Sentenza 07 aprile 2017, n.67
Nel regolare la coesistenza dei diversi interessi che insistono sul
proprio territorio, la Regione è titolata a dedicare specifiche
disposizioni per la programmazione e la realizzazione dei luoghi di
culto. Il censurato art. 31-bis della legge regionale veneta nel
riconoscere alla Regione e ai Comuni il compito di individuare i
criteri e le modalità per la realizzazione delle attrezzature
religiose, prende in considerazione tutte le diverse possibili forme
di confessione religiosa – la Chiesa Cattolica, le confessioni
religiose i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi
dell’art. 8, terzo comma, Cost., e le altre confessioni
religiose – senza introdurre alcuna distinzione in ragione della
circostanza che sia stata stipulata un’intesa con lo Stato.
L’indifferenziato riferimento a tutte le forme confessionali
rende palese la diversità tra la disposizione regionale
censurata e quelle di altra Regione dichiarate costituzionalmente
illegittime con la sentenza n. 63 del 2016, nella parte in cui
condizionavano la programmazione e la realizzazione di luoghi di culto
alla sussistenza di requisiti differenziati e più stringenti
per le confessioni religiose senza intesa rispetto alle altre. Nella
disposizione oggetto del presente giudizio, non si rinvengono infatti
elementi tali da giustificare un'interpretazione discriminatoria
in ragione della presenza o meno dell’intesa tra la confessione
religiosa interessata e lo Stato. La paventata lesione dei principi
costituzionali invocati non discende dunque dal tenore della
disposizione censurata in sé, ma dalle eventuali sue
illegittime applicazioni, che potranno essere censurate, caso per
caso, nelle opportune sedi giurisdizionali.
Eccede invece da un
ragionevole esercizio delle competenze volte a regolare la coesistenza
dei diversi interessi che insistono sul proprio territorio,
l'introduzione di un obbligo, quale quello dell’impiego
della lingua italiana, del tutto eccentrico rispetto a tali interessi.