Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Décision 17 maggio 2013, n.2013-669

_Par sa décision n° 2013-669 DC du 17 mai 2013, le Conseil
constitutionnel s’est prononcé sur la loi ouvrant le mariage aux
couples de personnes de même sexe. D’une part, il a jugé la loi
ouvrant le mariage aux personnes de même sexe conforme à la
Constitution. D’autre part le Conseil a formulé une réserve
relative à l’agrément en vue de l’adoption de l’enfant et
relevé que les règles du code civil mettent en oeuvre cette exigence
pour le jugement d’adoption. Il a jugé que ce choix du législateur
n’était contraire à aucun principe constitutionnel. En
particulier, il a jugé que même si la législation républicaine
antérieure à 1946 et les lois postérieures ont, jusqu’à la loi
déférée, regardé le mariage comme l’union d’un homme et
d’une femme, cette règle n’intéresse ni les droits et libertés
fondamentaux, ni la souveraineté nationale, ni l’organisation des
pouvoirs publics._ _La loi a pour conséquence de permettre
l’adoption par des couples de personnes de même sexe ainsi que
l’adoption au sein de tels couples. Le Conseil a jugé que la loi
contestée n’a ni pour objet, ni pour effet de reconnaître aux
couples de personnes de même sexe un « droit à l’enfant ».
D’autre part, il a jugé que le dixième alinéa du Préambule de la
Constitution de 1946 implique le respect de l’exigence de
conformité de l’adoption à l’intérêt de l’enfant. Le Conseil
a vérifié le respect de cette exigence par les dispositions
applicables tant aux couples de personnes de même sexe qu’à ceux
formés d’un homme et d’une femme. Par ailleurs la loi déférée
ne déroge pas à l’article 353 du code civil qui impose au tribunal
de grande instance de ne prononcer l’adoption que si elle est
conforme à l’intérêt de l’enfant. Cette disposition met en
œuvre l’exigence constitutionnelle selon laquelle l’adoption ne
peut être prononcée que si elle est conforme à l’intérêt de
l’enfant._ _Le Conseil a également estimé que l’ouverture de
l’adoption aux couples de personnes de même sexe et au sein de tels
couples n’avait par pour effet de rendre inintelligibles les autres
dispositions du code civil, notamment celles relatives à la
filiation. Le Conseil a écarté les griefs formulés par les
requérants dirigés contre les dispositions de la loi relatives au
nom de famille, au code du travail, au recours aux ordonnances, à la
validation des mariages antérieurs à la loi et à l’application de
la loi outre-mer. Ces diverses dispositions sont conformes à la
Constitution _[www.conseil-constitutionnel.fr: communiqué de presse].

Legge 17 maggio 2013, n.2013-404

France: Loi n° 2013-404 du 17 mai 2013 ouvrant le mariage aux couples de personnes de même sexe (*). (JORF n°0114 du 18 mai 2013 page 8253) L'Assemblée nationale et le Sénat ont adopté, Vu la décision du Conseil constitutionnel n° 2013-669 DC en date du 17 mai 2013, Le Président de la République promulgue […]

Sentenza 11 gennaio 2013, n.6

E’ inammissibile il ricorso del padre che, in sede di impugnazione
della sentenza di affidamento esclusivo del minore alla madre, affermi
il mancato approfondimento – da parte del Tribunale di merito – in
ordine al fatto se la famiglia affidataria del minore, composta da due
donne legate da una relazione omosessuale, fosse idonea sotto il
profilo educativo a garantire l’equilibrato sviluppo del figlio
“in relazione ai diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio ai sensi dell’art. 29 della Costituzione” e
al diritto del minore ad essere educato “secondo i principi
religiosi di entrambi i genitori” (essendo il padre musulmano). Nel
caso di specie, infatti, il ricorrente si è limitato – a giudizio
della Corte adita – a fornire una sintesi del motivo di gravame in
questione, dalla quale non risulta tuttavia alcuna specificazione
circa le concrete ripercussioni negative per la crescita del minore
derivanti da tale ambiente familiare. In tale modo, dunque, si dà per
scontato – afferma la Suprema Corte – ciò che invece è da
dimostrare, ossia la dannosità di quel particolare contesto per la
crescita e lo sviluppo del bambino.

Sentenza 08 febbraio 2012, n.1789

In tema di diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio in
caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il parametro
dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante
la convivenza matrimoniale da uno dei coniugi viene meno di fronte
alla instaurazione, da parte di questi, di una famiglia, ancorchè di
fatto.

Sentenza 15 maggio 2012, n.56030/07

Il mancato rinnovo del contratto annuale di insegnamento della
religione e della morale cattoliche in un liceo pubblico non implica
violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo se dipende da motivi di carattere “strettamente
religioso” sui quali è insindacabile la competenza dell’autorità
ecclesiastica. Tra il diritto dell’individuo al rispetto della
propria vita privata e familiare (art. 8 Cedu) e il diritto di una
confessione alla libertà religiosa (artt. 9 e 11 Cedu) prevale, nel
caso di specie, quest’ultimo anche in ragione della particolare
“natura” del rapporto di lavoro (che distingue l’insegnante di
religione dagli altri insegnanti) e del legame di “speciale
fiducia” che deve esistere tra il professore di tale materia e il
vescovo diocesano cui compete valutare se il candidato
all’insegnamento presenti i requisiti previsti dalla normativa
canonica (cann. 804 § 2 e 805). La tutela del diritto alla libertà
religiosa nella sua dimensione collettiva e la conseguente
legittimità dei provvedimenti dell’autorità ecclesiastica si
impongono anche in ragione della necessità di preservare e tutelare
la “sensibilità” degli studenti che scelgono di avvalersi
dell’insegnamento confessionale e dei loro genitori.

Risoluzione 13 marzo 2012

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2012 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2011 Il Parlamento europeo, – visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, comma due, del trattato sull'Unione europea (TUE) nonché l'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), – visto l'articolo 23 della Carta dei diritti […]

Sentenza 15 marzo 2012, n.4184

La diversità di sesso dei nubendi è — unitamente alla
manifestazione di volontà matrimoniale dagli stessi espressa in
presenza dell’ufficiale dello stato civile celebrante – secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte, requisito minimo
indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto
giuridicamente rilevante (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 1808 del
1976, 1304 del 1990 cit., 1739 del 1999, 7877 del 2000).
Questo requisito – pur non previsto in modo espresso né dalla
Costituzione, né dal codice civile vigente (a differenza di quello
previgente del 1865 che, nell’art. 55 ad esempio, stabiliva, quanto
al requisito dell’età: «Non possono contrarre matrimonio l’uomo
prima che abbia compiuto gli anni diciotto, la donna prima che abbia
compiuto gli anni quindici»), né dalle numerose leggi che,
direttamente o indirettamente, si riferiscono all’istituto
matrimoniale — sta tuttavia, quale ‘postulato’ implicito, a
fondamento di tale istituto, come emerge inequivocabilmente da
molteplici disposizioni di tali fonti e, in primo luogo, dall’art.
107, primo comma, cod. civ. che, nel disciplinare la forma della
celebrazione del matrimonio, prevede tra l’altro che l’ufficiale
dello stato civile celebrante «riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie» (si veda
anche l’art. 108, primo comma).
— Pertanto — sul piano delle norme, di rango primario o
sub-primario, applicabili alla fattispecie in prima approssimazione
—, alla specifica questione, consistente nello stabilire se due
cittadini italiani dello stesso sesso, i quali abbiano contratto
matrimonio all’estero, siano, o no, titolari del diritto alla
trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato
civile italiano, deve darsi, in conformità con i su menzionati
precedenti di questa Corte, risposta negativa.
Al riguardo, deve essere infine precisato che, nella specie,
l’intrascrivibilità di tale atto dipende non già dalla sua
contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R.
n. 396 del 2000, ma dalla previa e più radicale ragione,
riscontrabile anche dall’ufficiale dello stato civile in forza delle
attribuzioni conferitegli, della sua non riconoscibilità come atto di
matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano. Ciò che,
conseguentemente, esime il Collegio dall’affrontare la diversa e
delicata questione dell’eventuale intrascrivibilità di questo
genere di atti per la loro contrarietà con l’ordine pubblico.
 

Decreto legislativo 03 febbraio 2011, n.71

D.Lgs. 3 febbraio 2011 n. 71: "Ordinamento e funzioni degli uffici consolari, ai sensi dell'articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246". (omissis) Articolo  18 Trasmissione di atti di matrimonio   1. L'ufficio consolare trasmette ai Comuni ed agli altri eventuali competenti uffici in Italia gli atti relativi a matrimoni celebrati dinanzi […]