Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 15 maggio 2017, n.24084

"La decisione di stabilirsi in una società con valori di
riferimento differenti dai propri, ne impone il rispetto e non
è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppur
leciti, porti alla violazione cosciente di quelli della società
ospitante".

(fonte: www.ilsole24ore.com)

Ordinanza 20 aprile 2017

"(…) deve osservarsi come, nel caso in esame,
l’individuazione degli specifici luoghi pubblici (fondata sulla
implicita distinzione delle tipologie di luogo pubblico) e la
previsione di un divieto di accedere con mezzi che impediscano
l’identificazione solo per il tempo legato alla permanenza nei
detti spazi costituiscano elementi che consentono di ritenere che il
divieto – e dunque il sacrificio dei diritti di cui agli artt. 8 e 9
della Cedu – , sia ragionevole e proporzionato
rispetto al valore invocato dal legislatore – la pubblica
sicurezza -, che risulta concretamente minacciata
dall’impossibilità di identificare (senza attendere
procedure di identificazione che richiedono la collaborazione di tutte
le persone che entrano a volto scoperto) le numerose persone che fanno
ingresso nei luoghi pubblici individuati."

Sentenza 23 marzo 2017, n.7468

La Prima Sezione
Civile della Suprema Corte ha ritenuto che l’organizzazione di
uno spettacolo artistico non possa costituire, di per sé sola,
violazione del personale sentimento religioso del singolo cittadino ed
essere sanzionata dall’ordinamento col riconoscimento di un
credito risarcitorio.

Sentenza 14 marzo 2017, n.C-188/15

"L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del
Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per
la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che la
volontà di un datore di lavoro di tener conto del desiderio di
un cliente che i servizi di tale datore di lavoro non siano più
assicurati da una dipendente che indossa un velo islamico non
può essere considerata come un requisito essenziale e
determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa
ai sensi di detta disposizione."

Sentenza 14 marzo 2017, n.C-157/15

"L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva
2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un
quadro generale per la parità di trattamento in materia di
occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel
senso che il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una
norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in
modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul
luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata
sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale
direttiva."

Sentenza 10 gennaio 2017, n.29086/12

L’intérêt des enfants à une scolarisation
complète, permettant une intégration sociale
réussie selon les mœurs et coutumes locales, prime
sur le souhait des parents de voir leurs filles
exemptées des cours de natation mixtes.
L’enseignement du sport, dont la natation fait partie
intégrante dans l’école des filles des
requérants, revêt une importance singulière pour
le développement et la santé des enfants.
L’intérêt de cet enseignement ne se limite pas pour
les enfants à apprendre à nager et à exercer
une activité physique, mais il réside surtout dans le
fait de pratiquer cette activité en commun avec tous les
autres élèves, en dehors de toute exception tirée
de l’origine des enfants ou des convictions religieuses ou
philosophiques de leurs parents. Par ailleurs, les autorités
ont offert des aménagements significatifs aux
requérants : leurs filles ayant notamment eu la
possibilité de couvrir leurs corps pendant les cours de
natation en revêtant un burkini et de se dévêtir
hors de la présence des garçons. Ces mesures
d’accompagnement étaient à même de
réduire l’impact litigieux de la participation des
enfants aux cours de natation mixtes sur les convictions religieuses
de leurs parents. Par conséquent, la Cour estime que, en
faisant primer l’obligation pour les enfants de
suivre intégralement la scolarité et la
réussite de leur intégration sur
l’intérêt privé des requérants de
voir leurs filles dispensées des cours de natation mixtes
pour des raisons religieuses, les autorités internes
n’ont pas outrepassé la marge d’appréciation
considérable dont elles jouissaient dans
la présente affaire, qui porte sur l’instruction
obligatoire. La Cour juge donc qu’il n’y a pas eu
violation de l’article 9 de la Convention.
[Communiqué de presse – http://hudoc.echr.coe.int/]