Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 14 novembre 2006, n.6681

Il fine dello scioglimento del vincolo matrimoniale, innanzi al
Tribunale diocesano, costituisce una situazione giuridica di rango
almeno pari alla tutela del diritto alla riservatezza dei dati
sensibili relativi alla salute, in quanto involgente un significativo
diritto della personalità. In una situazione siffatta deve, pertanto,
ritenersi sussistente l’interesse personale che legittima la
proposizione della domanda di accesso, senza che sia necessaria alcuna
penetrante indagine in merito alla essenzialità o meno della
documentazione richiesta, né circa le prospettive di buon esito del
rito processuale concordatario; quello che rileva è che, attraverso
l’accesso, sia data al richiedente la possibilità di supportare nei
termini più concreti la propria instauranda azione giudiziale, senza
potersi operare alcun previo giudizio prognostico circa l’esito
dell’azione stessa (Nel caso di specie, veniva concesso al
ricorrente l’accesso alle cartelle cliniche della consorte, con
esclusione del periodo di cura antecedente alle nozze).

Sentenza 09 novembre 2006

La situazione giuridica canonistica, di cui al can. 1095, trova
sostanziale corrispondenza nella previsione normativa di cui all’art.
120 c.c. il quale stabilisce che “il matrimonio può essere impugnato
da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere
stato incapace di intendere e di volere, per qualunque causa, anche
transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio”, ponendosi
come espressione del principio, comune all’ordinamento italiano e a
quello canonico, per cui la validità del matrimonio postula il libero
e consapevole accordo delle parti.

Sentenza 16 settembre 2006

La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale
ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio
concordatario per esclusione da parte di uno solo dei coniugi di uno
dei bona matrimonii (risolventesi in divergenza unilaterale tra
volontà e dichiarazione) postula che tale divergenza, conoscibile,
sia stata da questo effettivamente conosciuta ovvero che non sia stata
da questo conosciuta solo a causa della sua negligenza, giacché, ove
le suindicate condizioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo
nell’ordine pubblico italiano, nel cui ambito rientra il principio
fondamentale della tutela della buona fede e dell’affidamento
incolpevole.

Sentenza 05 settembre 2006

L’esercizio della libertà religiosa ed il diritto di associazione
sono tra gli elementi essenziali di una società democratica, in
regime di pluralismo. La libertà religiosa, sebbene attenga in primo
luogo alla dimensione della coscienza individuale, implica anche la
possibilità di professare il proprio credo in forma associata. La
libertà di costituire un ente o una associazione a questo fine non
può essere sottoposta a limiti diversi da quelli previsti dalla
Convenzione; la negazione della registrazione di un’associazione
religiosa è da considerarsi, perciò, una violazione sia dell’art.
9 CEDU (libertà religiosa), sia dell’art. 11 (diritto ad associarsi
pacificamente e senza l’interferenza dello Stato). Nel caso di
specie, il governo russo sottolineava due motivazioni che avrebbero
portato al diniego della registrazione. La prima concerneva il fatto
che l’associazione in questione era un nucleo di un’associazione
non russa. La Corte afferma, però, che questa motivazione configura
una discriminazione in base alla nazionalità nell’esercizio del
diritto di libertà religiosa. La seconda motivazione riguardava la
natura delle attività svolte dall’associazione e la sua struttura.
Secondo le autorità russe, alla “Salvation Army” era stata negata la
registrazione come associazione religiosa in quanto essa presentava i
caratteri di un’organizzazione para-militare (in particolare, i suoi
membri indossavano in pubblico divise di tipo militare, ecc.) e la
natura delle sue attività non risultava conforme alla religione
cristiana evangelica che essi affermavano di rappresentare. La Corte
ritiene, al contrario, che uno Stato non debba interferire
nell’organizzazione interna di un’associazione religiosa,
determinando gli elementi che possono essere considerati rispondenti
alle finalità religiose di un credo. Secondo la Corte le
caratteristiche dell’attività e della struttura della Salvation
Army sono da considerarsi espressioni della libertà religiosa,
compatibili con le caratteristiche di una società democratica e tali
da non giustificare una limitazione dei diritti stabiliti dagli artt.
9 e 11 della CEDU.

Sentenza 10 novembre 2005, n.2448

Il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita
sessuale è consentito se la situazione giuridicamente rilevante, che
si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti
amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato.
Nel caso di azione di nullità del matrimonio concordatario, per la
quale si rende necessaria la preliminare enucleazione dei motivi di
invalidità nuziale, che a sua volta richiede la piena conoscenza
della patologia sofferta dal consorte del ricorrente, l’inevitabile
confronto tra i due valori esisitenti e confliggenti concerne
pertanto, in particolare, il diritto all’ostensione dei documenti,
da una parte, e il diritto alla riservatezza, dall’altra (Nel caso
di specie, veniva concesso al ricorrente l’accesso alle cartelle
cliniche della consorte, con esclusione del periodo di cura
antecedente alle nozze).

Sentenza 26 marzo 2001, n.4359

In presenza della volontà di uno dei coniugi di ottenere la
trascrizione di un matrimonio canonico non trascritto, il requisito
della “conoscenza” della relativa istanza e della “non opposizione”
alla medesima da parte dell’altro coniuge – imposto dall’art. 8 l. n.
121 del 1985 – postula lo specifico riferimento all’istanza di
siffatta forma di adesione, onde non può ritenersi integrato dalla
dichiarazione, resa dagli sposi in occasione della celebrazione
stessa, di consentire la trascrizione o dal consenso alla trascrizione
dato da uno dei coniugi con un atto destinato ad operare dopo la sua
morte.

Sentenza 10 luglio 1999, n.7276

La pretesa di far valere agli effetti civili il provvedimento di
dispensa per matrimonio rato e non consumato, con la conseguente
annotazione nei registri dello Stato civile non può più essere
positivamente accolta dopo la sentenza della Corte costituzionale n.
18 del 1982, con la quale sono stati dichiarati illegittimi l’art. 1
l. 27 maggio 1929 n. 810 e l’art. 17 l. 27 maggio 1929 n. 847, nella
parte in cui tali norme prevedono che la Corte d’appello possa rendere
esecutivo tale provvedimento . Pertanto essendo venute meno le norme
che davano rilevanza nell’ordinamento statale a detta dispensa
ecclesiastica, la relativa domanda è assolutamente improponibile; nè
possono essere considerate rilevanti in senso contrario le modifiche
al Concordato lateranense, che non contengono alcun riferimento
all’esecutività agli effetti civili dei suddetti provvedimenti di
dispensa, nè la nuova disciplina stabilita dalla legge 218 del 1995
di riforma del diritto internazionale privato, in quanto contiene una
previsione di salvaguardia per l’applicazione delle convenzioni
internazionali in vigore per l’Italia (nella specie, la S.C.,
nell’affermare il suddetto principio di diritto, ha cassato la
pronuncia della Corte d’appello che, ritenendo che il provvedimento di
dispensa fosse assimilabile ad una sentenza straniera, aveva accolto
la domanda di delibazione).

Sentenza 25 giugno 2003, n.10055

Il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della efficacia,
nell’ordinamento dello Stato, della pronuncia ecclesiastica di
nullità del matrimonio concordatario, determinando il venir meno del
vincolo coniugale, travolge ogni ulteriore controversia trovante
nell’esistenza e nella validità del matrimonio il proprio
presupposto, e quindi comporta la cessazione della materia del
contendere nel processo di divorzio che sia stato instaurato
successivamente alla introduzione del procedimento diretto al
riconoscimento della sentenza ecclesiastica.

Sentenza 28 gennaio 2005, n.1822

L’esecuzione nell’ordinamento italiano delle sentenze del tribunale
ecclesiastico dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario
per esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii, trova ostacolo
nell’ordine pubblico, se tale esclusione è rimasta nella sfera
psichica del suo autore e non sia stata manifestata, oppure non sia
stata conosciuta o conoscibile dall’altro coniuge. In tal caso infatti
si verifica un contrasto con il principio inderogabile della tutela
della buona fede e dell’affidamento incolpevole, che è tuttavia
ricollegato ad un valore individuale che appartiene alla sfera di
disponibilità del soggetto ed è preordinato a tutelare questo valore
contro gli ingiusti attacchi esterni. Pertanto, al titolare di tale
diritto va riconosciuto anche il conseguente diritto di scegliere la
non conservazione del rapporto viziato per fatto dell’altra parte, in
questo caso non sussiste ostacolo alla delibazione della sentenza solo
nel caso in cui il coniuge che ignorava, o non poteva conoscere, il
vizio del consenso dell’altro coniuge chieda egli stesso l’esecuzione
alla Corte d’appello.

Sentenza 20 luglio 1988, n.4700

La delibazione delle sentenze del tribunale ecclesiastico dichiarativa
della nullità del matrimonio concordatario per esclusione unilaterale
di uno dei bona matrimonii, manifestata all’altro coniuge, deve
riteenrsi possibile, nella disciplina di cui agli art. 1 della l. 27
maggio 1929 n. 810 e 17 della l. 27 maggio 1929 n. 847 (nel testo
risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 18
del 1982), anche se detta nullità sia stata dichiarata su domanda
proposta decorso più di un anno dalla celebrazione, ovvero dopo il
verificarsi della convivenza dei coniugi successivamente alla
celebrazione stessa, a differenza di quanto affermato dall’art. 123
comma 2 c.c. in tema d’impugnazione del matrimonio per simulazione,
posto che entrambe tali norme, pur avendo carattere imperativo, non
configurano espressione di principi e regole fondamentali con le quali
la Costituzione e le leggi dello Stato delineano l’istituto del
matrimonio, non costituendo eprtando contrarietà con l’ordine
pubblico italiano.