Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 24 giugno 2009

Ai sensi del D.Lgs. n. 216/2003, per principio di parita’ di
trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione nei
rapporti di lavoro – diretta o indiretta – a causa della religione,
delle convinzioni personali, degli handicap, dell’eta’ o
dell’orientamento sessuale (art. 2, comma 1). In particolare, sono
considerate come disciminazioni, nel senso suddetto, anche “le
molestie ovvero quei comportamenti indesiderati”, posti in essere per
i motivi anzidetti, “aventi lo scopo o l’effetto di violare la
dignita’ di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile,
degradante, umiliante od offensivo” (art. 2, comma 3). Non può essere
ricondotto a tale fattispecie il comportamento della Amministrazione
scolastica che abbia diffidato un insegnante dal rimuovore il
crocifisso affisso nell’aula di lezione; crocifisso la cui presenza
era stata richiesta dall’assemblea degli studenti, confermata da una
delibera del consiglio di classe e anche da una conseguente circolare
del Dirigente scolatico. Deve sottolinearsi, infatti, che la laicità
e la libertà di insegnamento si fonda sulla libertà dì espressione,
di pensiero e di religione e quindi sul rispetto reciproco di tutte le
persone indipendentemente dal loro orientamento religioso, di pensiero
e di coscienza. Ed è proprio nel rispetto di tale principio che il
Dirigente scolastico ha posto in essere – secondo il Tribunale adito –
la condotta lamentata. Il comportamento dell’Amministrazione
scolastica, infatti, non pare connotato da alcun intento
discriminatorio, ma è teso a rispettare la scelta culturale e
religiosa espressa dalla classe nella assemblea, invitando in tale
modo tutti gli insegnati ad improntare la relazione con gli studenti
nel segno del reciproco rispetto, della tolleranza e della
condivisione.

Sentenza 13 febbraio 2009, n.38

Il carattere incidentale della questione di costituzionalità
presuppone che il petitum del giudizio, nel corso del quale
quest’ultima viene sollevata, non coincida con la proposizione della
questione stessa (ex multis, sentenza n. 84 del 2006). Il giudizio a
quo deve infatti avere, da un lato, un petitum separato e distinto
dalla questione di costituzionalità sul quale il giudice remittente
sia legittimamente chiamato a decidere; e dall’altro, un suo
autonomo svolgimento, nel senso di poter essere indirizzato ad una
propria conclusione, al di fuori della questione di legittimità
costituzionale il cui insorgere è soltanto eventuale (nel caso di
specie, il giudice delle leggi ha dichiarato inammissibile la
questione di legittimità costituzionale della L.R. Emilia Romagna 24
aprile 1995, n. 52
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4907], sollevata
dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, in
riferimento all’art. 33, primo, secondo e terzo comma, e all’art.
117, primo comma, della Costituzione, nel testo anteriore alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ritenendo che tale questione
esaurisse il petitum del giudizio principale, con conseguente mancanza
del carattere incidentale della stessa).

Ordinanza 10 marzo 2008, n.10

Non è manifestamente infondata, in relazione agli artt. 33, primo,
secondo e terzo comma e 117, primo comma, della Costituzione – nel
testo vigente anteriormente alla riforma del titolo V della
Costituzione operato con la legge costituzionale n.3/2001 – la
questione di legittimità costituzionale della Legge Regionale
dell’Emilia Romagna n.52 del 24 aprile 1995, posto che
l’intervento legislativo regionale in oggetto, riguardante
l’erogazione di un sostegno finanziario comunale in favore delle
scuole private d’infanzia – non appare rientrare in alcuna delle
materie riservate alla competenza regionale dall’art.117, primo
comma, della Costituzione, nel testo vigente prima della riforma del
titolo V della stessa. Non solo. Tale intervento legislativo – nel
perseguire espressamente “l’obiettivo di realizzare un sistema
integrato delle scuole dell’infanzia basato sul progressivo
coordinamento e sulla collaborazione fra le diverse offerte educative,
in una logica di qualificazione delle stesse che sappia valorizzare
competenze, risorse e soggetti pubblici e privati” (art. 2 L. R.
52/1995) – attiene specificamente alla materia dell’istruzione che
era preclusa alla competenza regionale (ad eccezione dell’istruzione
artigiana e professionale) dall’art. 117, primo comma, della
Costituzione.

Ordinanza 06 febbraio 2008, n.2656

Il diritto fondamentale dei genitori di provvedere alla educazione ed
alla formazione dei figli trova il necessario componimento con il
principio di libertà dell’insegnamento dettato dall’art. 33 della
Cost. e con quello di obbligatorietà dell’istruzione inferiore. E’
pertanto ravvisabile un potere dell’amministrazione scolastica di
svolgere la propria funzione istituzionale con scelte di programmi e
di metodi didattici potenzialmente idonei ad interferire ed anche
eventualmente contrastare con gli indirizzi educativi adottati dalla
famiglia senza che alle opzioni didattiche così assunte sia
opponibile un diritto di veto dei singoli genitori.

Sentenza 16 giugno 1994, n.5832

La particolare disciplina in tema di conseguenze del licenziamento
illegittimo intimato da una organizzazione di tendenza, prevista
dall’art. 4 della legge 11 maggio 1990 n. 108 – che ha escluso,
anche nel caso di superamento del livello occupazionale fissato
dall’art. 2 della legge cit., l’applicazione della tutela reale
nell’ipotesi di recesso intimato da datori di lavoro non
imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura
politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di
culto – non si applica nelle ipotesi di licenziamento ideologico
nullo, in relazione al quale, a norma dell’art. 3 della legge cit.,
opera comunque la tutela reale, qualunque sia il numero dei dipendenti
occupati dal datore di lavoro.
In tema di organizzazioni di tendenza il licenziamento ideologico,
collegato cioè all’esercizio, da parte del prestatore di lavoro, di
diritti costituzionalmente garantiti, quali la libertà di opinione,
la libertà di religione e, nel campo scolastico, la libertà di
insegnamento, è lecito negli stretti limiti in cui esso sia
funzionale a consentire l’esercizio di altri diritti
costituzionalmente garantiti, quali la libertà dei partiti politici e
dei sindacati, la libertà religiosa e la libertà della scuola e
nelle sole ipotesi in cui l’adesione ideologica costituisca
requisito della prestazione. In particolare, con riferimento a scuole
gestite da enti ecclesiastici, la cui istituzione non contrasta con
l’art. 33 della Costituzione, l’esigenza di tutela della tendenza
confessionale della scuola si pone solo in relazione a quegli
insegnamenti che caratterizzano tale tendenza; non può pertanto
ritenersi legittimo il licenziamento intimato da un istituto di
istruzione religioso di confessione cattolica ad un proprio insegnante
laico di educazione fisica per avere questi contratto matrimonio col
rito civile e non con quello religioso, in quanto la materia insegnata
prescinde completamente dall’orientamento ideologico del docente ed
è indifferente rispetto alla tendenza della scuola.

Sentenza 28 luglio 1997, n.574

Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna (Bologna). Sezione Seconda. Sentenza 28 luglio 1997, n. 574. (Laurita; Sandulli) Diritto Le ricorrenti sollevano eccezione di incostituzionalità della legge regionale n. 52 del 1995, nel suo complesso, a causa dello stretto legame intercorrente tra le norme della stessa, ciascuna inautonoma senza l’altra, per violazione degli articoli 33 e 117, […]

Ordinanza 12 marzo 1998, n.67

E’ manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione dell’atto
di promovimento in punto di rilevanza, la questione di legittimita’
costituzionale proposta, in riferimento agli artt. 33, commi secondo e
terzo, e 117, comma primo, Cost., nei confronti della legge della
Regione Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge
regionale 25 gennaio 1983, n. 6 “Diritto allo studio”), con la quale,
nell’ambito di un sistema pubblico integrato, in essa delineato, si
prevedono i criteri per l’assegnazione, da parte della Regione, di un
contributo finanziario (consistente nella ripartizione di un apposito
fondo) ai Comuni che abbiano attivato convenzioni finalizzate alla
qualificazione e al sostegno di scuole dell’infanzia gestite da enti,
associazioni, fondazioni e cooperative senza fini di lucro.
Nell’impugnare la legge regionale nel suo intero complesso ritenendo
le singole disposizioni della stessa “inautonome”, ma in tal modo
impedendo la scissione della formulata censura attraverso il
frazionamento di diversi possibili profili applicativi, il TAR
rimettente si e’ infatti limitato ad affermare, riguardo alla
rilevanza della eccezione di incostituzionalita’ nel processo di
provenienza, senza alcun riferimento ai relativi presupposti, che “le
norme denunciate costituiscono elemento dirimente della controversia”,
senza considerare, tra l’altro, che un’eventuale decisione di
accoglimento della Corte costituzionale avrebbe reso ‘inutiliter data’
la sentenza parziale gia’ dal TAR pronunciata, contemporaneamente alla
emissione della ordinanza di rinvio, con applicazione della legge ‘de
qua’, a tutela di un interesse legittimo fatto valere dai ricorrenti.