Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 04 agosto 2002

La dichiarazione dei nubendi di optare per il regime di separazione
dei beni, resa innanzi al ministro di culto al momento della
celebrazione del matrimonio canonico, e tuttavia non inserita
nell’atto di matrimonio poi trascritto nei registri dello stato
civile, implica l’inefficacia della dichiarazione medesima.

Sentenza 06 ottobre 1999, n.743

L’erede del coniuge defunto non è legittimato a promuovere
l’azione, di cui all’art. 16 della l. 27 maggio 1929, n. 847, di
impugnazione della trascrizione del matrimonio concordatario, per
incapacità naturale del de cuius al momento della celebrazione,
trattandosi di un diritto personalissimo, non trasmissibile per
successione ereditaria.

Sentenza 12 luglio 2002, n.10143

La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della
nullità del matrimonio concordatario – per esclusione da parte di uno
soltanto dei coniugi di uno dei bona matrimonii – trova ostacolo
nell’ordine pubblico, nel caso in cui detta esclusione sia rimasta
nella sfera psichica del suo autore, in quanto non manifestata, nè
comunque conosciuta o conoscibile dall’altro coniuge in forza
dell’inderogabile principio della tutela della buona fede e
dell’affidamento incolpevole. Non acquista, invece, rilievo, ai fini
della delibazione, la circostanza che i coniugi abbiano convissuto
successivamente alla celebrazione del matrimonio – circostanza che, a
norma dell’art. 123, comma 2, c.c., rende improponibile l’azione di
impugnazione del matrimonio per simulazione – in quanto la citata
disposizione codicistica non si configura come espressione di principi
e regole fondamentali con i quali la Costituzione e le leggi dello
Stato delineano l’istituto del matrimonio.

Sentenza 20 novembre 2003, n.17595

L’entrata in vigore della nuova disciplina di diritto internazionale
privato, di cui alla Legge n. 218 del 1995, non ha comportato
l’abrogazione del sistema – previsto dall’art. 8 dell’Accordo fra
l’Italia e la Santa Sede del 1984 – per la dichiarazione di efficacia
nella Repubblica italiana delle sentenze di nullità del matrimonio
pronunciate dai Tribunali ecclesiastici. Da ciò discende che, sebbene
l’art. 67, comma 1, della Legge n. 218 del 1995 conceda a chiunque vi
abbia interesse la legittimazione a richiedere l’accertamento dei
requisiti per il riconoscimento della sentenza straniera, la
possibilità di chiedere la delibazione della sentenza ecclesiastica
deve essere esclusa per gli eredi del coniuge, ai sensi del citato
art. 8, il quale riconosce tale legittimazione solo alle parti o ad
una di esse. Al riguardo, peraltro, non appare ravvisabile alcuna
violazione dell’art. 3 della Costituzione, posta la specialità della
materia del matrimonio concordatario (nella quale vengono
pattiziamente regolate le condizioni di efficacia del matrimonio e
della pronuncia di nullità) e considerato che il principio della
parità di trattamento cede di fronte al principio fondamentale di
regolamentazione e modificazione pattizia sancito dall’art. 7, comma
2, della Costituzione.

Sentenza 29 aprile 2004, n.8205

La delibazione di sentenza ecclesiastica, dichiarativa della nullità
del matrimonio, per esclusione di uno dei “bona matrimoni”, da
parte di uno dei nubendi, è impedita – per contrasto con l’ordine
pubblico interno – dal fatto che tale riserva non sia conosciuta, o
non sia conoscibile mediante normale diligenza, dall’altro coniuge; in
tali ipotesi, infatti, risulta leso il principio – essenziale ed
inderogabile nell’ordinamento italiano – di buona fede e di
affidamento incolpevole nella validità del negozio. Per valutare la
sussistenza o l’insussistenza dell’asserito contrasto fra la sentenza
delibanda e l’ordine pubblico interno, in particolare, non è
richiesta la conoscenza o la conoscibilità, da parte di uno dei
nubendi, della relazione intrattenuta dall’altro con persona estranea,
ma soltanto la conoscenza o la conoscibilità della riserva del
partner sul “bonum fidei”: riserva che può concepirsi anche in
mancanza di qualsiasi rapporto attuale con persona estranea alla
coppia e che, per converso, può mancare nonostante l’attualità di
una relazione con persona estranea.

Sentenza 07 aprile 2003, n.17535

Cassazione Civile. Sentenza 7 aprile 2003, n. 17535. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 30 marzo 1998, G. V. conveniva davanti alla Corte di Appello di Catania M. O. R., chiedendo che venisse dichiarata l’efficacia, nel territorio dello Stato italiano, della sentenza emessa in data 11 aprile 1997 dal Tribunale ecclesiastico regionale […]

Ordinanza 02 agosto 2002

Ai sensi dell’art. 8 L. 121/1985, la trascrizione dell’atto di
matrimonio contratto dinanzi al ministro di culto cattolico conferisce
all’atto stesso l’idoneità a produrre effetti civili
nell’ordinamento italiano. Per effetto di tale norma gli effetti
civili destinati a prodursi per effetto della conclusione di un
matrimonio concordatario sono quelli propri dell’atto di
celebrazione del matrimonio trascritto nei registri dello stato
civile, ossia quelli di cui l’atto trascritto contiene tutti gli
elementi previsti dalle singole fattispecie. La trascrizione
dell’atto assolve, dunque, alla funzione di conferire efficacia ad
un atto concluso in forme diverse da quelle previste nel nostro
ordinamento; conseguentemente, anche la scelta per il regime
patrimoniale della separazione dei beni contenuta nell’atto di
matrimonio concluso dinanzi ai ministri di culto cattolico, è idonea
a spiegare effetti nell’ordinamento vigente solo se della scelta vi
è menzione nell’atto trascritto, a seguito dell’indiretto
conferimento di efficacia alla convenzione; La mancata indicazione
nell’atto di matrimonio trascritto del regime di separazione dei
beni comporta l’impossibilità di riconoscere efficacia alla
dichiarazione effettuata dalle parti dinanzi al ministro di culto.

Sentenza 24 marzo 1994, n.3327

Nel giudizio di cessazione degli effetti civili di un matrimonio
concordatario celebrato tra una cittadina italiana ed un cittadino
iraniano, diversamente che nel procedimento di separazione personale,
la legge sostanziale applicabile deve essere desunta dall’art. 17
disp. prel. cod. civ. poiché la relativa pronunzia viene ad incidere
sullo status coniugale. Nel giudizio di cessazione degli effetti
civili di un matrimonio concordatario celebrato tra una cittadina
italiana ed un cittadino iraniano non è applicabile la disposizione
di cui all’art. 1133 del cod. civ. iraniano secondo la quale
“l’uomo potrà divorziare dalla moglie ogniqualvolta lo vorrà”,
integrando una inemendabile violazione del principio di parità tra i
coniugi e ponendosi, conseguentemente, in aperto contrasto con i
principi di ordine pubblico, sia, internazionale, sia, interno.

Sentenza 17 febbraio 1994, n.72

A seguito dell’Accordo di revisione del Concordato stipulato il 18
febbraio 1984 e reso esecutivo con legge 25 marzo 1985 n. 121 è
venuta meno la “riserva” della giurisdizione ecclesiastica, sulle
controversie in materia di nullità del matrimonio celebrato secondo
le norme del diritto canonico, con la conseguenza che per tali
controversie sussistono tanto la giurisdizione italiana quanto la
giurisdizione ecclesiastica le quali concorrono secondo il criterio
della prevenzione. Va dichiarata la nullità del matrimonio canonico
con effetti civili a norma dell’art. 122, 2º e 3º comma n. 1, c.c.
nel caso in cui sia accertato che il consenso di una delle parti è
stato prestato per effetto di errore essenziale sull’impotentia
generandi dell’altra parte, conosciuta soltanto dopo la celebrazione
del matrimonio.

Sentenza 19 giugno 2001, n.8312

Cassazione. Prima Sezione Civile. Sentenza 19 giugno 2001, n. 8312 MOTIVI DELLA DECISIONE Con l’unico mezzo di impugnazione il ricorrente lamenta: violazione e falsa interpretazione e/o applicazione dell’art. 8 dell’accordo in data 18/2/1984 (tra Repubblica Italiana e la Santa Sede) ratificato e reso esecutivo con la L. 25/3/1985 n. 121 e dell’art. 4 del relativo […]