Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 febbraio 2013

The federal district court dismissed a Muslim inmate’s complaint that
while being held in the county jail, on two occasions his prayers were
interrupted.  The court also dismissed his complaint that the jail
does not provide Muslim inmates with a place to conduct prayers or
attend Jumuah service, and only provides for church services.

Sentenza 21 febbraio 2013, n.2012-297 QPC

COMMUNIQUÉ DE PRESS [www. www.conseil-constitutionnel.fr]:
Le Conseil constitutionnel a été saisi le 19 décembre 2012 par le
Conseil d’État dans les conditions prévues à l’article 61-1 de
la Constitution, d’une question prioritaire de constitutionnalité
posée par l’association pour la promotion et l’expansion de la
laïcité. Cette question était relative à la conformité aux droits
et libertés que la Constitution garantit de l’article VII des
articles organiques des cultes protestants de la loi du 18 germinal an
X relative à l’organisation des culte. Aux termes des dispositions
contestées, il est pourvu, dans les départements du Bas-Rhin, du
Haut-Rhin et de la Moselle, au traitement des pasteurs des églises
consistoriales. Ces dispositions ont été maintenues en vigueur par
la loi du 1er juin 1924 puis par l’ordonnance du 15 septembre 1944.
La loi du 9 décembre 1905 concernant la séparation des églises et
de l’État n’a pas été rendue applicable dans ces trois
départements.Les requérants soutenaient que les dispositions
contestées méconnaissaient le principe constitutionnel de laïcité.
Le Conseil constitutionnel a rappelé qu’aux termes des trois
premières phrases du premier alinéa de l’article 1er de la
Constitution : «La France est une République indivisible, laïque,
démocratique et sociale. Elle assure l’égalité devant la loi de
tous les citoyens sans distinction d’origine, de race ou de
religion. Elle respecte toutes les croyances ». Le principe de
laïcité figure au nombre des droits et libertés que la Constitution
garantit. Il en résulte la neutralité de l’État. Il en résulte
également que la République ne reconnaît aucun culte. Le principe
de laïcité impose notamment le respect de toutes les croyances,
l’égalité de tous les citoyens devant la loi sans distinction de
religion et que la République garantisse le libre exercice des
cultes. Il implique que celle-ci ne salarie aucun culte. Toutefois, le
Conseil constitutionnel a relevé qu’il ressort tant des travaux
préparatoires du projet de Constitution du 27 octobre 1946 relatifs
à son article 1er ainsi que de ceux du projet de la Constitution du 4
octobre 1958 qui a repris la même disposition, qu’en proclamant que
la France est une « République Laïque », la Constitution n’a pas
pour autant entendu remettre en cause les dispositions législatives
ou règlementaires particulières applicables dans plusieurs parties
du territoire de la République lors de l’entrée en vigueur de la
Constitution et relatives à l’organisation de certains cultes et,
notamment, à la rémunération de ministres du culte. Le Conseil
constitutionnel en a déduit que le grief tiré de ce que l’article
VII des articles organiques des cultes protestants de la loi du 18
germinal an X relative à l’organisation des cultes serait contraire
au principe de laïcité doit être écarté. Il a jugé les
dispositions contestées conformes à la Constitution. (La Redazione
di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento Daniele
Ferrari, Università degli Studi di Genova).

Risoluzione 07 febbraio 2013

Parlamento europeo. Risoluzione 7 febbraio 2013: "XXII sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani". Il Parlamento europeo, –  visti la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nonché le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e i relativi protocolli opzionali, –  vista la risoluzione 60/251 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che istituisce il Consiglio per […]

Sentenza 11 dicembre 2012

The court rejected two inmates’ constitutional and statutory
challenges to their temporary suspension of access to the building in
which religious services were held. The step was taken because the one
of the inmates had gotten the Catholic chaplain improperly to mail
letters for them while the other got the chaplain to look up
information in the Inmate Management System.

Risoluzione 13 dicembre 2012

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2012 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2011 e sulla politica dell'Unione europea in materia. Il Parlamento europeo, –  viste la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e gli altri trattati […]

Sentenza 31 gennaio 2013, n.12-1354

Il 31 gennaio scorso la Corte federale distrettuale degli Stati Uniti
d’America – distretto del Minnesota – ha rigettato un ricorso
collettivo contro una società che distribuisce alimenti confezionati,
ConAgra Foods, accusata dell’etichettatura ingannevole di prodotti
di una sua controllata, Hebrew National. L’indicazione “100%
kosher” faceva seguito alla certificazione rilasciata da Triangle K,
ente di certificazione kosher. I querelanti sostenevano che il
procedimento di macellazione dei bovini da cui proveniva la carne
asserita “100% kosher” non era in realtà conforme allo standard
stabilito dall’ente certificatore. Essi dunque chiedevano al
tribunale un giudizio sulla rispondenza di tale procedimento non tanto
alle regole ebraiche di per sé stesse, quanto ad uno standard
esplicitato da Triangle K e dunque, in un certo qual modo,
“oggettivato” ed estrapolato dal mero contesto dei contenuti
dottrinali della confessione. Il convenuto sosteneva che, anche
qualora fosse sussistita una rappresentazione ingannevole, la
responsabilità doveva ricadere sull’ente di certificazione che
aveva apposto il proprio sigillo. Ad ogni modo, la giustizia civile
non era competente a dirimere la questione, pena la violazione della
clausola separatista del Primo Emendamento alla Costituzione Federale.
È proprio su quest’ultimo argomento che la corte ha fondato la
propria decisione di rigetto. Posta la natura intrinsecamente
religiosa dei contenuti prescrittivi della kasherut, qualsiasi
giudizio sulla veridicità della dicitura ‘kosher’ apposta sui
prodotti in commercio è interdetto agli organi dello stato. (La
Redazione di OLIR.it ringrazia per la stesura dell’Abstract
Mariagrazia Tirabassi, Università Cattolica del Sacro Cuore –
Piacenza)

Sentenza 31 gennaio 2013, n.25502/07

Con tre sentenze gemelle (oltre alla presente: Sentenza Association
Cultuelle du Temple Pyramide c. France, n. 50471/07, 31 gennaio 2013
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6027]; Sentenza
Association des Chevalier du Lotus d’Or c. France, n. 50615/07, 31
gennaio 2013 [https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6026]),
conformi alla precedente sentenza del 30 giugno 2011 resa
nell’Affaire Association Les Témoins de Jéhovah c. France
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5646], la Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto contrastante con l’art.
9 CEDU l’imposizione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria
francese, del «droit de donation» ai «dons manuels» in favore di
tre nuovi movimenti religiosi (Eglise Evangélique Missionaire,
Association Cultuelle du Temple Pyramide e Association des Chevalier
du Lotus d’Or), imposizione motivata dal fatto che gli stessi non
sarebbero riconducibili al novero delle «associations cultuelles» o
delle «congregations autorisées» e, quindi, non potrebbero godere
dell’esenzione prevista per quest’ultime. La Corte di Strasburgo
ha affermato che il diritto di ricevere donazioni di modico valore è
ricompreso nel diritto di libertà religiosa in quanto tali donazioni
rappresentano una fonte di finanziamento naturale per le confessioni
religiose (in tal senso anche l’art. 6, lett. f), della UN
Declaration on the Elimination of All Forms of Intolerance and of
Discrimination Based on Religion or Belief ed il principio 16.4 del
Documento conclusivo della Riunione di Vienna della CSCE). Nel caso
concreto la sentenza ha ritenuto che l’entità del tributo richiesto
e delle sanzioni irrogate (in conseguenza dell’omesso versamento
dell’imposta in questione da parte delle confessioni religiose
ricorrenti) abbia costituito una limitazione di tale diritto e che
ciò sia avvenuto in assenza di una previsione di legge specifica e
prevedibile circa l’assoggettabilità al «droit de donation» dei
«dons manuels» effettuati in favore dei nuovi movimenti religiosi
ricorrenti. La Corte ha, poi, ritenuto assorbito l’altro motivo di
ricorso con cui veniva denunciata una disparità di trattamento (in
violazione dell’art. 14 CEDU) delle confessioni religiose ricorrenti
rispetto ad altre, in conseguenza dell’attività del Parlamento e
del Governo francese contro le «dérives sectaires». (La Redazione
di OLIR.it ringrazia per la stesura dell’Abstract Mattia Francesco
Ferrero, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)

Sentenza 31 gennaio 2013, n.50471/07

Con tre sentenze gemelle (oltre alla presente: Sentenza Eglise
Evangélique Missionaire et Salaûn c. France, n. 25502/07, 31 gennaio
2013 [https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6028]; Sentenza
Association des Chevalier du Lotus d’Or c. France, n. 50615/07, 31
gennaio 2013 [https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6026]),
conformi alla precedente sentenza del 30 giugno 2011 resa
nell’Affaire Association Les Témoins de Jéhovah c. France
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5646], la Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto contrastante con l’art.
9 CEDU l’imposizione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria
francese, del «droit de donation» ai «dons manuels» in favore di
tre nuovi movimenti religiosi (Eglise Evangélique Missionaire,
Association Cultuelle du Temple Pyramide e Association des Chevalier
du Lotus d’Or), imposizione motivata dal fatto che gli stessi non
sarebbero riconducibili al novero delle «associations cultuelles» o
delle «congregations autorisées» e, quindi, non potrebbero godere
dell’esenzione prevista per quest’ultime. La Corte di Strasburgo
ha affermato che il diritto di ricevere donazioni di modico valore è
ricompreso nel diritto di libertà religiosa in quanto tali donazioni
rappresentano una fonte di finanziamento naturale per le confessioni
religiose (in tal senso anche l’art. 6, lett. f), della UN
Declaration on the Elimination of All Forms of Intolerance and of
Discrimination Based on Religion or Belief ed il principio 16.4 del
Documento conclusivo della Riunione di Vienna della CSCE). Nel caso
concreto la sentenza ha ritenuto che l’entità del tributo richiesto
e delle sanzioni irrogate (in conseguenza dell’omesso versamento
dell’imposta in questione da parte delle confessioni religiose
ricorrenti) abbia costituito una limitazione di tale diritto e che
ciò sia avvenuto in assenza di una previsione di legge specifica e
prevedibile circa l’assoggettabilità al «droit de donation» dei
«dons manuels» effettuati in favore dei nuovi movimenti religiosi
ricorrenti. La Corte ha, poi, ritenuto assorbito l’altro motivo di
ricorso con cui veniva denunciata una disparità di trattamento (in
violazione dell’art. 14 CEDU) delle confessioni religiose ricorrenti
rispetto ad altre, in conseguenza dell’attività del Parlamento e
del Governo francese contro le «dérives sectaires». (La Redazione
di OLIR.it ringrazia per la stesura dell’Abstract Mattia Francesco
Ferrero, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)