Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 26 novembre 2015, n.64846/11

Il divieto di indossare il velo imposto a una dipendente del servizio
pubblico ospedaliero rappresenta una restrizione del diritto di
libertà religiosa garantito dall'art. 9 della CEDU;
restrizione che risulta tuttavia "necessaria", in una
società democratica, alla "protezione dei diritti e delle
libertà altrui". La limitazione della libertà
di manifestare la propria fede religiosa sul luogo di lavoro mediante
uno specifico abbigliamento costituisce, infatti, una misura
"proporzionata" allo scopo di tutelare il principio di
laicità dello Stato e di assicurare l'adempimento
dell'obbligo di neutralità dei servizi pubblici.

Protocollo di intesa 05 novembre 2015

COMINICATO STAMPA
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
Roma, 5
novembre 2015 – DAP e U.CO.II sottoscrivono protocollo di intesa
per favorire l’accesso di Mediatori culturali e di Ministri di
Culto negli istituti penitenziari.

Il Capo del
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo e
il Presidente dell’Unione delle Comunità ed
Organizzazioni Islamiche in Italia Izzedin Elzir hanno sottoscritto il
Protocollo d’Intesa per l’avvio di una collaborazione con
le Comunità Islamiche, finalizzata a favorire l’accesso
di Mediatori culturali e di Ministri di Culto negli istituti
penitenziari.
L’accordo prende avvio da positive
sperimentazioni già attuate in diverse realtà
penitenziarie dove forte è la presenza di detenuti musulmani e
detenuti provenienti da Paesi di fede musulmana.
Il Protocollo,
definito dal DAP e dall’U.CO.II con grande sintonia di intenti,
intende promuovere azioni mirate all’integrazione culturale
avvalendosi dei mediatori indicati dall’U.CO.II., anche
attraverso la stipula di convenzioni con Università ed Enti che
cureranno la formazione dei volontari cui è data la
possibilità di accedere con continuità negli istituti
penitenziari.
Le azioni congiunte stabilite dal Protocollo per
progetti di mediazione culturale e per il sostegno religioso alle
persone detenute di fede islamica rendono concreta la libertà
di culto con valido sostegno religioso e morale. I momenti collettivi
di preghiera saranno guidati dai Ministri di Culto, in sala-preghiera
dedicata e in locali adeguati.
La stipula del Protocollo
è stata anche l’occasione per approfondire ulteriori
aspetti di collaborazione tra DAP e U.CO.II, quale ad esempio
l’apprendimento dell’italiano per i detenuti di lingua
araba, e viceversa, puntando su detenuti in grado di ricoprire il
ruolo di “docenti” per i compagni di detenzione, anche
attraverso l’uso dei personal computer, un utile supporto per lo
studio delle lingue, il cui utilizzo è stato disciplinato dal
DAP con la recente circolare emanata il 2 novembre. Una
modalità, sottolinea il Capo del DAP, che responsabilizza i
detenuti, essi stessi protagonisti dell’esigenza di una
reciproca conoscenza e del rispetto delle diverse culture, con indubbi
vantaggi per la sicurezza degli istituti penitenziari.
L’attuazione del protocollo sarà preceduta da una fase
sperimentale di sei mesi attivata in otto importanti istituti
penitenziari.

[FONTE: Newsletter DAP n. 135 del 18
novembre 2015]

Sentenza 03 novembre 2015, n.32419/04

The case concerned an action to recover possession of property which
had been confiscated from the Parish when the communist regime
was established in 1948. Prior to 1948 the Greek-Catholic
parishes had possessed a range of properties, lands and
buildings. The Uniate denomination was dissolved in 1948 and the
property of the Greek-Catholic Church was transferred to the
State, apart from parish property, which was transferred to the
Orthodox Church. The Uniate denomination was officially
recognised after the fall of the communist regime in December
1989. As regards the legal situation of the former property of the
Uniate parishes, a section of the Legislative Decree laid down
that it should be adjudicated by joint commissions
of representatives of the clergy of both denominations, and that
in reaching their decisions the commissions should take account
of “the wishes of the adherents of the communities to whom
the properties belong”. In the event of disagreement
between the clerical representatives, the party interested in
taking legal action could bring proceedings under ordinary domestic
law. Between 1998 and 2002 several unproductive meetings were
held by representatives of the Siseşti Parish Eastern-Rite
Catholic Church and Orthodox Church representatives. On 24 February
2004 the applicant’s action was initially dismissed under a
final judgment of the Supreme Court of Justice on the ground that
the commission had not yet assessed the legal situation of the
property in issue and that, moreover, part of that property came
under special legislation. In April 2005 the applicant parish
lodged a fresh claim with the Regional Court to recover possession of
the property, over which it claimed rightful ownership. That
Court dismissed that claim. The Court of Appeal referred the case
back. The court adjourned its examination of the case from 2 June 2008
to 27 February 2009 on the ground that an objection as regards
constitutionality had been transmitted to the Constitutional
Court. On 21 September 2011 the court ordered the restitution of the
church and the land at issue. The appeals lodged by both parties
were dismissed. By judgment of 21 November 2012 the High Court
upheld the decisions given. Relying in particular on Article 6
§ 1 (right to a fair hearing within a reasonable time) the
applicant notably complained about the length of the proceedings
concerning their action to recover possession of their places of
worship. [Press Release]

Parere 28 agosto 2015, n.1048

La specificità ed eccezionalità della disciplina
concernente il rilascio del permesso di soggiorno per motivi religiosi
esclude che si possa ritenere che, allo stato della attuale normativa,
in mancanza di una disposizione esplicita, le fonti normative
prevedano la facoltà di conversione del permesso di soggiorno
rilasciato per motivi religiosi in permesso di soggiorno per motivi di
lavoro.

Sentenza 23 settembre 2015, n.38733

Sebbene non possa escludersi in linea astratta che “le
indispensabili esigenze di vita” di cui terzo comma
dell’art. 284 c.p.p. possano riguardare bisogni non solo
materiali, ma anche spirituali, nel cui ambito potrebbe rientrare la
soddisfazione bisogni di natura religiosa, occorre considerare il
disposto di cui all’art. 277 c.p.p., che nel prevedere che le
misure cautelari salvaguardino i diritti della persona, subordina il
loro rispetto alla compatibilità con le esigenze cautelari,
sicchè deve ritenersi legittima la limitazione, nei confronti
di persona sottoposta al regime detentivo, di diritti e facoltà
normalmente spettanti ad ogni persona libera, quando detta limitazione
non dia luogo ad una loro totale soppressione e per altro verso sia
finalizzata a garantire le esigenze cautelari (Sez. 4, n. 32364 del
27/04/2012). In tale contesto dunque non può non tenersi conto
dei fatto che l’evoluzione della tecnologia consente di
osservare il precetto canonico anche attraverso modalità
diverse dalla diretta partecipazione al culto, ad esempio attraverso
l’utilizzo del mezzo’televisivo, come peraltro fanno gli
infermi costretti a rimanere allettati in ambito ospedaliero o
domiciliare. Da ciò discende che in presenza di esigenze
cautelari che impongono la restrizione agli arresti domiciliari
dell’indagato, il diniego della autorizzazione all’uscita
di casa per partecipare alla messa, non compromette
“indispensabili esigenze di vita” del ricorrente.