Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 07 aprile 2005, n.7207

In base alle modifiche apportate dalla legge 11 maggio 1990 n. 108
alla disciplina dei licenziamenti, il carattere imprenditoriale
dell’attività è una condizione sufficiente a prescindere dai
requisiti dimensionali, ma non necessaria ai fini dell’applicazione
dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Correlativamente, ai sensi
di dette disposizioni, l’esclusione di tale carattere non giustifica
la non applicazione del suddetto art. 18 laddove contemporaneamente
non risulti allegato e provato che l’attività svolta dal datore di
lavoro senza fine di lucro rientri in una delle previsioni stabilite
dall’art. 4, comma 1, della citata legge n. 108/1990; quest’ultima
pone in particolare un’eccezione a tale applicabilità “nei confronti
dei datori di lavoro non imprenditori che svolgano senza fine di lucro
attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione
ovvero di religione o di culto” (Nel caso di specie, si è escluso che
risultasse provato che l’attività svolta dalla Casa Internazionale
del Clero, destinata a fornire un alloggio ad ecclesiastici, residenti
o transitanti per Roma, potesse essere qualificata come “attività di
religione” oppure “attività di culto”)

Sentenza 22 ottobre 2002, n.18218

In materia di licenziamento del lavoratore subordinato,
l’applicabilità della disciplina prevista per le cc.dd.
“organizzazioni di tendenza” dall’art. 4 legge 11 maggio 1990 n. 108,
che esclude l’operatività della tutela reale stabilita dall’art. 18
l. 20 maggio 1970 n. 300, richiede l’accertamento, in via preliminare,
da parte del giudice, che il datore di lavoro non sia un imprenditore,
in base all’art. 2082 c.c., e, quindi, che non sussista una struttura
imprenditoriale e, soltanto qualora detto accertamento abbia esito
negativo, occorre verificare la ricorrenza degli ulteriori requisiti
tipici di siffatte organizzazioni. (Nella specie, la S.C. ha
confermato la sentenza di merito, che aveva escluso la qualificazione
come organizzazione di tendenza dell’Istituto di addestramento
lavoratori – coordinamento regionale del Piemonte, per l’assorbente
rilievo che esso operava avvalendosi di una organizzazione e di una
struttura di carattere imprenditoriale). Quindi, al fine di
configurare un’organizzazione di tendenza, che, ai sensi dell’art. 4
l. 108/90, è esclusa dall’ambito di operatività della tutela reale
prevista – in caso di licenziamenti illegittimi – dall’art. 18 l.
300/70 (come modificato dall’art. 1 l. 108/90), è necessario che si
tratti di datore di lavoro non imprenditore, privo dei requisiti
previsti dall’art. 2082 c.c. (e cioè professionalità,
organizzazione, natura economica dell’attività).

Sentenza 21 novembre 1991, n.12530

Gli istituti di istruzione non possono essere considerati, ai sensi e
per gli effetti di cui al combinato disposto degli art. 18 e 35 l. 20
maggio 1970 n. 300, come imprese industriali e commerciali e,
pertanto, ai loro dipendenti colpiti da illegittimo licenziamento non
spetta la tutela, così detta reale, stabilita da detta legge.
È assistito da giusta causa, ai sensi dell’art. 2119 c.c., il
licenziamento intimato da un istituto di istruzione religioso di
confessione cattolica ad un proprio insegnante laico, per avere questi
contratto matrimonio col rito civile e non con quello religioso,
fondato sull’indissolubilità del vincolo e sul suo carattere
sacramentale, stante l’irrimediabile contrasto fra tale comportamento
ed i principi e la finalità che improntano l’attività di
insegnamento caratterizzata dal suddetto orientamento confessionale –
nella specie, peraltro, oggetto di incondizionata adesione,
contrattualmente prestata dall’insegnante – ed attesa la necessità di
escludere la natura discriminatoria del recesso, in quanto siffatto
orientamento risulta costituzionalmente tutelato come valore etico
primario dai precetti in tema di libertà di insegnamento, assicurata
alle scuole confessionali, in genere, e cattolica in particolare ed
intesa anche come libertà dei genitori di scegliere per i propri
figli un tipo di istruzione concretamente ispirato ai dettami della
dottrina cristiana.
Nel caso di riforma in appello della sentenza pretorile che abbia
ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore
illegittimamente licenziato, le retribuzioni maturate fino al momento
di detta riforma, se già riscosse, restano irripetibili e, in
difetto, possono essere richieste in separato giudizio ai sensi
dell’art. 2126 c.c., mentre per il periodo successivo alla pronunzia
di appello, ricognitiva della legittimità del recesso, nessuna
retribuzione si rende più dovuta e, se corrisposta, una volta passata
in giudicato la pronunzia stessa, potrà essere oggetto di azione di
ripetizione.