Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Circolare 26 febbraio 1986

Ministero di Grazia e Giustizia, Direzione generale degli Affari civili e delle libere professioni, Ufficio I, prot. 1/54/FG/l (86) 256, Circolare 26 febbraio 1986 : “Istruzioni agli ufficiali dello stato civile per l’applicazione, allo stato, dell’ art. 8, n. 1, dell’Accordo fra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato con legge 25 marzo 1985, […]

Sentenza 02 febbraio 1982, n.18

L’art. 17, della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per
l’applicazione del Concordato dell’11 febbraio 1929 tra la Santa Sede
e l’Italia, nella parte relativa al matrimonio), è illegittimo nella
parte in cui non prevede che alla Corte d’appello, all’atto di rendere
esecutiva la sentenza del tribunale ecclesiastico, che pronuncia la
nullità del matrimonio, spetta accertare che nel procedimento innanzi
ai tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto
di agire e resistere in giudizio a difesa dei propri diritti, e che la
sentenza medesima non contenga disposizioni contrarie all’ordine
pubblico italiano; nonchè nella parte in cui le suddette norme
prevedono che la Corte d’appello possa rendere esecutivo agli effetti
civili il provvedimento ecclesiastico, col quale é accordata la
dispensa dal matrimonio rato e non consumato, e ordinare l’annotazione
nei registri dello stato civile a margine dell’atto di matrimonio.

Sentenza 23 gennaio 2009, n.1731

Tra il giudizio di nullità del matrimonio concordatario e quello
avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del medesimo non
sussiste alcun rapporto di pregiudizialità, tale che il secondo debba
essere necessariamente sospeso a causa della pendenza del primo ed in
attesa della sua definizione, dal momento che trattasi di procedimenti
autonomi, non solo sfocianti in decisioni di differente natura (e con
peculiare e specifico rilievo in ordinamenti diversi, tanto che la
decisione ecclesiastica solo a seguito di un eventuale giudizio di
delibazione, e non automaticamente, può produrre effetti
nell’ordinamento italiano), ma anche aventi finalità e presupposti
differenti (cfr. Cass. 19 settembre 2001, n. 11751; Cass. 25 maggio
2005, n. 11020)

Sentenza 18 luglio 2008, n.19809

Corte di Cassazione. Sezioni Unite Civili. Sentenza 24 giugno – 18 luglio 2008, n. 19809: "Matrimonio concordatario e vizi del consenso". SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI (Presidente Carbone – Relatore Forte) Svolgimento del processo Con sentenza del 4 dicembre 2002, la Corte d'appello di Trieste ha rigettato la domanda di G. D., proposta […]

Sentenza 07 ottobre 2008

La giurisprudenza suole ravvisare la contrarietà all’ordine
pubblico italiano nei soli casi di pronuncia di nullità fondata sulla
cd. riserva mentale, ossia sulla unilaterale esclusione da parte di
uno dei coniugi, di taluno dei bona matrimonii (V. Cass. n. 2138/1996;
n. 11951/1993; n. 4875/88; nn. 188 e 189 del 1991), salvo il consenso
esplicito o implicito alla delibazione da parte dell’altro coniuge
(Cass. n. 5548/1995) e salva l’ipotesi che la divergenza unilaterale
fra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all’altro coniuge,
ovvero che questi l’abbia in concreto conosciuta, oppure che non
l’abbia potuta conoscere a cagione della propria negligenza. Ne deriva
che, nel caso in cui sia stata apposta una condizione al vincolo
matrimoniale, viziante il consenso negoziale di uno dei coniugi,
occorre anzitutto verificare, ai fini della delibazione, se essa sia
rimasta nella sfera psichica di uno dei nubendi, ovvero sia stata
manifestata all’altro coniuge, ovvero sia stata comunque conosciuta o
conoscibile da parte di questi. In ogni caso, comunque, nell’ipotesi
in cui il coniuge, che ignorava il vizio del consenso dell’altro,
proponga egli stesso la domanda di esecutorietà, allegando la
simulazione unilaterale, va esclusa la ricorrenza di motivi di ordine
pubblico, ostativi alla delibazione della relativa sentenza
ecclesiastica, non potendo ricondursi nei rigorosi limiti dell’ordine
pubblico anche la tutela della buona fede del coniuge che detta tutela
respinga, invocandola anzi in senso contrario.

Sentenza 15 gennaio 2009, n.814

La dichiarazione di efficacia nella Repubblica della sentenza
ecclesiastica, che dichiara la nullità di un matrimonio concordatario
per esclusione del “bonum prolis”, nella ipotesi in cui detta
intenzione sia stata manifestata da un coniuge ed accettata
dall’altro, non trova ostacolo, sotto il profilo dell’ordine pubblico,
nella circostanza che la legge statale non include la procreazione fra
i doveri scaturenti dal vincolo matrimoniale, vertendosi in tema di
diversità di disciplina dell’ordinamento canonico rispetto
all’ordinamento interno, che non incide sui principi essenziali di
quest’ultimo, né sulle regole fondamentali che in esso definiscono
l’istituto del matrimonio (cfr. tra le molte: Cass. n.7128 del 1982;
Cass. n. 2678 del 1984; Cass. n. 192 del 1985; Cass. n. 4875 del
1988).

Sentenza 11 giugno 2008, n.15562

La generalizzata anticipazione dell’efficacia delle sentenze, sancita
dalla riscrittura dell’art. 282 c.p.c., riguarda il profilo e il
momento della “esecutività”, cioè della anticipata e provvisoria
esecuzione che, se è logicamente correllabile ad una statuizione di
condanna, non lo è invece ad una pronuncia quale quella ex art. 128
c.c., la quale incide – recidendolo in radice – sullo status di
coniuge. Di qui, dunque, l’interpretazione della norma codicistica
secondo cui il matrimonio nullo produce gli effetti di un matrimonio
valido fino a quando la sentenza che ha pronunziato la nullità non
sia passata in giudicato (cfr. anche Cass. nn. 10055/03; 21367/04;
19447, 19526/05).

Sentenza 12 maggio 2008, n.11802

L’invocazione, innanzi al tribunale civile, della disciplina
civilistica delle cause di nullità matrimoniali porta ad escludere
l’identità del petitum con il giudizio svoltosi avanti al tribunale
ecclesiastico; ciò si evince dalle specificità e diversità
dell’istituto del matrimonio come configurato nei due ordinamenti
giuridici, riconducibili – rispettivamente – alla concezione del
matrimonio quale sacramento, propria del diritto canonico, ed alla
concezione negoziale, propria del diritto civile.

Sentenza 21 dicembre 2007

Il disposto della L. n. 898 del 1970, art. 9, e successive
modificazioni, prevede la modificabilità delle sentenze di divorzio
in relazione alla sopravvenienza di “giustificati motivi”, intesi come
circostanze che abbiano alterato l’assetto economico fra le parti, o
di relazione con i figli, e non come circostanze che sarebbero state
impeditive della emanazione della sentenza di divorzio e
dell’attribuzione dell’assegno, le quali non sono idonee ad incidere
sul giudicato se non nei limiti in cui sono utilizzabili attraverso il
rimedio della revocazione.

Sentenza 11 febbraio 2008, n.3186

La domanda di divorzio, così come quella di separazione (Cass. 6
marzo 2003, n. 3339), ha un oggetto diverso dalla domanda relativa
alla declaratoria di nullità del matrimonio, sia che questa sia stata
proposta dinanzi ai tribunali ecclesiastici, sia che sia stata
proposta dinanzi al Giudice statuale. Occorre inoltre sottolineare
come la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4402 del 2001 (alla
quale si è successivamente conformata Cass. 4 marzo 2005, n. 4795)
abbia espressamente affermato che la domanda di divorzio ha causa
petendi e petitum diversi da quelli della domanda di nullità del
matrimonio, cosicchè ove nel giudizio di divorzio le parti non
introducano esplicitamente questioni relative all’esistenza e alla
validità del vincolo – che darebbero luogo a questioni incidenti
sullo status delle persone, e quindi da decidere necessariamente, ai
sensi dell’art. 34 c.p.c., con efficacia di giudicato – l’esistenza e
la validità del matrimonio costituiscono un presupposto della
pronuncia di divorzio, ma non formano oggetto di specifico
accertamento suscettibile di determinare la formazione di un
giudicato. Per questa ragione la proposizione di una domanda di
divorzio, investendo il matrimonio – rapporto e non il matrimonio –
atto, non costituisce ostacolo alla delibabilità delle sentenze
ecclesiastiche di nullità del matrimonio concordatario.