarsi e di scegliere il coniuge in assoluta
autonomia riguarda, del resto, la sfera dell’autonomia e
dell’individualità ed è, quindi, una scelta sulla quale lo Stato,
che tutela la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio
(art. 29 della Costituzione), non può interferire, salvo che non vi
siano interessi prevalenti incompatibili, quali potrebbero essere la
salute pubblica, la sicurezza o l’ordine pubblico.

————————-
Per approfondire in OLIR.it
Ministero dell’Interno. Dipartimento per gli Affari Interni e
Territoriali. Circolare 7 agosto 2009, n. 19
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5073]: “Legge 15
luglio 2009, n. 94, recante Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica. Indicazioni in materia di anagrafe e di stato civile”.

Sentenza 21 aprile 2010, n.9464

Il matrimonio religioso ha effetti civili, a seguito della
trascrizione, dal momento della celebrazione. Detto principio non
soffre deroga in caso di trascrizione tardiva, restando indifferente
che il ritardo sia dipeso da fatto dell’ufficiale di stato civile o
da volontà dei coniugi. Di conseguenza, la retroattività degli
effetti della trascrizione tardiva implica il venir meno
dell’eventuale stato vedovile di uno dei coniugi, derivante da
precedente matrimonio, a partire dalla celebrazione del matrimonio
religioso. Ne deriva che, da tale momento, cessa anche il diritto
del coniuge superstite alla pensione di reversibilità del coniuge
defunto, poiché – ai sensi dell’art. 3 del decreto luogotenenziale
18 gennaio 1945 n. 39 – il diritto alla pensione di
reversibilità viene meno per sopravvenuto matrimonio.

Legge regionale 16 febbraio 2010, n.13

L.R. 16 febbraio 2010 n. 1: "Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia". TITOLO I Principi, finalità, strumenti Art. 1 Principi. 1. La Regione Umbria riconosce la famiglia quale nucleo fondante della società, secondo quanto previsto dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo, dai Trattati internazionali in materia, dalla Costituzione, dallo Statuto regionale. 2. […]

Ordinanza 13 febbraio 2009

In tema di separazione giudiziale dei coniugi, l’affido condiviso
deve escludersi quando possa essere pregiudizievole per l’interesse
dei figli minori. Nel caso di specie, veniva disposto l’affido
esclusivo del minore al genitore in grado di assicurargli un modello
educativo predominante idoneo a garantirne un regolare processo di
socializzazione, in quanto l’altro genitore per aver abbracciato
una nuova religione, quella dei testimoni di Geova, si presentava
destabilizzante per il minore stesso, prospettando un modello
educativo tale da renderne impossibile una corretta socializzazione.

————————-
Per approfondire in OLIR.it
Cfr. Corte di Appello di Roma, Sentenza 18 aprile 2007
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4352]: “Potestà dei genitori
ed affido condiviso del figlio minore

Sentenza 15 aprile 2010, n.138

La questione di legittimità degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143,
143-bis, 156-bis del codice civile, «nella parte in cui,
sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di
orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone
dello stesso sesso», sollevata in riferimento all’art. 2 Cost. deve
essere dichiarata inammissibile, perché diretta ad ottenere una
pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata. Per “formazione
sociale” (ex art. 2 Cost.) deve infatti intendersi ogni forma di
comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il
libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di
una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da
annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile
convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto
fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia,
ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge
– il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si
deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento
– che necessariamente postula una disciplina di carattere generale,
finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia
– possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione
delle unioni omosessuali al matrimonio. Ne deriva, dunque, che,
nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento,
nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le
forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando
riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a
tutela di specifiche situazioni. Può accadere, infatti, che, in
relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di
un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e
quella della coppia omosessuale, trattamento che la Suprema Corte può
garantire con il controllo di ragionevolezza.

————————-
Un commento alla sentenza in www.associazionedeicostituzionalisti.it:
:: Il diritto “consentito” al matrimonio ed il diritto
“garantito” alla vita familiare per le coppie omosessuali in una
pronuncia in cui la Corte dice “troppo” e “troppo poco”
[http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/rivista/2010/00/Romboli01.pdf],
di Roberto Romboli

Sentenza 08 dicembre 2009

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto il diritto alla
pensione di reversibilità ad una donna di etnia Rom che si era
sposata solo in base ai riti della comunità Rom e che non aveva mai
celebrato matrimonio civile. La ricorrente si era rivolta alla Corte
di Strasburgo in seguito alla sentenza del 2007 del Tribunal
Constitucional spagnolo
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=4450], che aveva
negato il carattere discriminatorio del diniego a ricevere tale
trattamento previdenziale. Secondo il giudice europeo non integra,
invece, una discriminazione l’assenza di riconoscimento degli effetti
civili del “matrimonio gitano”, la cui disciplina spetta unicamente al
legislatore nazionale.

————————-

* Commento di W. Citti [http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=753&l=it]
(ASGI)
* Commento di Fernando Rey Martínez
[http://www.gitanos.org/upload/37/90/Sentencia_Munoz_Diaz_v._Espana__de_8_de_diciembre_de_2009__del_TEDH.pdf].
Catedrático de Derecho Constitucional en la Universidad de
Valladolid. Vocal del Patronato de la Fundación Secretariado Gitano

Ordinanza 22 gennaio 2010

La mancata previsione dell’identità di sesso, tra le cause ostative
a contrarre matrimonio, lungi dal significare che il legislatore abbia
inteso ammettere il matrimonio omosessuale, è indice del fatto che,
in tale ipotesi, il medesimo sarebbe non già nullo, ma addirittura
inesistente. Nè si può affermare la sussistenza, nell’ordinamento
comunitario, di una disciplina di applicazione diretta negli Stati
Nazionali, che imponga ai medesimi di consentire il matrimonio alle
coppie omosessuali.

Legge 11 agosto 1984, n.449

Legge 11 agosto 1984, n. 449: "Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e le chiese rappresentate dalla Tavola valdese". (da "Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana" n. 222 del 13 agosto 1984) 1. – I rapporti tra lo Stato e le chiese rappresentate dalla Tavola valdese sono regolati dalle disposizioni degli articoli che […]

Sentenza 22 gennaio 2010, n.1096

ll carattere precario del rapporto di convivenza more uxorio consente
di considerare gli eventuali benefici economici che ne derivino idonei
ad incidere unicamente sulla misura dell’assegno di mantenimento, in
quanto – proprio in considerazione di detta precarietà – tale
rapporto è destinato ad influire solo su quella parte dell’assegno
volto ad assicurare quelle condizioni minime di autonomia
giuridicamente garantite, che l’art. 5 della legge sul divorzio ha
inteso tutelare finché l’avente diritto non contragga un nuovo
matrimonio. Né la nascita di un figlio può considerarsi idonea a
mutarne sotto il profilo giuridico la natura, potendo di fatto
cementare l’unione ma senza dar luogo all’insorgenza di diritti ed
obblighi, in quanto il soggetto economicamente più debole non
acquisisce comunque il grado di tutela necessario a giustificare la
perdita dei diritti di carattere economico derivanti dal matrimonio.