Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 11 giugno 1993

I precedenti giurisprudenziali relativi alla tutela costituzionale del
libero esercizio della religione fissano il principio che le leggi
devono essere neutrali e di generale applicabilità per evitare
effetti discriminatori, sia pure indiretti, ai danni di qualsiasi
pratica di culto. I caratteri della neutralità e della generale
applicabilità delle leggi possono subire eccezioni solo in forza di
interessi pubblici cogenti allorché tali interessi non possano essere
soddisfatti in altro modo piú congruo. Nel caso di specie il vero
oggetto degli interventi, nonostante la loro apparente neutralità
(facial neutrality), non consiste nella tutela degli interessi alla
sicurezza pubblica ed alla protezione degli animali, perché essi
hanno come scopo effettivo una indebita discriminazione religiosa
(religious gerrymander). Con tali misure, infatti, non vengono puniti
tutti i comportamenti che, realizzando una uccisione di animali
possono violare questi interessi, ma solo le pratiche religiose di un
gruppo determinato, i cui sacrifici rituali pongono, per altro, in
essere una modalità di uccisione degli animali ritenuta in altre
circostanze non contraria a sentimenti umanitari. Le restrizioni
governative colpiscono solo comportamenti protetti dal primo
emendamento e mancano di disporre misure intese a restringere altre
condotte che producono analoghi attentati ai beni protetti; a motivo
di ciò gli interessi addotti per giustificare tali restrizioni non
possono essere considerati cogenti.

Sentenza 10 luglio 1995

La Circolare del Ministero dell’Educazione Nazionale, che invita i
dirigenti degli istituti scolastici a proporre ai relativi consigli di
amministrazione di introdurre nei regolamenti interni una norma che
vieti di portare negli istituti stessi segni di appartenenza
religiosa, non può considerarsi illegittima. Una tale circolare non
contiene infatti alcuna disposizione dotata di efficacia tale da
cambiare lo stato del diritto vigente in violazione del principio che
consente agli studenti di indossare all’interno degli istituti
scolastici segni di appartenenza religiosa, ma consiste piuttosto in
un mero invito ad assumere misure di ordine interno considerate utili
a giudizio del Ministro dell’Educazione Nazionale. (

Sentenza 10 marzo 1995

Non è incompatibile con il principio di laicità portare negli
istituti scolastici, da parte degli studenti, segni di appartenenza
religiosa nella misura in cui non venga compromesso l’ordinato
svolgimento dell’attività di insegnamento. Pertanto, qualora il
suddetto limite venga violato il provvedimento di espulsione assunto
dalle competenti autorità scolastiche risulta essere legittimo.

Sentenza 17 settembre 1996

La condanna di appartenenti alla Confessione religiosa dei Testimoni
di Geova che avevano aperto e officiato un edificio di culto senza la
richiesta autorizzazione delle autorità ortodosse e del Ministro
dell’educazione e degli affari religiosi viola l’art. 9 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce la libertà
religiosa o i mezzi impiegati per esprimerla; non può essere
considerato pertanto uno scopo legittimo comprimere direttamente
l’esercizio della libertà religiosa né uno strumento necessario in
una società democratica coinvolgere in una procedura autorizzativa
l’autorità ecclesiastica della religione dominante.

Sentenza 23 agosto 1994

La libertà d’espressione garantita dall’art. 10 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo non tollera ingerenze dei pubblici
poteri volte a limitarne l’esercizio, a meno che non si tratti di
misure che possano essere considerate necessarie, in una società
democratica, a garantire, fra l’altro, i diritti dei terzi. Fra i
diritti suddetti è da annoverare quello, garantito a sua volta
dall’art. 9 della Convenzione, alla libertà religiosa, i cui
titolari vanno tutelati da rappresentazioni provocatorie
dell’oggetto delle loro credenze, quando tali rappresentazioni
superano palesemente il limite dello spirito di tolleranza, che
caratterizza anch’esso una società democratica. é legittimo
ricorrere a strumenti di tutela dalle critiche gratuite alle credenze
altrui quando tali critiche non contribuiscono in forma alcuna ad un
pubblico dibattito capace di favorire il progresso della civiltà
umana. La valutazione della necessità e congruità dei detti
strumenti di tutela è rimessa, con qualche margine di apprezzamento,
alla discrezionalità delle autorità nazionali, che sono legittimate
a disporre il sequestro e la confisca di una produzione
cinematografica blasfema, nel caso in cui – come nella fattispecie in
esame, considerata la stragrande maggioranza cattolica della
popolazione – la proiezione del film possa essere interpretata quale
ingiustificato ed offensivo attacco ai sentimenti popolari, e possa
quindi recare turbamento alla pace religiosa della collettività.

Sentenza 25 maggio 1993

La libertà di manifestare la propria religione (art. 9 punto 2 della
Convenzione dei diritti dell’uomo) può essere oggetto di
restrizioni solo nei limiti in cui esse si rivelino necessarie in una
società democratica o garantiscano la protezione dei diritti e delle
libertà altrui. La repressione penale del proselitismo religioso
costituisce una restrizione della libertà di manifestare la propria
religione che non può giustificarsi ai sensi dell’art. 9 punto 2
della Convenzione dei diritti dell’uomo.

Sentenza 06 aprile 1993, n.136

Non è dubbia l’applicabilità dell’art. 659 c.p. al caso di abuso
nel suono delle campane, ricadendo queste ultime nella categoria degli
“strumenti sonori” di cui al citato articolo. La legittimità
dell’uso delle campane trova il proprio limite nelle leggi poste a
tutela dei diritti inviolabili e costituzionalmente sanciti dei
consociati. Deve pertanto farsi riferimento a tali diritti per
delineare la cornice entro cui può svolgersi la libertà di culto. Il
suono delle campane non è identificabile con il concetto di “rumore”
ex allegato A) del DPCM 1º marzo 1991, e il semplice superamento dei
limiti ivi indicati non integra di per sé il reato di cui all’art.
659 c.p. Dovrà piuttosto farsi riferimento al concetto di “normale
tollerabilità” (inteso in senso oggettivo e tenendo conto della
condizione dei luoghi) e alla verifica di un corretto uso
dell’impianto. L’ordinanza sindacale fondata sull’erroneo
presupposto dell’applicabilità del DPCM 1º marzo 1991, e priva di
contenuto discrezionale, è affetta da vizio rilevabile dal giudice
ordinario, e la mancata ottemperanza ad essa importa assoluzione per
insussistenza del fatto rispetto all’ipotesi di cui all’art. 650
c.p.

Sentenza 18 marzo 1994, n.3261

L’uso delle campane, regolamentato dagli organi diocesani locali,
deve svolgersi nei limiti dell’attività connessa al culto per
rientrare nell’attività tutelata dall’accordo tra Stato e Chiesa
cattolica. La stipula del Concordato non ha infatti comportato una
rinuncia tacita da parte dello Stato alla tutela di beni giuridici
primari, quali il diritto alla salute previsto dall’art. 32 Cost. Ne
consegue che on può invocarsi l’applicazione dell’art. 2 tra
Stato e Santa Sede approvato con L. n. 121/1985 né l’applicazione
di regolamenti ecclesiastici locali qualora le campane siano
utilizzate in tempi e con modalità non attinenti all’esercizio del
culto. (Nella specie è stato rigettato il ricorso avverso sentenza di
condanna di un parroco per la contravvenzione di cui all’art. 659
c.p. per aver fatto funzionare i rintocchi delle campane con orologio
elettrico, di giorno e di notte ogni quarto d’ora, con rumori
eccedenti i limiti di tolleranza acustica e conseguentemente disturbo
al riposo e alle occupazioni delle persone). Ricorrono gli estremi
della contravvenzione di cui all’art. 659 c.p. (disturbo delle
occupazioni o del riposo delle persone) ogni qualvolta si verifichi un
concreto pericolo di disturbo, che superi i limiti di normale
tollerabilità, la cui valutazione deve essere effettuata con criteri
oggettivi riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono
nell’ambiente ove suoni e rumori vengono percepiti. Ne consegue che
non vi è necessità di ricorrere ad una perizia fonometrica per
accertare l’intensità del suono, allorché il giudice, basandosi su
altri elementi probatori acquisiti agli atti, si sia formato il
convincimento – esplicitato con motivazione indenne da vizi logici –
che per le sue modalità di uso la fonte sonora emetta suoni
fastidiosi di intensità tale da superare i limiti di normale
tollerabilità. (Nella fattispecie è stato rigettato il ricorso di un
parroco, condannato per aver fatto funzionare il suono delle campane
della chiesa, azionato da orologio elettrico, di giorno e di notte
ogni quarto d’ora, con rumori eccedenti i limiti di tolleranza
acustica e conseguente disturbo al riposo e alle occupazioni delle
persone).

Costituzione 18 aprile 1999

Costituzione federale della Svizzera, 18 aprile 1999. Preambolo In nome di Dio Onnipotente, Il Popolo svizzero e i Cantoni, Consci della loro responsabilità di fronte al creato, (omissis) si sono dati la presente Costituzione: (omissis) Art.3 Federalismo I Cantoni sono sovrani per quanto la loro sovranità non sia limitata dalla Costituzione federale ed esercitano tutti […]